Wednesday 28 May 2014 16:51:15

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

Proroghe degli affidamenti: e' inutile eccepire al giudice che l'eccessiva durata di un procedimento di gara e' diretta a favorire le proroghe dell'originario affidamento in quanto in mancanza di prove l'eccessiva durata non e' un vizio di illegittimità del provvedimento finale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.5.2014

Sebbene sia auspicabile, anche in omaggio ai principi di economicità e speditezza dell’azione amministrazione, che i procedimenti di gara si concludano in tempi ragionevolmente brevi, rileva il Consiglio di Stato come la eccessiva durata di un procedimento di gara non costituisce di per sé un vizio di illegittimità del provvedimento finale dello stesso, salvo che l’eccessiva durata non si accompagni ad altri elementi di fatto indizianti di altre violazioni dei principi di imparzialità, buon andamento, trasparenza, correttezza e di rispetto della par condicio, che nel caso di specie non sono stati neppure dedotti. In tal senso non può essere apprezzabile la circostanza che la durata del procedimento di gara avrebbe ‘favorito’ le proroghe dell’originario affidamento e la conseguente successiva aggiudicazione in suo favore anche dell’appalto in questione, trattandosi di mere affermazioni di principio, sfornite allo stato del benché minimo supporto probatorio, e che in ogni caso, lungi dall’incidere direttamente sulla legittimità del provvedimento impugnato, potrebbe eventualmente dar luogo a responsabilità dei soggetti che tali comportamenti avrebbero posto in essere con le asserite finalità sviate. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento"

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale *del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla EXPRESS S.C. A R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Gianni Zgagliardich, Luigi Manzi e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso l’avv. Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5; 

contro

COMUNE DI TRIESTE, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Oreste Danese, Serena Maria Giraldi e Domenico Vicini, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Vicini in Roma, via Emilio De'Cavalieri, n. 11; 

nei confronti di

LEADER SERVICE SCARL, in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio; "LA COLLINA" Società Cooperativa Onlus, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Gianfranco Carbone e Alessio Petretti, con domicilio eletto presso l’avv. Alessio Petretti in Roma, via degli Scipioni, n. 268/A; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA – TRIESTE, Sez. I, n. 369 del 10 ottobre 2012, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di sorveglianza, biglietteria, bookshop ed assistenza al pubblico di alcuni poli museali ed espositivi;

 

 

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Trieste e di "La Collina" Società Cooperativa Onlus;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2014 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Andrea Manzi, Andrea Reggio D'Aci, Gianni Zgagliardich, Oreste Danese e Alessio Petretti;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Il Comune di Trieste con bando in data 30 maggio 2011 ha indetto una procedura aperta per l’affidamento del servizio di sorveglianza, biglietteria – bookshop ed assistenza al pubblico in alcuni poli museali ed espositivi, della durata di quattro anni, per un importo complessivo di €. 2.291.464,00, oltre €. 2.780,00 per oneri di sicurezza ed I.V.A., da aggiudicarsi col sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 83 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 13, da valutarsi sulla base del parametro del prezzo (massimo 40 punti) e della qualità del servizio (massimo 60 punti, di cui massimo 30 punti per il progetto tecnico – organizzativo per la gestione del servizio e massimo 30 punti per le proposte migliorative del servizio, con la precisazione che per tali due sub – elementi erano previste ulteriori sub criteri e sub punteggi).

Con la determinazione dirigenziale n. 17 del 25 febbraio 2012, l’amministrazione ha poi deciso di non procedere all’aggiudicazione definitiva del servizio in questione alla soc. coop. Express (cui la commissione giudicatrice ha attribuito il punteggio più alto, col verbale del 16 novembre 2011): ciò sulla scorta della relazione in data 23 dicembre 2011 e della successiva nota in data 18 febbraio 2012 del proprio consulente (incaricato con determinazione dirigenziale n. 5294 del 14 dicembre 2011 proprio “della verifica dei contenuti delle offerte economiche presentate dai concorrenti, con prioritario e particolare riferimento all’offerta economica della ditta che ha presentato l’offerta migliore, ai fini di valutarne la correttezza, la completezza e congruità, in riferimento alle previsioni dei documenti di gara e normative e con particolare riferimento al rispetto delle norme sul costo del lavoro tenuto conto dei contratti collettivi di lavoro applicati”), dalle quali sono emersi elementi di perplessità dell’offerta presentata della predetta società, non fugati dalle giustificazioni fornite, in ordine al costo del lavoro (con particolare riferimento alla corretta determinazione dell’IRPEF e dell’IRES, alla tariffa INAIL, alla maggiorazione per il lavoro prestato nei giorni festivi ed all’assorbimento del personale che attualmente svolge il servizio in appalto).

