Tuesday 07 October 2014 14:00:39

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Indennità per ferie non godute: al lavoratore assunto a tempo determinato, che non abbia potuto godere delle ferie per fatto del datore di lavoro o per forza maggiore, spetta l’indennità, a condizione che esso fornisca la relativa prova

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 2.10.2014

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha confermato la statuizione del TAR secondo cui al lavoratore assunto a tempo determinato, che non abbia potuto godere delle ferie per fatto spettante al datore di lavoro o per forza maggiore, spetta l’indennità relativa, a condizione che esso fornisca la relativa prova, il che nel caso di specie non è avvenuto. Considerato il carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall'art. 36 della Costituzione, la loro mancata fruizione deve infatti ritenersi, in mancanza di prova certa circa la sussistenza di una causa non imputabile al lavoratore, conseguenza di una scelta dell'interessato, che impedisce il riconoscimento della richiesta sostituzione con la relativa indennità (Consiglio di Stato, sez. III, 12 febbraio 2013 n. 838), a nulla valendo la mancata contestazione della circostanza da parte dell’Amministrazione, atteso che, secondo i criteri generali, l'onere probatorio si ripartisce esclusivamente facendo riferimento alla posizione processuale, sicché esso resta a carico, rispettivamente, di chi vuole far valere un diritto, ovvero di chi ne contesti l'esistenza, l'estinzione o la modifica, senza nemmeno che a tale difetto di prova possa supplire la valutazione equitativa del giudice (Cassazione civile, sez. lav., 3 febbraio 2005, n. 2144). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 8554 del 2004, proposto da:Omissis 

contro

Comune di Manfredonia, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Puglia – Bari, Sezione II, n. 02586/2003, resa tra le parti nella parte in cui ha respinto la domanda del signor * di accertamento del diritto di percepire le differenze retributive dovutegli in virtù della assunta sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo determinato instauratosi con il Comune di Manfredonia dall’1 gennaio 1993 al 29 novembre 1994, nonché di condanna di detto Comune al pagamento dei relativi emolumenti, oneri previdenziali, indennità di fine rapporto ed interessi corrispettivi e rivalutazione monetaria;

inoltre per la condanna del Comune suddetto al pagamento delle differenze stipendiali, come analiticamente riportate nel ricorso di primo grado, e di tutti gli altri benefici economici non riconosciuti all’appellante nel periodo lavorativo svolto presso il Comune stesso, o nella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi sulle somme rivalutate, dalla maturazione al soddisfo;

 

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Vista la propria ordinanza 20 dicembre 2013 n. 6132;

Vista la memoria prodotta dalla parte appellante a sostegno delle proprie difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2014 il Cons. Antonio Amicuzzi e udito per la parte appellante l’avvocato Angela Soccio;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

 

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso al T.A.R. Puglia, Bari, il signor *ha chiesto l’accertamento del diritto a percepire differenze retributive per prestazioni di lavoro asseritamente instauratosi con il Comune di Manfredonia dall’1 gennaio 1993 al 29 novembre 1994, sulla base di atti deliberativi con i quali gli era stato affidato l’incarico di “pulizia degli Uffici Giudiziari – Pretura e Conciliazione di Manfredonia”, nonché la condanna di detto Ente al pagamento dei relativi emolumenti, degli oneri previdenziali e dell’indennità di fine rapporto, oltre ad interessi corrispettivi e rivalutazione monetaria.

2.- L’adito T.A.R., con la sentenza in epigrafe indicata, ha in primo luogo ritenuto prescritti tutti i crediti eventualmente maturati in epoca antecedente al 27 aprile 1994; poi, con riguardo ai crediti maturati dal 28 aprile 1994 al 29 novembre 1994, ha ritenuto non provata la natura subordinata del rapporto di lavoro fino alla data del 31 agosto 1994, con infondatezza, relativamente a tale periodo, delle pretese economiche azionate dal ricorrente, mentre, per il periodo dall’1 settembre 1994 al 29 novembre 1994, ha riconosciuto fondata solo la pretesa al riconoscimento dell’indennità integrativa speciale, oltre ad interessi e rivalutazione fino al 31 dicembre 1994 e soltanto interessi legali per il periodo successivo a questo e fino al definitivo soddisfo; ha infine disposto che sulla misura dell’indennità dovuta il Comune era tenuto anche a regolarizzare (ove omessi) i rapporti assistenziali e previdenziali.

