Monday 09 December 2013 23:23:43

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

La notificazione da parte dell'amministrazione dell'atto, senza timbro e firma, in copia non autentica e' una mera irregolarità

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha ribadito le conclusioni della sentenza appellata per quanto riguarda la prospettata nullità dell’atto, notificato senza timbro e firma, in copia non autenticata, nonché in forma di determinazione e non di decreto, affermando che debbono considerarsimere irregolarità non vizianti sia il nomen iuris, formalmente impresso al provvedimento (quando risultino corretti, come nel caso di specie, i contenuti ed i presupposti normativi dell’atto, nonché la competenza dell’Autorità emanante), sia la notifica del provvedimento stesso in mera copia non autenticata e priva di firma, ove il testo trasmesso sia conforme, con validi effetti comunicativi, a un provvedimento legittimamente emanato e regolarmente sottoscritto, che l’Amministrazione ha poi depositato agli atti del giudizio (cfr. fra le tante, per il principio: Cons. Stato, V, 29 dicembre 2009, n. 8916, 28 dicembre 2011, n. 6936 e 17 gennaio 2013, n. 263).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale ***** del 2012, proposto da

Il Palombaro di Zauli Florida & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Fernando Natale, Fabio Natale e Maurizio Infetti, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Saluzzo, 8;

 

contro

Comune di Monte Argentario, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Anna Scotto e Michele Costa, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Bassano del Grappa, 24; 

per la riforma della sentenza del t.a.r. toscana – firenze, sezione iii, n. 00608/2012, resa tra le parti, concernente

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Monte Argentario;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2013 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Natale Ferdinando, Natale Fabio e Costa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

 

FATTO e DIRITTO

E’ tornato all’esame del Collegio – dopo una fase istruttoria disposta prima con ordinanza cautelare n. 3446/12 del 29 agosto 2012, poi, in sede di trattazione di merito, con ordinanza collegiale n. 2147/13 del 18 aprile 2013 – l’atto di appello n. 4587/12 de Il Palombaro di Zauli Florida & C. s.n.c., indirizzato avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana n. 608/12 del 26 marzo 2012, con la quale era stato respinto il ricorso proposto dalla stessa società per l’annullamento della declaratoria di decadenza della concessione demaniale marittima n. 9/2005, disposta dal Comune di Monte Argentario con provvedimento n. 545 del 2 settembre 2010.

L’impugnata sentenza sottolineava come la concessione di cui trattasi avesse ad oggetto una porzione di specchio acqueo, occupato da una veranda coperta adibita a ristorante di mq. 364,90, con ulteriore area a terra – collegata da una passerella – di mq. 22,10.

La decadenza era motivata con riferimento all’azione corrosiva degli agenti meteo-marini sulla struttura (tipo palafitta) posta a sostegno del ristorante, e dalla conseguente ravvisata inadempienza del concessionario in rapporto agli obblighi di manutenzione sul medesimo gravanti, con le conseguenze di decadenza dalla concessione “per inadempienza degli obblighi derivanti dalla concessione, o imposti da norme di legge o da regolamenti”, di cui dell’art. 47 (Decadenza dalla concessione), lettera f), del Codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327).

La medesima sentenza respingeva gli assunti difensivi meramente formali, come quelli riferiti all’avvenuta notifica di copia non firmata del provvedimento, (risultando comunque quest’ultimo regolarmente formato e successivamente depositato in atti), con ulteriore irrilevanza del nomen iuris di determinazione, anziché di decreto. La relazione tecnica redatta – su richiesta del Comune – da un ingegnere incaricato dalla ricorrente avrebbe, inoltre, evidenziato l’utilizzabilità della struttura solo fino al 31 ottobre 2009. Non sarebbe stata adeguatamente garantita, pertanto, la sicurezza dei bagnanti e dei frequentatori del ristorante, a fronte della“idoneità statica circoscritta nel tempo, attestata dal tecnico della ricorrente” e della comunque omessa predisposizione delle necessarie opere di manutenzione.

In appello venivano ribadite censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, sia per avvenuta notifica di un atto nullo, in quanto privo di timbro e di firma, sia per non deducibilità dalla relazione tecnica di parte di una resistenza a tempo limitato della struttura, essendo stato soltanto affermata, in detta relazione, l’esigenza di accertamenti più approfonditi all’inizio della stagione invernale successiva (ovvero a partire dal 31 ottobre 2009). Una nuova perizia tecnica di parte era anche depositata il 24 agosto 2012, in vista della camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare.

In tale perizia il tecnico incaricato – pur ritenendo opportuno un ulteriore approfondimento dell’indagine – concludeva nei seguenti termini: “[…] ad oggi, le condizioni attuali di utilizzazione dell’immobile e le condizioni di conservazione sopra descritte, in assenza di eventi naturali calamitosi, sono tali da non rappresentare un pericolo per la pubblica incolumità e l’ambiente, derivante dal crollo della struttura e/o parte di essa.”.

Gli ulteriori accertamenti, disposti con la citata ordinanza collegiale n. 2147/13, venivano affidati (dopo il mancato espletamento dell’istruttoria, di cui alla precedente ordinanza cautelare), al dirigente dell’ufficio di Livorno del Genio civile della Regione Toscana, con facoltà di delega ad un tecnico in possesso di adeguata competenza, affinchè fossero verificate le circostanze di seguito indicate, in base alla documentazione in possesso del Comune di Monte Argentario, o messa a disposizione dalla parte appellante (con particolare riguardo alle relazioni tecniche già depositate in atti), con ulteriore accertamento dello stato dei luoghi:

a) attuale idoneità delle strutture, poste a sostegno del manufatto oggetto di causa, per assicurare l’ordinario utilizzo di quest’ultimo, in condizioni di sicurezza, come locale aperto al pubblico;

b) valutazione dello stato di manutenzione delle predette strutture, in rapporto ai materiali usati ed agli agenti esterni, cui le medesime sono esposte;

c) specificazione degli eventuali lavori, ritenuti necessari per assicurare condizioni di sicurezza, ove tali condizioni non risultassero attualmente riscontrabili.

