Tuesday 26 July 2016 07:06:07

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Dirigenza: la quantificazione del danno per omessa o ritardata assunzione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 20.7.2016 n. 3252

È jus receptum (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 26 gennaio 2000 n. 653; id., III, 2 marzo 2015 n. 1029) che, nelle controversie sul lavoro subordinato pubblico e, in particolare, le assunzioni, la restitutio in integrum agli effetti economici (oltre che a quelli giuridici) spetta al pubblico dipendente solo nel caso di sentenza che riconosca l'illegittima interruzione di un rapporto già in corso e non anche nel caso di giudicato che riconosca illegittimo il diniego di costituzione del rapporto stesso. E, nel caso dell’accesso alla dirigenza —ove il superamento implica l’acquisizione d’un nuovo e diverso status di lavoro (vera e propria novazione oggettiva: cfr. Cass., sez. lav., 28 ottobre 2014 n. 22835)—, non v’è un parametro facilmente definibile per la liquidazione del risarcimento e, certo, non quello della retribuzione tabellare della dirigenza. Soccorre così il principio da tempo enunciato dalla Sezione (Cons. St., IV, 11 novembre 2010 n. 8020), in virtù del quale, la quantificazione per equivalente del danno a causa dell’omessa o della ritardata assunzione in posto di pubblico impiego, questo non s’identifica nella mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione, elementi, questi, che al più possono rilevare soltanto sotto il profilo della responsabilità contrattuale. Bisogna dunque riferirsi ad una liquidazione equitativa da valutare caso per caso e giammai all’importo meramente differenziale tra la retribuzione in atto e quella, futura, da dirigente (arg. ex Cons. St., V, 10 maggio 2010 n. 2750). Ciò vale a più forte ragione per la dirigenza nel rapporto di pubblico impiego privatizzato, per la quale, in caso di ritardata assunzione, spetta al vincitore del concorso di tipo dirigenziale non una restitutio in integrum (di cui ha titolo il lavoratore subordinato pubblico in tutti i casi d’indebita sospensione o risoluzione d’un rapporto in atto: cfr., p. es., Cass., sez. lav., 25 novembre 2013 n. 26287), bensì il risarcimento del danno, salvo che la P.A. non dimostri (ma non è questo il caso) che il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione, derivante da causa ad esso non imputabile (cfr. Cass., sez. lav., 20 gennaio 2009 n. 1399; id., VI, 14 giugno 2012 n. 9807).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 03252/2016REG.PROV.COLL.

N. 09764/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 9764/2014 RG, proposto dal Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici si domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, 

contro

* *, appellante incidentale, rappresentato e difeso dagli avvocati Enzo Robaldo, Maria Stefania Masini e Pietro Ferraris, con domicilio eletto in Roma, via A. Gramsci n. 24, 

per la riforma

della sentenza del TAR Lazio – Roma, sez. II, n. 8916/2014, resa tra le parti e concernente la condanna al risarcimento danni per ritardato inquadramento nella qualifica dirigenziale e per perdita di chance (parziale difetto di giurisdizione); 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del dott. Mantelli;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 12 maggio 2016 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, l'avv. Masini e l’Avvocato dello Stato Varrone;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

 

FATTO e DIRITTO

1. – Il dott.  * partecipò al concorso riservato, per titoli e colloquio, a 999 posti di dirigente, a suo tempo indetto con decreto del Ministro delle finanze 10 gennaio 1998. 

In esito al concorso stesso, il dott. * ne impugnò il punteggio e la graduatoria innanzi al TAR Lazio, nella parte in cui la Commissione giudicatrice non gli riconobbe i punti a lui spettanti per due categorie di titoli. 

Dopo varie vicissitudini processuali, con sentenza del 605 del 29 gennaio 2007 l’adito TAR accolse sì la pretesa attorea, ma nella parte inerente alla partecipazione del dott. Mantelli alla Commissione per lo scarto d’archivio. Sicché il Ministero dell’economia e delle finanze, nel frattempo subentrato al Ministero delle finanze, previa riformulazione della graduatoria, nominò provvisoriamente il dott. Mantelli vincitore del concorso de quo. La sentenza n. 605/2007 fu poi integralmente confermata dalla Sezione, in virtù della sentenza n. 3109 del 24 maggi 2011, di talché il MEF collocò il dott. * in via definitiva nella predetta graduatoria. 