3.- Con il ricorso in appello il suddetto interessato ha chiesto la riforma di detta sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto le differenze stipendiali spettanti gli per l’attività effettivamente svolta, sulla base di un calcolo analitico e dettagliato allegato al ricorso, oltre ad oneri previdenziali, interessi e rivalutazione, nell’assunto che essa sia lesiva della posizione dell’appellante nelle parti in cui non è stata riconosciuta la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, non sono state riconosciute le differenze retributive come determinate nel ricorso primo grado per l’effettiva prestazione lavorativa svolta alle dipendenze dell’Ente, ma solo la I.I.S. per un periodo limitato di tempo.

4.- Con ordinanza 20 dicembre 2013 n. 6182 la Sezione, ritenuta la sussistenza dei presupposti, ha disposto la produzione da parte dell’appellante, ai fini della completezza istruttoria, di copia della documentazione attestante la avvenuta presentazione nel corso del giudizio di primo grado di produzioni relative a fatti interruttivi della prescrizione, nonché di copia della sentenza n. 44/1997 del 9.5/5.6.1997 del Giudice del Lavoro di Foggia e di copia del ricorso introduttivo dell’azione giudiziaria promossa nell’anno 1995 innanzi a detto Giudice, con la prova delle avvenute notificazioni.

5.- Con memoria depositata il 17.7.2013 la parte appellante, evidenziato in particolare che nel corso dell’attività lavorativa presso il Comune era stato iscritta presso l’istituto previdenziale ed assicurativo imposto per i dipendenti pubblici, ha ribadito le già formulate deduzioni e domande.

6.- Alla pubblica udienza dell’8 aprile 2014 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati della parte appellante, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

7.- Con il primo motivo d’appello è stato dedotto che con l’impugnata sentenza è stata accolta la eccezione del Comune di prescrizione dei diritti di credito, “in quanto riferiti ad un periodo antecedente di oltre cinque anni alla notifica del ricorso avvenuta il 27 aprile 1999”, nonostante che nel corso del giudizio fosse stato ampiamente dedotto e documentato che la prescrizione quinquennale era stata interrotta con lettere indirizzate al Comune e con azione giudiziaria promossa nell’anno 1995 innanzi al Giudice del Lavoro di Foggia, che, con sentenza n. 44/1997 del 9 maggio/5 giugno 1997, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore di quella del T.A.R. di Bari.

7.1.- Osserva la Sezione che il primo giudice, premesso che dopo la modificazione dell’art. 2 del R.d.l. n. 295/1939, avvenuta con l. n. 428/1985, tutti i crediti di lavoro dei pubblici dipendenti - ad eccezione di quelli che presuppongono specifici accertamenti o l’adozione di atti presupposti - soggiacciono alla prescrizione quinquennale a decorrere dalla data di maturazione di ciascun rateo retributivo, ha rilevato che ogni rapporto tra il ricorrente e l’Amministrazione intimata era cessato definitivamente (per quanto concerne le pretese azionate in ricorso) il 29 novembre 1994, sicché, non risultando in atti di causa documenti dimostrativi dell’avvenuto esercizio, nelle more, del proprio diritto da parte del creditore, accompagnati da prova e deduzione di fatti interruttivi della prescrizione, ha accolto la relativa eccezione formulata dal Comune di Manfredonia limitatamente a tutti i crediti eventualmente maturati in epoca antecedente al 27 aprile 1994.