Dopo una proroga dei termini l’organo verificatore (ing. Desy Candura) ha depositato la propria relazione conclusiva con allegati e su tale base la causa è passata in decisione.

Premesso quanto sopra, il Collegio non può che ribadire, in primo luogo, le conclusioni della sentenza appellata per quanto riguarda la prospettata nullità dell’atto, notificato senza timbro e firma, in copia non autenticata, nonché in forma di determinazione e non di decreto.

Debbono considerarsi, infatti, mere irregolarità non vizianti sia il nomen iuris, formalmente impresso al provvedimento (quando risultino corretti, come nel caso di specie, i contenuti ed i presupposti normativi dell’atto, nonché la competenza dell’Autorità emanante), sia la notifica del provvedimento stesso in mera copia non autenticata e priva di firma, ove il testo trasmesso sia conforme, con validi effetti comunicativi, a un provvedimento legittimamente emanato e regolarmente sottoscritto, che l’Amministrazione ha poi depositato agli atti del giudizio (cfr. fra le tante, per il principio: Cons. Stato, V, 29 dicembre 2009, n. 8916, 28 dicembre 2011, n. 6936 e 17 gennaio 2013, n. 263).

Nel merito, la relazione depositata dall’organo verificatore – sulla base di sopralluoghi e rilievi strumentali – smentisce le tesi difensive dell’appellante società.

Con riferimento, in particolare, al quesito di cui al precedente punto a), il predetto organo fornisce una dettagliata descrizione di un particolare stato di degrado della struttura, priva anche di un pilastro, nonché dei controventi, “che erano posizionati tra le campate parallele alla passerella”.

Al di sotto dello strato di ruggine, viene anche rilevata “la totale compromissione della sezione, in quanto con pochi colpi di martelletto si è realizzata l’apertura di un foro nell’anima del pilastro in acciaio (sfondamento del pilastro)”, come documentato dalle fotografie allegate, con esclusione di ulteriori prove“al fine di non compromettere ulteriormente la staticità dell’immobile”, il cui (pessimo) stato di conservazione appariva visivamente “pressoché uniforme”.

Anche sulla base, poi, di ulteriori calcoli tecnici, nella medesima relazione si precisa che “le strutture, poste a sostegno del manufatto oggetto di causa (palafitta) non risultano essere idonee ad assicurare l’ordinario uso di quest’ultimo, in condizioni di sicurezza, come locale aperto al pubblico”.

Per quanto riguarda il quesito di cui al precedente punto b), si precisa che tutti gli elementi strutturali del manufatto appaiono “macroscopicamente interessati dalla corrosione, le sezioni di tutti gli elementi strutturali risultano sfaldate, alcune di esse perforate e le sezioni più esili (i controventi) sono totalmente distrutte”; seguono ulteriori minuziose descrizioni, concernenti l’assenza di camicia in calcestruzzo di 25 su 63 pilastri, la sussistenza di almeno due casi in cui il pilastro non scarica più a terra ed è meramente “appeso alla struttura sovrastante, perdendo la propria funzione strutturale ed aggravando la situazione statica degli altri elementi strutturali, nonché problematiche riconducibili “all’azione chimica dell’acqua del mare, all’impatto dell’onda ed allo sviluppo di incrostazioni biologiche”.

Quanto alla specificazione degli interventi manutentivi necessari e possibili, oggetto del quesito, di cui al punto c), le conclusioni della relazione – ancora una volta sulla base di valutazioni analitiche – possono sintetizzarsi nell’esigenza di “realizzazione di un nuovo edificio”.

Tenuto delle circostanze sopra sintetizzate, il Collegio non può che ritenere pienamente sussistenti i presupposti, per l’emanazione dell’atto originariamente impugnato, da ricondurre all’art. 47, comma 1, lettera f), del Codice della navigazione, che pone tra le cause di decadenza del concessionario“l’inadempienza degli obblighi derivanti dalla concessione, o imposti da norme di legge o da regolamenti”. Non solo, infatti, non hanno trovato alcun riscontro le argomentazioni difensive della società concessionaria, che riteneva possibile l’ulteriore utilizzo della struttura, sia pure previ accertamenti, ma dalle puntuali descrizioni, contenute nella relazione dell’organo verificatore, emerge una situazione di vero e proprio abbandono manutentivo della struttura, con conseguente situazione di rischio per coloro che avessero continuato ad utilizzarla.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il medesimo Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto.

Le spese giudiziali, da porre a carico della società appellante, vengono liquidate nella misura di €. 3.000,00 (euro tremila/00) a favore del Comune di Monte Argentario; viene, altresì, posta definitivamente a carico di detta società l’anticipazione delle spese di verificazione, con riserva di liquidazione dell’eventuale saldo delle stesse con separata ordinanza, su motivata richiesta dell’organo verificatore.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge l'appello, come in epigrafe proposto; condanna l’appellante al pagamento delle spese giudiziali, nella misura di €. 3.000,00 (euro tremila/00) e pone definitivamente a carico del medesimo il compenso da corrispondere all’organo verificatore.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Severini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Vito Carella, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 0*/12/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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