2. – Il dott. * ha allora adito nuovamente il TAR Lazio, con il ricorso n. 9570/2011 RG, per ottenere il risarcimento del danno ingiusto derivante dal tardivo suo inquadramento definitivo nella qualifica dirigenziale, nonché dalla perdita di chance per l’impossibilità, a causa di tal ritardo, di progredire in carriera e di ottenere, partecipando ai vari interpelli succedutisi tra il 2001 ed il 2007, incarichi commisurati al suo curriculum, rispetto ai colleghi promossi in esito a detto concorso. 

L’adito TAR, con sentenza n. 8916 dell’11 agosto 2014, ha disatteso le eccezioni preliminari, ha accolto la pretesa risarcitoria solo sotto il profilo della responsabilità del MEF per il danno da atto amministrativo illegittimo (riconoscendo la mancata corresponsione delle differenze retributive tra quanto percetto dal ricorrente nel periodo anteriore alla nomina a dirigente e la retribuzione – base per il personale dirigenziale) e ha dichiarato il difetto di giurisdizione sulle altre pretese. 

3. – Appella quindi il MEF, con il ricorso in epigrafe, deducendo: A) – il difetto di giurisdizione sulle differenze stipendiali, anche alla luce delle pronunce della Corte regolatrice; B) – l’assenza di ogni responsabilità del MEF in ordine alla valutazione del titolo del dott. *, a causa della non perspicuità del bando sul punto; C) – l’erronea quantificazione del risarcimento, non potendosi riconoscere all’appellato l’intera differenza stipendiale, poiché egli non svolse tutta la prestazione lavorativa e certo non per un ritardo imputabile alla P.A.

Appella in via incidentale il dott. *, ritenendo erronea la sentenza impugnata per il rigetto della domanda risarcitoria sulla perdita di chance. Deduce sul punto che quest’ultima va valutata non solo in via astratta, ma con riguardo sia al curriculum ed alle attitudini del lavoratore collocato ingiustamente fuori dalla graduatoria concorsuale, sia alla posizione attribuitagli in graduatoria, sia alle vicende degli altri colleghi promossi in esito al medesimo concorso. 

Alla pubblica udienza del 12 maggio 2016, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio. 

4. – Non ravvisa il Collegio alcun obbligo di prioritaria disamina del gravame incidentale, poiché, in applicazione dei principi ormai fermi in giurisprudenza (arg. ex Cons. St., ad. plen., 25 febbraio 2014 n. 9), nel giudizio amministrativo il gravame incidentale va esaminato necessariamente prima del ricorso principale, ma solo quando abbia carattere escludente, tale, cioè, da contestare in radice la legittimazione e l’interesse dell’appellante principale. 

Infatti, nel caso in esame le parti, ciascuna per suo conto, hanno impugnato capi autonomi della sentenza, ossia quello sul danno da provvedimento illegittimo e, rispettivamente, sulla domanda risarcitoria per perdita di chance. Come si vede, si tratta di due distinte vicende d’illecito aquiliano della P.A., sicché le sorti dell’appello principale di per sé sole non determinano effetti rilevanti su quanto dedotto nell’appello incidentale. 

5. – Non convince poi la già respinta, e qui ribadita, eccezione di difetto di giurisdizione circa la domanda risarcitoria per ritardata nomina a dirigente. 