7.2.- La Sezione, con ordinanza 20 dicembre 2013 n. 6182, ritenuto che l'effetto interruttivo della prescrizione, determinato dalla promozione di un'azione giudiziaria, ha carattere permanente, anche nel caso in cui il giudizio si concluda con una sentenza dichiarativa del difetto di giurisdizione del giudice adito, purché la domanda proposta dinanzi al giudice carente di giurisdizione sia la medesima poi introdotta dinanzi a quello dotato di giurisdizione sulla controversia, ha osservato che agli atti del giudizio di primo e secondo grado non si era rinvenuta copia di dette lettere né la prova della effettiva proposizione del giudizio innanzi al Giudice del Lavoro suddetto o copia della relativa sentenza. Pertanto, considerato che, ai sensi dell'art. 64 comma 1, c.p.a., vige il principio dell'onere della prova sancito dall'art. 2697 c.c. e che il G.A. può anche in grado di appello esercitare i suoi poteri istruttori, avendo fornito la parte interessata un principio di prova, ha disposto l’acquisizione di copia della documentazione attestante la avvenuta presentazione nel corso del giudizio di primo grado di produzioni relative a fatti interruttivi della prescrizione, nonché di copia della sentenza n. 44/1997 del 9 maggio /5 giugno 1997 del Giudice del Lavoro di Foggia e del ricorso introduttivo dell’azione giudiziaria promossa nell’anno 1995 innanzi a detto Giudice, con la prova delle avvenute notificazioni.

7.3.- In data 30 gennaio 2014 sono stati prodotti in giudizio copia del ricorso dell’attuale appellante alla Pretura circondariale di Foggia, sezione staccata di Manfredonia, notificato al Comune di Manfredonia in data 7.6.1995, finalizzato ad ottenere la declaratoria di nullità della clausola relativa al termine apposta a tutti i contratti di lavoro individuali, della natura di contratto a tempo indeterminato dei rapporti intercorsi tra le parti, la reintegra nel posto di lavoro e la condanna del Comune al pagamento delle differenze salariali determinate con riferimento al trattamento stipendiale dei dipendenti pubblici con eguali mansioni, come da analitici conteggi allegati (in cui sono state conteggiate le somme dovute per differenze stipendiali, assegni n.f., ferie non godute e indennità di fine rapporto; inoltre copia della sentenza del Pretore del circondario di Foggia, giudice del lavoro, n. 44 del 9.5.1997 di declaratoria del difetto di giurisdizione dell’A.G.O. e della sussistenza della giurisdizione del G.A.

7.4.- Osserva la Sezione che con il ricorso di primo grado, notificato il 27.4.1999, il signor * ha sostanzialmente riproposto la medesima domanda formulata al giudice del lavoro, chiedendo l’accertamento del diritto a percepire differenze retributive per prestazioni di lavoro asseritamente instauratosi con il Comune di Manfredonia dall’1 gennaio 1993 al 29 novembre 1994, nonché la condanna del Comune al pagamento delle relative somme, degli oneri previdenziali e delle indennità di fine rapporto, oltre ad interessi e rivalutazione, sicché, essendo stata interrotta la prescrizione con il citato ricorso al Pretore del lavoro in data 7 giugno 1995, va riformata la sentenza di primo grado laddove ha accolto l’eccezione di prescrizione formulata dal Comune di Manfredonia,.

L'effetto interruttivo della prescrizione determinato dalla promozione di un'azione giudiziaria ha infatti carattere permanente, ai sensi del secondo comma dell'art. 2945 cod. civ., anche nel caso in cui il giudizio si concluda con una sentenza dichiarativa di difetto di giurisdizione, non essendo tale ipotesi assimilabile a quella di estinzione del processo, considerata dall'ultimo comma dello stesso articolo (Cassazione Civile, 12 giugno 1984, n. 3516; in senso conforme, Cassazione Civile, 14 novembre 2002, n. 16032), purché la domanda proposta dinanzi al giudice carente di giurisdizione sia la medesima poi introdotta dinnanzi al giudice dotato di giurisdizione sulla controversia (Cassazione civile, sez. I, 11 giugno 2007 n. 13662).

