Sunday 15 June 2014 11:30:13
Giurisprudenza Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 30.5.2014
La sentenza di primo grado impugnata dall'INPDAP innanzi al Consiglio di Stato ha accolto il ricorso sulla base dell’art. 30 D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 il quale prevede che “i provvedimenti di liquidazione dell’indennità di buonuscita, nelle ipotesi in cui vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener conto di elementi risultanti dagli atti oppure vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo di riscatto o nel calcolo dell’indennità di buonuscita o dell’assegno vitalizio, possono essere modificati, revocati o rettificati “non oltre il termine di un anno dalla data di emanazione” (secondo comma). L'Istituto di previdenza non contesta la circostanza, dedotta dal ricorrente, che il trattamento previdenziale già riconosciutogli ha subito una decurtazione di circa trentuno milioni di lire, a ben sette anni di distanza dal provvedimento con cui l’INPADP aveva originariamente liquidato all’interessato l’indennità di buonuscita. A sostegno della decisione il giudice di primo grado ha richiamato la giurisprudenza che ha riconosciuto la perentorietà del “termine di un anno previsto dall’art. 30 T.U. 29 dicembre 1973 n. 1032 per revocare o modificare il provvedimento di liquidazione dell’indennità di buonuscita” (Cons. St., VI, 4 aprile 2000 n. 1945; da ultimo, T.A.R. Liguria, 20 febbraio 2006 n. 153). Il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso in appello è infondato alla luce della giurisprudenza di questo Consiglio (Sezione IV, 27 dicembre 2006, n. 7925) secondo la quale: “L’art. 30 del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, secondo cui i provvedimenti di liquidazione dell’indennità di buonuscita Inpdap non possono essere modificati, revocati o rettificati decorso un anno dalla data di emanazione, non preclude all’amministrazione di svolgere le proprie difese in sede giudiziale, ove ne sussistano i presupposti e le condizioni, dovendosi escludere soltanto iniziative volte ad eludere, anche in maniera indiretta, il limite derivante dal menzionato disposto legislativo”. Va pertanto ribadito che la fattispecie in esame risulta disciplinata in maniera esclusiva dall’art. 30 cit., risultando inapplicabile qualsiasi altra norma, il quale pone un termine perentorio per la revoca o la modifica del provvedimento di liquidazione; né suddetto termine può essere eluso, come nel caso in esame, allorquando l’appellato sia stato riammesso in servizio, consentendo quindi una sorta di compensazione in sede di riliquidazione dell’indennità. Per scaricare la sentenza cliccare su " Accedi al Provvedimento".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale * del 2009, proposto da:
Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Dario Marinuzzi, con il quale elettivamente domicilia in Roma, via S. Croce in Gerusalemme, 55;
contr*, rappresentato e difeso dall’avv. Graziano Pungì, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ottaviano, 9;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione I, n. 3779/2008, resa tra le parti, concernente riliquidazione trattamento di fine servizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 3 dicembre 2013 il consigliere Andrea Pannone e udito per l’appellato l’avvocato Pungì;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig.*, con ricorso proposto innanzi il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, esponeva:
- di essere stato collocato in congedo per età nel corso del 1993 e di essersi trattenuto in servizio nella posizione di richiamato fino al 1999;
- liquidatagli la somma spettante per il servizio permanente effettivo fino al 1993, nel 2000 gli veniva comunicato il progetto di liquidazione che, per il periodo di richiamo, indicava una somma con rilevante differenza tra importo netto e importo lordo;
- di aver poi appreso che l’amministrazione aveva proceduto al recupero della quota di indennità erroneamente erogatagli, essendogli stata conteggiata anche l’indennità di aeronavigazione.
2. Dopo l’avvenuta liquidazione dell’indennità di buonuscita, comprensiva dell’indennità di aeronavigazione, al ricorrente, maresciallo maggiore della Guardia di Finanza, già collocato in congedo nel 1993 e successivamente richiamato in servizio fino al 1999, l’I.N.P.D.A.P. ha riliquidato il trattamento di buonuscita, per tutto il periodo di servizio compreso quello già liquidato, detraendo l’indennità lorda conferita maggiorata degli interessi maturati per il periodo intercorso tra la precedente liquidazione e quella definitiva, sul presupposto che l’indennità di aeronavigazione non era utile a fini del trattamento previdenziale, non essendo prevista dall’art. 38 del d.p.r. n. 1032/1973, né da leggi successive.
3. Il sig* ha quindi chiesto:
- l’annullamento del silenzio rigetto maturato relativamente al ricorso gerarchico, promosso di fronte al consiglio di Amministrazione I.N.P.D.A.P., nonché della deliberazione n. 2489 del 7.6.2000 emessa dall’Ufficio provinciale e del relativo prospetto riepilogativo, in parte qua;
- la condanna dell’I.N.P.D.A.P. a pagare al ricorrente la somma corrispondente a quella indebitamente trattenuta, con interessi e rivalutazione monetaria, oltre al risarcimento del danno nella misura che risulterà provata in corso di causa.
4. La sentenza qui impugnata ha accolto il ricorso sulla base dell’art. 30 D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 il quale prevede che “i provvedimenti di liquidazione dell’indennità di buonuscita, nelle ipotesi in cui vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener conto di elementi risultanti dagli atti oppure vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo di riscatto o nel calcolo dell’indennità di buonuscita o dell’assegno vitalizio, possono essere modificati, revocati o rettificati “non oltre il termine di un anno dalla data di emanazione” (secondo comma).
Orbene, il resistente Istituto di previdenza non contesta la circostanza, dedotta dal ricorrente, che il trattamento previdenziale già riconosciutogli ha subito una decurtazione di circa trentuno milioni di lire, a ben sette anni di distanza dal provvedimento con cui l’INPADP aveva originariamente liquidato all’interessato l’indennità di buonuscita.
5. A sostegno della decisione il giudice di primo grado ha richiamato la giurisprudenza che ha riconosciuto la perentorietà del “termine di un anno previsto dall’art. 30 T.U. 29 dicembre 1973 n. 1032 per revocare o modificare il provvedimento di liquidazione dell’indennità di buonuscita” (Cons. St., VI, 4 aprile 2000 n. 1945; da ultimo, T.A.R. Liguria, 20 febbraio 2006 n. 153).
6. Ha proposto ricorso in appello l’INPDAP deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 del Cod. civ. e degli artt. 26 e 30 del d.P.R. n. 1032 del 1973.
7. Il ricorso in appello è infondato alla luce della giurisprudenza di questo Consiglio (Sezione IV, 27 dicembre 2006, n. 7925) secondo la quale: “L’art. 30 del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, secondo cui i provvedimenti di liquidazione dell’indennità di buonuscita Inpdap non possono essere modificati, revocati o rettificati decorso un anno dalla data di emanazione, non preclude all’amministrazione di svolgere le proprie difese in sede giudiziale, ove ne sussistano i presupposti e le condizioni, dovendosi escludere soltanto iniziative volte ad eludere, anche in maniera indiretta, il limite derivante dal menzionato disposto legislativo”.
Va pertanto ribadito che la fattispecie in esame risulta disciplinata in maniera esclusiva dall’art. 30 cit., risultando inapplicabile qualsiasi altra norma, il quale pone un termine perentorio per la revoca o la modifica del provvedimento di liquidazione; né suddetto termine può essere eluso, come nel caso in esame, allorquando l’appellato sia stato riammesso in servizio, consentendo quindi una sorta di compensazione in sede di riliquidazione dell’indennità.
8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna l’Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP), in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore del sig. * della somma omnicomprensiva di € 3.000,00 (euro tremila/00) per le spese di questo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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