2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia, sez. I, con la sentenza n. 369 del 10 ottobre 2012, nella resistenza dell’intimata amministrazione comunale di Trieste e della s.c.r.l. Leader Service, ha ritenuto legittima quella determinazione dirigenziale, respingendo il ricorso proposto dalla Exspress, imperniato sulla “Violazione dell’art. 3 della L. 241/90. Violazione dei principi di imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, carenza di istruttoria e di motivazione; per la mancata motivazione del perché l’offerta non sia considerata congrua” e sulla “Violazione dell’art. 1 della L. 241/1990. Violazione dei principi di proporzionalità dell’amministrazione amministrativa e di leale collaborazione. Violazione del principio del contraddittorio anche tenuto conto dei principi comunitari. Violazione dell’art. 27, D. Lgs. 163/2006. Eccesso di potere per carenza dei presupposti”.

Dopo aver precisato che le contestazioni relative alla proroga del servizio al precedente gestore (R.T.I. La Collina) ed alla posizione di quest’ultima nella procedura di gara in questione erano inconferenti ed inammissibili, il tribunale ha osservato che i fatti valutati dal consulente dell’amministrazione erano rimasti incontestati, il che esclude la sussistenza dei vizi denunciati, tanto più che non si sarebbe potuto far luogo ad una valutazione complessiva dell’offerta in ragione delle specifiche disposizioni dell’art. 9 (circa l’applicazione delle norme vigenti in materia retributiva, previdenziale, assicurative e antinfortunistica) e degli articoli 28 e 31 (circa l’inderogabilità dei minimi salariali, dei costi e degli utili di impresa) del Capitolato speciale di appalto; d’altra parte, sempre secondo i primi giudici, sussisteva neppure la dedotta violazione delle garanzie partecipativa, giacché l’amministrazione aveva non solo chiesto alla ricorrente opportune giustificazioni in ordine ai segnalati elementi di perplessità scaturenti dall’offerta, ma le aveva adeguatamente valutate e solo successivamente aveva assunto la decisione impugnata.

3. La società Express - con atto di appello notificato il 14 dicembre 2012 - ha chiesto la riforma di tale sentenza, riproponendo sostanzialmente le censure sollevate in primo grado, a suo avviso superficialmente apprezzate, malamente esaminate ed ingiustamente respinte, con motivazione approssimativa e lacunosa, sottolineando poi, a supporto delle proprie tesi difensiva, alcune anomalie dell’intera procedura di gara e soprattutto la sua ‘inusitata ed ingiustificata’ durata.

Ha resistito al gravame il Comune di Triste che ne ha chiesto il rigetto, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza.

L’appellante, dopo aver formulato al Collegio istanza istruttoria di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’A.T.I. La Collina, attuale gestore in proroga del servizio, e di ordinare all’appellato Comune di Trieste di esibire la documentazione relativa al sub – procedimento di anomalia delle offerte presentate dal secondo e dal terzo graduato e di quella relativa alle proroghe del servizio al precedente affidatario, con atto notificato il 22 aprile 2013 ha spiegato motivi aggiunti, deducendo “1. Sul motivo di impugnazione già proposto sub lett. B) dell’atto di appello (pagg. 24 e ss.): violazione dell’art. 97 della Costituzione e del principio generale di necessaria concentrazione e continuità delle operazioni di gara; violazione dell’art. 23, comma 2 della L. 62/2005, nonché dei principi comunitari di tutela della concorrenza, non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità; violazione dell’art. 1418 c.c.”, con riferimento alla sopravvenuta conoscenza dell’ulteriore proroga (la quarta) concessa dall’amministrazione appaltante al precedente affidatario del servizio,

Con altro atto (secondo) per motivi aggiunti, notificato il 5 luglio 2013, l’appellante ha impugnato anche la determinazione dirigenziale n. 1832 del 4 giugno 2013 di aggiudicazione definitiva dell’appalto al R.T.I. La Collina e di tutti gli altri presupposti.

Si è costituita in giudizio il R.T.I. La Collina, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame.

4. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione tutte le parti hanno illustrato puntualmente le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 14 gennaio 2014, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. L’appello è fondato nei sensi appresso indicati.

5.1. Al fine di delimitare esattamente l’ambito della controversia in esame, occorre precisare che essa concerne esclusivamente la legittimità della determinazione dirigenziale n. 17 del 25 febbraio 2012, impugnata in primo grado e ritenuta legittima dai primi giudici, con cui l’amministrazione comunale di Trieste ha stabilito di non procedere all’aggiudicazione definitiva del servizio di sorveglianza, biglietteria – bookshop ed assistenza al pubblico in alcuni poli museali ed espositivi in favore della soc. coop. A r.l. Exspress (cui la commissione giudicatrice aveva attribuito il punteggio più elevato).