In conclusione sul punto l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, va riformata la sentenza di primo grado, laddove riconosce l’avvenuta prescrizione del diritto dell’attuale appellante con riferimento a tutti i crediti eventualmente maturati in epoca antecedente al 27 aprile 1994.

7.5.- Pertanto, in applicazione del principio devolutivo dell’appello, la fondatezza delle pretese azionate dal signor Stelluti va verificata non a far tempo dal 28 aprile 1994, come ritenuto dal primo giudice, ma dall’1 gennaio 1993.

8.- Con il secondo motivo di gravame è stato affermato che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente interpretato la documentazione allegata (ordini di servizio, fogli di presenza ed attestati relativi all’attività svolta), nella parte in cui non è stata rilevata la sussistenza degli elementi sintomatici del rapporto di lavoro subordinato caratterizzanti l’attività lavorativa svolta dall’attuale appellante alle dipendenze del Comune di Manfredonia, che avrebbe esercitato il proprio potere di supremazia organizzativa, gestionale e disciplinare sulla sfera giuridica del dipendente, in particolare con riguardo alla organizzazione dei turni di lavoro e alla formale esplicazione del rapporto.

Le tesi sostenute nell’impugnata sentenza, che dalla documentazione prodotta non si evinceva con la necessaria certezza la sottoposizione del lavoratore per volontà dell’Ente al potere disciplinare di questo, almeno fino al 31 agosto 1994, e che non risultava esclusa la possibilità per il lavoratore di svolgere attività libero professionale o alle dipendenze pubbliche o private di altri Enti, sarebbero smentite dalla circostanza che dalla documentazione prodotta in primo grado si evinceva che il rapporto, così come disciplinato in convenzione, non aveva identica estrinsecazione su piano fattuale, essendo il signor Stelluti tenuto a svolgere attività sulla base della turnazione impostagli dall’Ente ed essendogli preclusa ulteriore attività lavorativa per il carattere particolare del rapporto intrattenuto con l’Amministrazione ed i suoi funzionari, che emanavano ordini di servizio sulla base di esigenze con cui disponevano del dipendente anche al di là del numero di ore stabilite, in contrasto con il contenuto della convenzione e chiedendo in alcuni casi disponibilità continua, precludente lo svolgimento di qualsiasi altra attività lavorativa. Il rapporto avrebbe quindi perso il carattere dell’autonomia ed avrebbe assunto quello della subordinazione e della esclusività, erroneamente disconosciuti dal primo giudice.

8.1.- Osserva la Sezione che il sig. * non ha dimostrato con la necessaria evidenza, con riguardo alla attività lavorativa da esso svolta nel periodo di interesse, la sussistenza di tutti gli indici rivelatori del pubblico impiego.

Essi indici, che hanno la esclusiva funzione di determinare la disciplina economica e previdenziale delle prestazioni lavorative di fatto erogate (posto che il rapporto è comunque nullo ed improduttivo di effetti, in quanto instaurato al di fuori dei parametri legislativi che, nel rispetto dell'art. 97, comma 3, della Costituzione, regolano l'accesso al pubblico impiego tramite concorso), consistono, per pacifica e consolidata giurisprudenza, nella natura pubblica dell'Ente datore di lavoro, nella diretta correlazione dell'attività lavorativa prestata con i fini istituzionali perseguiti, nell'effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione dell'Ente, nell'orario predeterminato e assoggettato a controllo, nella retribuzione prefissata e a cadenza mensile, nel carattere continuativo, professionale e prevalente, se non esclusivo, delle prestazioni lavorative effettuate (Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2013, n. 2087) e nella subordinazione gerarchica (Consiglio di Stato, sez. V, 4 dicembre 2012, n. 6177), nel senso che la prestazione del lavoratore deve essere regolata nel suo svolgimento, configurandosi la subordinazione come vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore d'opera al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.

