Friday 05 December 2014 20:33:44

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Opere pubbliche: in caso di impugnazione di un accordo di Programma o di patti territoriali il ricorso va notificato, a pena di inammissibilità, a tutte le amministrazioni firmatarie

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 2.12.2014

In caso di impugnazione di un accordo di programma avente a oggetto la realizzazione di un’opera pubblica, il ricorso va notificato, a pena di inammissibilità, a tutte le amministrazioni firmatarie dell’accordo, dovendo considerarsi amministrazioni emananti tutte quelle che all’accordo stesso hanno partecipato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2010, nr. 1774; id., 22 maggio 2008, nr. 2469).Tale principio risulta pacificamente estensibile anche ai Patti Territoriali, come quello per cui qui è causa, i quali a norma dell’art. 2, comma 203, lettera d), della legge 23 dicembre 1996, nr. 662, costituiscono una species del più ampio genus degli accordi di programmazione negoziata, nel quale rientrano anche gli accordi di programma, la cui disciplina procedimentale peraltro condividono sulla scorta della delibera del C.I.P.E. del 10 maggio 1995 (con riferimento, in particolare, all’impiego del modulo della Conferenza dei servizi di cui all’art. 14 della legge nr. 241 del 1990).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.

sul ricorso in appello nr. *del 2014, proposto dalla REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’avv. Elisa Caprio, domiciliata in Roma, via M. Colonna, 27,

 

contro

i signori Patrizio PIETROFORTE, in proprio e quale titolare dell’omonima ditta individuale, Vittorio PIETROFORTE e Roberto PIETROFORTE, rappresentati e difesi dall’avv. Daniela Terracciano, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, viale delle Milizie, 1, 

nei confronti di

 

- MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

- PROVINCIA DI ROMA, in persona del Presidente pro tempore,rappresentata e difesa per legge dall’avv. Giovanna Albanese, domiciliata in Roma, via IV Novembre, 119/A;

 

per l’annullamento e/o la riforma,

previa sospensione cautelare ex art. 98 cod. proc. amm.,

della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione Seconda bis, nr. 6928/2014, pronunciata all’esito del ricorso nr. 8239/2011, depositata in data 1 luglio 2014, non notificata.

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio degli appellati in epigrafe indicati, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Provincia di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, alla camera di consiglio del giorno 25 novembre 2014, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Caprio per la Regione appellante e l’avv. Terracciano per gli appellati;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni appellati, signori Patrizio Pietroforte, Vittorio Pietroforte e Roberto Pietroforte (il primo anche quale titolare dell’omonima ditta individuale) hanno impugnato dinanzi al T.A.R. del Lazio gli atti con i quali, all’esito di apposita Conferenza dei servizi, è stata dichiarata l’improcedibilità della proposta progettuale a suo tempo avanzata dai predetti, relativa a un intervento da attuare nel Comune di Cerveteri, ai fini dell’inserimento nel “Patto Territoriale degli Etruschi” cui il detto Comune aveva aderito, e conseguentemente si è dato atto dell’impossibilità di concludere il previsto accordo di programma ex art. 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, nr. 267, a causa della ritenuta difformità del progetto esaminato da quello a suo tempo delibato dal Comune di Cerveteri in sede di approvazione delle iniziative di Patto (deliberazione del Commissario Straordinario nr. 587 dell’11 novembre 1998).

2. Con la sentenza oggi appellata dalla Regione Lazio, il T.A.R. adito ha accolto l’impugnativa ritenendo sussistenti e assorbenti i vizi di illogicità e contraddittorietà della motivazione addotta a sostegno della determinazione negativa: in particolare, il progetto portato all’attenzione della Conferenza dei servizi è stato ritenuto pienamente assimilabile a quello a suo tempo approvato dal Comune, essendo irrilevante la sanatoria edilizia medio tempore intervenuta in relazione a parte del fabbricato interessato dall’intervento (oggetto di un mutamento di destinazione d’uso regolarizzato con permesso di costruire in sanatoria nr. 817 del 22 aprile 2010).

3. L’appello dell’Amministrazione regionale risulta affidato ai seguenti motivi in diritto:

I) violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e segg., cod. proc. amm.; violazione del principio del contraddittorio; inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di contraddittorio con gli Enti partecipanti alla Conferenza dei servizi (con riferimento all’omessa evocazione in giudizio del Comune di Cerveteri);

II) illogicità e contraddittorietà della motivazione; erronea interpretazione dei fatti e conseguente erroneità dei profili di illegittimità rilevati dal giudice di prime cure (atteso che il permesso di costruire in sanatoria nr. 817 del 2010, come rilevato proprio dall’Amministrazione comunale, non aveva determinato il mutamento della destinazione urbanistica dell’area, che peraltro non era stata variata – contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice - neanche con la deliberazione consiliare nr. 69 del 14 novembre 2000, avente valore di mera adozione della variante urbanisticade qua, e non di sua definitiva approvazione).