Nella specie, l’appellante incidentale, illegittimamente pretermesso dal concorso riservato per posti di dirigente per un erroneo giudizio sui titoli presentati, non ha chiesto né l’inquadramento nel ruolo dei dirigenti del MEF, né tampoco le differenze stipendiali. Su tal aspetto, la cognizione spetta solo all’AGO, in funzione di Giudice del lavoro, ai sensi dell’art. 63, c. 1 del Dlg 30 marzo 2001 n. 165. Per contro, l’appellante incidentale pretende il risarcimento del danno ingiusto per il ritardo nella sua collocazione nel ruolo dirigenziale, derivante dall’illegittimità della valutazione e, quindi, della graduatoria. Al riguardo, il TAR ha ben chiarito che questo Giudice può conoscere dei soli danni conseguenti alla lesione dell’interesse legittimo del partecipante ad un concorso pubblico al corretto svolgimento di questo, ogn’altra questione afferente al rapporto di lavoro instaurato o da costituire consistendo in un’attività gestoria della P.A. quale datrice di lavoro. Tanto perché, e sul punto il Collegio concorda, sussiste la giurisdizione di questo Giudice (che è quella generale di legittimità) sulla domanda di risarcimento, ai sensi dell’art. 63, c. 4 del Dlg 165/2001 e dell’art. 30 c.p.a., per i danni derivanti ai partecipanti dall’illegittimità della procedura, delle valutazioni e della graduatoria dei concorsi a pubblici impieghi. 

Il Ministero appellante è incorso in un equivoco, laddove anche in questa sede insiste a richiamare gli arresti della Corte regolatrice sulla competenza dell’AGO in ordine agli accertamenti di nomina nei ruoli dirigenziali e di diritti patrimoniali consequenziali. A parte che il dott. * è già stato nominato in detto ruolo, in via definitiva ed a seguito d’una rivalutazione di titoli in contestazione, l’oggetto del contendere è oggidì il ristoro del danno da ritardo nella nomina, non certo la nomina in sé. Sicché non può esser condivisa la critica che la P.A. muove all’assunto del TAR sulla differenza funzionale, per vero insopprimibile, tra lo status di dirigente (al cui conseguimento mirò il concorso svolto dal dott. *) e l’esercizio dell’officium di dirigente (che presuppone il relativo incarico ed il contratto di lavoro che v’accede). Infatti, tal differenza sta nelle norme e non è revocabile in dubbio, ma quel che più importa è che la giurisprudenza citata, in sé condivisibile quanto ovvia, non s’attaglia all’oggetto della domanda risarcitoria del dott. *. 

6. – Viceversa, è da accogliere, il secondo motivo dell’appello del MEF, sia pur con le precisazioni che seguono. 

Il TAR ha liquidato, quale risarcimento del danno da ritardo e a decorrere da quando il dott. * avrebbe dovuto esser collocato nel ruolo dirigenziale, la differenza tra lo stipendio tabellare (c.d. parte fissa della retribuzione del dirigente) e quanto da questi effettivamente percepito, giacché ha dedotto dall’erroneo punteggio una condotta negligente. Ma così non è, ché non la mera illegittimità della statuizione amministrativa, impugnata ed annullata, è fonte di colpa aquiliana per la P.A. che l’ha emanata, ma una violazione delle regole dell’azione amministrativa che palesi, nella situazione di contesto, un comportamento la negligenza e l’imperizia dell’organo emanante (cfr., per tutti, Cons. St., IV, 6 aprile 2016 n. 1356). 

Nel caso in esame, trattandosi di questione sul punteggio (doppio, non ordinario) per la valutazione di taluni titoli di servizio, il § A 4.3 del bando di concorso ritenne valutabile la «… partecipazione … a consigli, commissioni… ed altri organi collegiali costituiti nell’ambito dell’ amministrazione finanziaria…» e, con punteggio raddoppiato, agli «… organi collegiali dell’amministrazione delle finanze che siano previsti da disposizioni di legge o di regolamento…». Come si vede, già il dato testuale, che differenzia i due tipi di partecipazione con punteggi parimenti diversi, rende plausibile un’interpretazione, per l’assegnazione dell’invocato punteggio doppio, della legge di gara fondata sulla peculiarità funzionale degli organi collegiali non nell’ambito, ma della Amministrazione delle finanze. Il che è come dire che, per ottenere il punteggio ordinario, sarebbe già bastato partecipare ad una struttura collegiale, interna o esterna, ma non tipica e propria del Ministero delle finanze e viceversa, altrimenti irrazionale appalesandosi la regola del punteggio doppio. Sicché, avendo il dott. Mantelli invocato quest’ultimo per la sua partecipazione alla Commissione per lo scarto di archivio, non è chi non veda l’assenza di qualunque peculiarità di siffatto organo, utile ma comune a tutti gli uffici statali, rispetto alla missione di tal Ministero. 