Deve invero convenirsi con il primo giudice che nel caso che occupa non è stata fornita idonea prova che tutti detti requisiti sussistessero, atteso che né da alcuno degli atti di incarico della pulizia locali della Pretura (fino alla adozione della deliberazione della Giunta comunale n. 1235 del 2.8.1994), né dalla convenzione del 6 agosto 1993 n. 3195 (con la quale le parti avevano regolato il loro rapporto ed i reciproci obblighi e diritti, sottoponendo il rapporto alle norme di cui all’art. 2222 del c.c.) può evincersi una chiara ed esplicita volontà di attribuire al rapporto di lavoro in essere modalità di esecuzione proprie del lavoro subordinato (essendo previsto che il lavoratore avrebbe dovuto provvedere a proprie spese a tutto quanto occorrente per l’organizzazione del servizio anche in caso di sua assenza ed essendo stato esplicitamente escluso alcun obbligo di orario, in quanto l’addetto al servizio restava impegnato nei confronti del Comune a svolgere una regolare esecuzione del lavoro, da verificarsi saltuariamente).

In particolare è stato condivisibilmente non ritenuto sussistente dal primo giudice il carattere di esclusività del rapporto, non risultando esclusa da detti atti di incarico e dalla convenzione citata la possibilità, per il lavoratore di cui trattasi, di svolgere attività libero-professionale o dipendente oltre l’incarico di pulizia dei locali della Pretura.

Pure con argomentazioni non scalfite dalle censure contenute nell’atto di appello il ricorrente è stato ritenuto non inserito nell’organizzazione dell’Ente, perché effettivamente tanto non può dedursi dalla natura istituzionale e permanente dei compiti assolti, essendo la sua attività lavorativa, per sua natura ed in via di principio, compatibile con altri tipi di rapporto (anche di natura privatistica).

Non è, invero, idonea a dimostrare il contrario la asserita circostanza che “in alcuni casi” sarebbe stata richiesta disponibilità continua “al di là del numero delle ore stabilite” ed è esclusa la volontà dell’inserimento del lavoratore in questione nell’organizzazione del Comune per le modalità stesse di controllo contenute nella citata convenzione intercorsa tra le parti in data 6 agosto 1993 (in cui, come in precedenza evidenziato, non era previsto obbligo di orario perché l’addetto al servizio restava impegnato alla regolare esecuzione del lavoro nei confronti del Comune, da verificarsi “saltuariamente” da parte del personale comunale, senza quindi forme ordinarie di vigilanza diretta sull’attività lavorativa mediante apposizione delle firme di presenza, ed era esplicitamente affermato che l’incarico era conferito ex art. 2222 del c.c., quindi con contratto d’opera).

Le censure in esame non sono quindi suscettibili di assenso.

9.- Con il terzo motivo d’appello è stato evidenziato che il signor * ha sempre svolto la sua attività all’interno della Pretura di Manfredonia, occupandosi della pulizia di tutti i locali, con attività continua ed ininterrotta per tutto il periodo indicato in ricorso, senza beneficiare di permessi e di ferie, con rapporto di lavoro che avrebbe assunto il carattere della subordinazione.

Erroneamente il primo giudice avrebbe ravvisato l’esistenza di circostanze inconciliabili con una volontà dell’Ente diversa da quella oggettivata nel rapporto di lavoro (con riguardo all’orario di lavoro non prestabilito, all’autonomia organizzativa nell’approntamento dei mezzi necessari all’assolvimento dell’incarico, alla fornitura a carico del prestatore delle risorse occorrenti allo svolgimento del lavoro, anche in caso di temporanea assenza, alla risolvibilità unilaterale del rapporto prima della sua scadenza in caso di inadempienza), essendo stato stravolto, di fatto, il contenuto della convenzione.