4. Gli originari ricorrenti, nel costituirsi:

- hanno in limine eccepito l’inammissibilità delle nuove eccezioni sollevate e dei nuovi documenti prodotti dalla Regione appellante, ai sensi dell’art. 104 cod. proc. amm.;

- hanno ampiamente dedotto a sostegno dell’infondatezza dell’impugnazione, instando per la conferma della sentenza in epigrafe;

- hanno, in ogni caso e in via subordinata, riproposto come segue i motivi di censura non esaminati in primo grado:

i) violazione e/o falsa applicazione e/o travisamento dei principi di efficacia, efficienza ed economicità previsti dalla legge 7 agosto 1990, nr. 241 (in relazione al mancato rispetto dei termini e dei principi regolatori dell’istituto della Conferenza dei servizi);

ii) violazione dell’art. 21-nonies della legge nr. 241 del 1990; illogicità manifesta, eccesso di potere; violazione del principio del legittimo affidamento (in relazione al comportamento equivoco e dilatorio tenuto dalla stessa Amministrazione regionale nel procedimento amministrativo per cui è causa);

iii) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost. (in relazione alla negligenza ed imperizia emerse nella fase istruttoria del procedimento).

5. Si sono altresì costituiti la Provincia di Roma e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con atti di stile dai quali non è dato evincere quale posizione abbiano assunto in relazione all’appello della Regione.

6. Alla camera di consiglio del 25 novembre 2014, fissata per l’esame della domanda di sospensiva formulata in una all’appello, la Sezione ha dato avviso alle parti della possibilità di immediata definizione della causa nel merito, ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.

7. Infatti, l’appello è manifestamente fondato sotto l’assorbente profilo di cui al primo motivo di gravame.

8. Al riguardo, non merita condivisione l’eccezione di inammissibilità sollevata da parte appellata sul rilievo della asserita novità dell’eccezione, in violazione del divieto di cui all’art. 104 cod. proc. amm.

Innanzi tutto, dalla piana lettura della sentenza impugnata risulta che il primo giudice è stato ritualmente investito dell’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, per omessa notificazione al Comune di Cerveteri, e la ha disattesa.

In secondo luogo, trattandosi di questione afferente alla regolare costituzione del rapporto processuale e quindi rilevabile anche d’ufficio, in ogni caso la stessa avrebbe potuto essere proposta anche per la prima volta in grado d’appello (cfr. Cons. Stato, Ad. Pl., 24 giugno 1998, nr. 4; id., sez. V, 13 dicembre 2006, nr. 7377).

9. Tanto premesso, in punto di fatto risulta incontroverso che il ricorso di primo grado non è stato notificato al Comune di Cerveteri, così come incontroverso è che detto Comune abbia partecipato alla Conferenza dei servizi conclusasi con gli atti qui censurati.

Pertanto, la Sezione ritiene di dover richiamare il proprio pregresso indirizzo secondo cui, in caso di impugnazione di un accordo di programma avente a oggetto la realizzazione di un’opera pubblica, il ricorso va notificato, a pena di inammissibilità, a tutte le amministrazioni firmatarie dell’accordo, dovendo considerarsi amministrazioni emananti tutte quelle che all’accordo stesso hanno partecipato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2010, nr. 1774; id., 22 maggio 2008, nr. 2469).

Tale principio risulta pacificamente estensibile anche ai Patti Territoriali, come quello per cui qui è causa, i quali a norma dell’art. 2, comma 203, lettera d), della legge 23 dicembre 1996, nr. 662, costituiscono una speciesdel più ampio genus degli accordi di programmazione negoziata, nel quale rientrano anche gli accordi di programma, la cui disciplina procedimentale peraltro condividono sulla scorta della delibera del C.I.P.E. del 10 maggio 1995 (con riferimento, in particolare, all’impiego del modulo della Conferenza dei servizi di cui all’art. 14 della legge nr. 241 del 1990).

Sul piano sostanziale, poi, è quanto meno discutibile l’assunto del primo giudice sulla non necessità di evocazione in giudizio del Comune di Cerveteri, sul rilievo che questo non avrebbe assunto “alcuna determinazione lesiva o sfavorevole nei confronti della ditta Pietroforte”: infatti, è stata proprio l’Amministrazione comunale a rappresentare – sia in Conferenza che per iscritto, con la nota prot. nr. 112787 del 14 marzo 2011 – la circostanza che l’area interessata dal progetto de quo aveva mantenuto la propria originaria destinazione agricola anche dopo il permesso di costruire nr. 817 del 2010, circostanza centrale ai fini delle successive determinazioni negative adottate dalla Conferenza.

10. La fondatezza dell’eccezione testé esaminata, determinando un’inammissibilità originaria e insanabile dell’impugnativa di primo grado (stante la mancata notificazione del ricorso a una delle Amministrazioni emananti gli atti censurati), esonera il Collegio dall’esame non solo degli ulteriori motivi di appello, ma anche delle censure di primo grado qui riproposte dagli originari ricorrenti.

11. In considerazione della peculiarità della vicenda esaminata, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:

 

 

Paolo Numerico, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Andrea Migliozzi, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/12/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



 

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