Da ciò discende, per un verso, l’assenza d’una colpa evidente della Commissione giudicatrice nella valutazione di detto titolo, tant’è che solo il giudicato poté dirimere ogni contrasto al riguardo. 

Discende altresì l’erronea quantificazione, da parte del TAR e come dice la P.A. appellante, del danno risarcibile a favore del dott. * che, come s’è accennato poc’anzi, è stato liquidato con riguardo all’intera differenza tra stipendio-base da dirigente e trattamento retributivo.

È jus receptum (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 26 gennaio 2000 n. 653; id., III, 2 marzo 2015 n. 1029) che, nelle controversie sul lavoro subordinato pubblico e, in particolare, le assunzioni, la restitutio in integrum agli effetti economici (oltre che a quelli giuridici) spetta al pubblico dipendente solo nel caso di sentenza che riconosca l'illegittima interruzione di un rapporto già in corso e non anche nel caso di giudicato che riconosca illegittimo il diniego di costituzione del rapporto stesso. E, nel caso dell’accesso alla dirigenza —ove il superamento implica l’acquisizione d’un nuovo e diverso status di lavoro (vera e propria novazione oggettiva: cfr. Cass., sez. lav., 28 ottobre 2014 n. 22835)—, non v’è un parametro facilmente definibile per la liquidazione del risarcimento e, certo, non quello della retribuzione tabellare della dirigenza. Soccorre così il principio da tempo enunciato dalla Sezione (Cons. St., IV, 11 novembre 2010 n. 8020), in virtù del quale, la quantificazione per equivalente del danno a causa dell’omessa o della ritardata assunzione in posto di pubblico impiego, questo non s’identifica nella mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione, elementi, questi, che al più possono rilevare soltanto sotto il profilo della responsabilità contrattuale. Bisogna dunque riferirsi ad una liquidazione equitativa da valutare caso per caso e giammai all’importo meramente differenziale tra la retribuzione in atto e quella, futura, da dirigente (arg. ex Cons. St., V, 10 maggio 2010 n. 2750). 

Ciò vale a più forte ragione per la dirigenza nel rapporto di pubblico impiego privatizzato, per la quale, in caso di ritardata assunzione, spetta al vincitore del concorso di tipo dirigenziale non una restitutio in integrum (di cui ha titolo il lavoratore subordinato pubblico in tutti i casi d’indebita sospensione o risoluzione d’un rapporto in atto: cfr., p. es., Cass., sez. lav., 25 novembre 2013 n. 26287), bensì il risarcimento del danno, salvo che la P.A. non dimostri (ma non è questo il caso) che il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione, derivante da causa ad esso non imputabile (cfr. Cass., sez. lav., 20 gennaio 2009 n. 1399; id., VI, 14 giugno 2012 n. 9807, su un caso inerente al medesimo concorso del dott. *). 

7. – Pertanto, spetta a quest’ultimo non l’intero trattamento differenziale in sé (accertato dal TAR in € 308.322,00 a titolo di differenze retributive, € 41.929,00 per interessi legali ed € 28.355,24 per rivalutazione monetaria), ma un importo liquidato in via equitativa dal MEF. 

Al riguardo ed in applicazione del principio ex art. 34, c. 4, c.p.a., reputa opportuno il Collegio indicare al MEF i seguenti criteri-base per compiere la predetta liquidazione, da proporre al dott. Mantelli. In particolare, il MEF s’atterrà ai seguenti criteri, partendo dal solo importo differenziale come mera base di calcolo e non tenendo conto di quanto liquidato per interessi e rivalutazione, per cui disporrà: A) – una riduzione, per il periodo dall’approvazione della graduatoria (1999) alla sentenza di questa Sezione n. 540 del 2005 (che ha definitivamente stabilito la giurisdizione di questo Giudice sulla controversia, dopo la duplice declinatoria della giurisdizione stessa da parte del TAR e dell’AGO), non inferiore al 5% annuo per cinque anni, stante la non imputabilità piena del ritardo alla sola P.A. per quell’arco di tempo; B) – un’ulteriore riduzione forfetaria, non inferiore al 25% della somma così ridotta, a titolo d’indennizzo per il ritardo complessivo; C) – l’abbattimento non inferiore ad un altro 20% dell’importo così da ultimo ridotto, per tener conto delle vicissitudini, immediatamente successive alla definizione di tale concorso, inerenti al riordino del Ministero delle finanze ed all’entrata in funzione delle Agenzie fiscali, che determinarono lo scaglionamento delle assunzioni dei dirigenti reclutati con il concorso in questione; D) – il ricalcolo degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sulla sorte capitale così rideterminata. A ciò il Ministero provvederà entro giorni trenta (30 gg.) dalla notificazione della presente sentenza o dalla sua comunicazione d’ufficio. 