9.1.- La Sezione non può condividere le riportate censure, sostanzialmente ripetitive di quelle formulate con i precedenti motivi di appello, per le medesime considerazioni in precedenza svolte circa la non idoneità delle modalità di svolgimento dell’incarico affidato a costituire sufficienti indici rivelatori della sussistenza di un sostanziale rapporto di pubblico impiego continuativo ed ininterrotto.

10.- Con il quarto motivo di gravame è stato asserito che le argomentazioni contenute in sentenza circa il riconoscimento e la formalizzazione di un rapporto di pubblico impiego sarebbero inconferenti perché essi non sarebbero stati mai richiesti, essendo stata attivata la tutela giurisdizionale solo per l’accertamento del diritto alle differenze retributive, rispetto all’originario rapporto convenzionale, per l’attività effettivamente svolta alle dipendenze del Comune di cui trattasi, in base all’art. 2126 del c.c., in rapporto di subordinazione, anche in assenza di atti tipici e tassativi, dovendo essere retribuito in maniera adeguata e proporzionale il lavoro svolto e l’attività effettivamente prestata (in termini di ore di servizio, lavoro straordinario, ferie, oltre a tutti gli elementi suppletivi a tutti coloro di pari qualifica, regolarmente strutturati all’interno dell’Ente).

Incondivisibile sarebbe l’assunto del primo giudice che è preclusa ogni possibilità di integrazione dell’autonomia negoziale delle parti in quanto ciò priverebbe di significato l’art. 2126 del c.c..

Meriterebbe invece censura il comportamento dell’Ente intimato, che avrebbe utilizzato l’attuale appellante in formale esecuzione della stipulata convenzione come un vero e proprio lavoratore subordinato, usufruendo di forza lavoro alle proprie dipendenze con notevole risparmio di spesa.

10.1.- Osserva la Sezione che il T.A.R. ha condivisibilmente asserito che, anche se si aderisse alla prospettazione del ricorrente circa la sussistenza di un rapporto di fatto, comunque esso non avrebbe avuto alcun titolo a percepire differenze retributive in ragione del diverso trattamento economico spettante al personale di ruolo di pari qualifica stabilito dalle norme vigenti nel tempo.

Alla fattispecie è stato ritenuto che trovasse applicazione il primo comma dell’art. 2126, del c. c. che di per sé non dà titolo a percepire una retribuzione superiore a quella prevista nel titolo nullo o annullato né, tanto meno, ad un trattamento economico pari a quello spettante al pubblico dipendente che sia stato legittimamente investito del relativo “status” e nei cui confronti la retribuzione di regime trova causale giustificazione nella assunzione dei doveri d’ufficio.

Secondo il primo giudice in relazione all’attività lavorativa svolta di fatto l’Amministrazione può essere condannata (ex art. 2126, I c., c. c.) al pagamento del corrispettivo stabilito nel titolo affetto da nullità ma non anche al pagamento della retribuzione siccome spettante ai dipendenti di ruolo che svolgano analoghe funzioni (il giudice integrando, altrimenti, con la sua volontà il contenuto di atti che sono espressione d’autonomia negoziale) né alla corresponsione degli oneri previdenziali ed assistenziali.

10.2.- In proposito precisa il Collegio che il ricorrente in primo grado aveva chiesto, previo riconoscimento del rapporto di pubblico impiego a tempo determinato con il Comune, l’accertamento del diritto alle differenze retributive per prestazioni rese in virtù di lavoro subordinato intercorso con il Comune in base a quanto stabilito dal C.C.N.L. per il personale dei Comuni emanato con d.P.R. n. 333/1990, coordinato dai d.P.R. n. 268/1987 e n. 494/1987, con condanna dell’Amministrazione al pagamento delle differenze tra quanto dovutogli per lavoro ordinario, ferie non godute, straordinario, assegni familiari e competenze di fine rapporto e le somme percepite per lavoro ordinario e competenze di fine rapporto, oltre a contributi previdenziali relativi ed accessori.

10.3.- Va osservato che la giurisprudenza amministrativa, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito che il principio della corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e alla quantità del lavoro prestato non trova incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo con altri principi di pari rilievo costituzionale, quali quelli di cui agli artt. 97 e 98 della Costituzione.

Le norme in materia di assunzione del personale degli Enti locali non sono di ostacolo all'applicabilità dell'art. 2126 del c.c. e, quindi, al riconoscimento del diritto del lavoratore, pur non assunto a conclusione di una regolare procedura concorsuale, alle differenze retributive, all'indennità di fine rapporto e alle altre prestazioni contributive e previdenziali, ma tutto ciò soltanto quando risulti comprovata la sussistenza in concreto degli indici che rivelano lo svolgimento di fatto di un rapporto di impiego; in sostanza, al rapporto nullo possono essere connesse le conseguenze di cui all'art. 2126 del c.c. unicamente quando lo stesso, benché costituito senza il rispetto delle modalità di assunzione prescritte, sia assimilabile per il resto al rapporto di lavoro subordinato costituito nelle forme legali, del quale presenti tutti i caratteristici indici rilevatori. (Consiglio di Stato, sez. V, 19 novembre 2012, n. 5848 e 28 maggio 2012, n. 3115).

Non sussistendo nel caso di specie la assimilabilità del lavoro svolto dall’appellante ad un rapporto di lavoro subordinato con il Comune le tesi formulate con il motivo in esame non possono, comunque, essere oggetto di condivisione.

11.- Con il quinto motivo d’appello è stata dedotta l’erroneità dell’avvenuto riconoscimento della sola indennità integrativa speciale relativa al periodo dall’1 settembre 1994 al 29 settembre 1994, in quanto, con riguardo a tale periodo, il Comune, con deliberazione del C.C. n. 1235 del 2.8.1994, ha modificato il rapporto di lavoro da convenzionale a subordinato, il che avrebbe dovuto indurre a riconoscere i caratteri del lavoro subordinato anche al periodo precedente, atteso che nell’arco di tutta l’attività svolta alle dipendenze dell’Ente, l’attuale appellante ha sempre svolto la medesima attività, che sarebbe stata caratterizzata sempre dagli stessi elementi rivelatori di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato.

11.1.- Il Collegio non può accedere ad una interpretazione favorevole della tesi sostenuta dall’appellante, atteso che, a seguito della deliberazione della Giunta comunale di Manfredonia n. 1235/1994, il rapporto di lavoro intercorrente tra il sig. * e l’Ente locale ha subito una radicale trasformazione, perché, come si evince dal tenore di detto provvedimento, con esso è stato deciso di costituire un nuovo rapporto di lavoro a tempo determinato, che solo allora ha assunto i connotati del rapporto di lavoro subordinato, prima insussistenti, con assoggettamento del lavoratore al potere disciplinare, gerarchico ed organizzativo del datore di lavoro con carattere di esclusività.

Nella deliberazione sopra citata non è ravvisabile, infatti, alcun riconoscimento dei caratteri del lavoro subordinato anche alle prestazioni rese dall’appellante nel periodo precedente, che è espressamente qualificato di tipo convenzionale, ed è espresso l’intento di coinvolgere il personale già a rapporto d’opera convenzionale con un rapporto “di disciplina diversa” al fine di rendere efficiente l’attività di cui trattasi e di evitare gravi danni alle persone, alla collettività, ai beni pubblici o di pubblica utilità.

12.- Con il sesto motivo di gravame è stato affermato che dalla formulazione del ricorso introduttivo del giudizio si evincerebbe che il signor * ha percepito solo quanto previsto dalla convenzione, come da buste paga allegate, nel periodi di espletamento del servizio alle dipendenze dell’Ente, senza usufruire delle ferie, con inserimento nella redazione del calcolo per la quantificazione delle differenze stipendiali spettanti anche delle somme relative alle ferie non godute.