8. – Viceversa, è da condividere la statuizione del TAR sul rigetto della pretesa risarcitoria per la perdita di chance, donde l’infondatezza del gravame incidentale. 

Una premessa appare opportuna sul danno da perdita di chance. Ancora da ultimo questo Consiglio (cfr. Cons. St., III, 9 febbraio 2016 n. 559) ha ribadito che la risarcibilità del danno da perdita di chance è riconoscibile nelle sole ipotesi in cui l'illegittimità dell'atto ha provocato, in via diretta, una lesione della concreta occasione di conseguire un determinato bene della vita e quest'ultima presenti un rilevante grado di probabilità (se non di certezza) di ottenere l'utilità sperata. 

Ora, assume il dott. * che, parafrasando un recente arresto della Sezione (cfr. Cons. St., IV, 23 giugno 2015 n. 3147), nell’azione risarcitoria per perdita di chance, incombe sul ricorrente l'onere di provare, anche facendo ricorso a presunzioni ed al calcolo delle probabilità, l'esistenza della richiamata probabilità di conseguimento del risultato sperato. In particolare, dice il medesimo dott. Mantelli che, se il MEF non avesse rivisto la graduatoria solo nel 2007, avrebbe potuto prender parte ai vari interpelli che la P.A. indisse dal 2001 grazie al particolare pregio del suo curriculum e, se la graduatoria del predetto concorso fosse stata compilata nel 2001, egli avrebbe potuto accedere ad un incarico dirigenziale. 

Con ogni evidenza, l’appellante incidentale individua la perdita della assai probabile occasione di ottenere un incarico da dirigente nel sol fatto del ritardo della nomina nel ruolo. Quest’ultima, però e anche se non richiedesse una valutazione comparativa obbligatoria tra i curricula di altri aspiranti (ma invero la richiede: arg. ex Cass., VI, 12 ottobre 2010 n. 21088; Cons. St., VI, 5 aprile 2013 n. 1879), non solo non presuppone sempre lo status di dirigente, ma non ne è mai la conseguenza immediata e necessitata. Ciò lo s’evince, senz’uopo di esegesi particolarmente difficili, dalla serena lettura di tutto l’art. 19 del Dlg 165/2001, laddove è fissata la divaricazione tra la posizione del dirigente ed il conferimento delle funzioni dirigenziali. Non basta dunque predicare che il proprio curriculum, gli incarichi ricoperti, le vicende di altri candidati in esito allo stesso concorso del dott. * gli avrebbero senz’altro procurato un incarico dirigenziale di I fascia con il livello retributivo più alto. Un tal risultato è sì possibile, ma non è assistito da una probabilità seriamente superiore al 50%, in quanto, in disparte le vicissitudini organizzative del Ministero delle finanze, delle Agenzie fiscali e della costituzione del MEF, esso comunque è la risultante, basata su taluni dati professionali propri dell’interessato, della valutazione ampiamente discrezionale di tutti i parametri di cui al citato art. 19, c. 1.

Di tutto questo il TAR ha dato precisa ed articolata contezza, che il Collegio condivide e che il dott. * non riesce a confutare. 

9. – In definitiva, l’appello principale va accolto sì, ma nella parte dianzi descritta, mentre quello incidentale va rigettato, ma giusti motivi suggeriscono l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio. 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 9764/2014 RG in epigrafe), accoglie l'appello principale nei limiti di cui in motivazione e rigetta quello incidentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 12 maggio 2016, con l'intervento dei sigg. Magistrati:

 

 

Antonino Anastasi, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore

Oberdan Forlenza, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/07/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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