La richiesta è stata ritenuta infondata dal primo giudice ma, se è vero che l’onere della prova incombe sulla parte che vuol far valere un diritto in giudizio, tuttavia la differenza era stata richiesta senza che la parte resistente effettuasse contestazioni al riguardo, sicché avrebbe dovuto essere riconosciuta come spettante, come effettuato con riguardo alla I.I.S., in base alla documentazione in atti (buste paga e mod. 101) da cui risulterebbe la mancata fruizione di dette ferie.

12.1.- Osserva la Sezione che il T.A.R. ha al riguardo condivisibilmente sostenuto che al lavoratore assunto a tempo determinato, che non abbia potuto godere delle ferie per fatto spettante al datore di lavoro o per forza maggiore, spetta l’indennità relativa, a condizione che esso fornisca la relativa prova, il che nel caso di specie non è avvenuto.

Considerato il carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall'art. 36 della Costituzione, la loro mancata fruizione deve infatti ritenersi, in mancanza di prova certa circa la sussistenza di una causa non imputabile al lavoratore, conseguenza di una scelta dell'interessato, che impedisce il riconoscimento della richiesta sostituzione con la relativa indennità (Consiglio di Stato, sez. III, 12 febbraio 2013 n. 838), a nulla valendo la mancata contestazione della circostanza da parte dell’Amministrazione, atteso che, secondo i criteri generali, l'onere probatorio si ripartisce esclusivamente facendo riferimento alla posizione processuale, sicché esso resta a carico, rispettivamente, di chi vuole far valere un diritto, ovvero di chi ne contesti l'esistenza, l'estinzione o la modifica, senza nemmeno che a tale difetto di prova possa supplire la valutazione equitativa del giudice (Cassazione civile, sez. lav., 3 febbraio 2005, n. 2144).

Anche quest’ultima censura non può, quindi, trovare accoglimento.

13.- L’appello deve essere conclusivamente in parte accolto, con riguardo al ritenuto intervento della prescrizione per le pretese anteriori alla data del 27 aprile 1994, e respinto nella restante parte, come da motivazione.

14.- Nessuna determinazione può essere assunta in ordine alle spese del giudizio, stante la omessa costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, in parte accoglie ed in parte respinge l’appello in esame, come da motivazione.

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Alessandro Pajno, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/10/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 6.2.2024, n. 1200

Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio - Monday 25 March 2024 09:23:59

Reti di comunicazione elettronica: illegittimo il regolamento comunale che subordinare il rilascio dell’autorizzazione al preventivo deposito di una cauzione

Il Consiglio di Stato con la sentenza in trattazione ha affermato che “Le doglianze dell’appellante sono già state valutate posi...

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 16.2.2024, n. 1574

Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio - Monday 25 March 2024 09:10:58

Impianti di telefonia mobile: per l’installazione la situazione di fatto può far superare il vincolo paesaggistico

“l’esistenza di un vincolo paesaggistico non è sufficiente di per sé a determinare l’incompatibilità di qual...

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.3.2024, n. 2747

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 01 March 2024 12:08:35

AREA FUNZIONI LOCALI - Quesito su modalità di fruizione del periodo di congedo matrimoniale

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 01 March 2024 12:07:30

COMPARTO ISTUZIONE E RICERCA - Quesito su diritto alle ferie e modalità di fruizione delle stesse

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:52:49

COMPARTO ISTRUZIONE E RICERCA- Quesito su fruizione ferie e assenze per malattia

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:51:39

COMPARTO SANITA’ 2019-2021 - Quesito su prestazioni di lavoro straordinario in caso di adesione alla “banca delle ore”. Modalità di fruizione del riposo compensativo e/o pagamento delle ore accantonate.

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:50:24

AREA FUNZIONI LOCALI - Quesito su possibili cause di sospensione delle ferie

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

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