Sono pertanto inammissibili i (secondi) motivi aggiunti di appello, notificati il 5 luglio 2013, con cui la parte appellante ha investito la Sezione della legittimità di atti ulteriori (e temporalmente successivi) rispetto a quelli impugnati in primo grado (in particolare, la determinazione dirigenziale n. 1832 del 4 giugno 2013, recante l’aggiudicazione definitiva dell’affidamento di cui si discute al R.T.I. La Collina).

Sul punto va rilevato che l'art. 104, comma 3, c.p.a., laddove ammette la proposizione nel processo amministrativo di motivi aggiunti in appello qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado e da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati, ha in realtà codificato il pregresso orientamento giurisprudenziale, a mente del quale era consentita la proposizione di motivi aggiunti in grado d'appello al solo fine di dedurre ulteriori vizi degli atti già censurati in primo grado e non anche nella diversa ipotesi in cui con essi s'intende impugnare nuovi atti sopravvenuti alla sentenza di primo grado (Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2013, n. 5542; 29 agosto 2008, n. 4315); ciò del resto è pienamente coerente col principio processuale del doppio grado di giudizio, che altrimenti risulterebbe inammissibilmente violato.

5.2. Ciò chiarito, la Sezione rileva che esigenze logico - sistematiche e di chiarezza espositiva suggeriscono di esaminare innanzitutto le doglianze contenute nel secondo motivo di gravame e nell’unico motivo del (primo) ricorso per motivi aggiunti: nessuna di esse può essere accolta.

5.2.1. Quanto alla prima doglianza, con la quale la società appellante ha lamentato che i primi giudici avrebbero ingiustamente e sbrigativamente ritenuto corretto l’operato dell’amministrazione appaltante concretizzatosi nel provvedimento impugnato, senza invece tener conto che erano state macroscopicamente violate le fondamentali garanzie partecipative ed il principio di leale collaborazione, non essendo stato giammai instaurato il doveroso contraddittorio (orale) che le avrebbe consentito di confutare, al di là di ogni ragionevole dubbi, le ingiustificate ed infondate perplessità sulla propria offerta manifestate dal consulente (ciò tanto più che non era stato mai formalizzato un giudizio negativo (complessivo) sull’inadeguatezza, incongruità ed inaffidabilità dell’offerta stessa), la Sezione deve osservare che, come del resto emerge dalla documentazione versata in atti, l’attività dell’amministrazione è stata improntata al pieno rispetto del contraddittorio e come tale non merita censure.

Risulta infatti, dalla nota prot. corr. N. 20° - 11/3/37/37 – 11 del 18 gennaio 2012, che l’amministrazione, facendo peraltro seguito ad una propria precedente nota del 14 dicembre 2011 ed al sollecito riscontro della stessa da parte della società appellante, ha effettivamente chiesto a quest’ultima di fornire (entro dieci giorni dal ricevimento) “le proprie osservazioni/controdeduzioni eventualmente corredate da documenti” su alcune incongruenze e perplessità che erano emerse dall’esame dell’offerta proposta, con l’espressa avvertenza che “la mancanza di tali osservazioni/controdeduzioni, ovvero la mancanza delle stesse costituirà elemento ostativo all’aggiudicazione definitiva”.

La circostanza che all’esito della presentazione di tali osservazioni/controdeduzioni, fornite con la documentata nota del 28 gennaio 2012 ed esaminate dal consulente dell’amministrazione, quest’ultima non abbia poi convocato la società concorrente per l’ulteriore confutazione del parere del proprio consulente non può essere di per sé considerata una violazione della garanzie partecipative e tanto meno del principio di leale collaborazione cui devono essere improntati i rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino/impresa: la società concorrente è stata infatti messa nelle condizioni per interloquire con l’amministrazione e rappresentare il proprio punto di vista sulle perplessità manifestate dal consulente dell’amministrazione e non può considerarsi illegittimo un provvedimento amministrativo per il solo fatto che esso non abbia recepito ed accolto, in tutto o anche in parte, le osservazioni o le controdeduzioni fornite dall’interessato.

D’altra parte, un obbligo di instaurare il contraddittorio orale ai fini della legittimità di un provvedimento amministrativo, come espressamente invocato dalla società appellante, non si rinviene espressamente né nell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, né nell’art. 27 del D. Lgs. n. 163 del 2006, disposizioni che impongono piuttosto il rispetto dei più generali principi di imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, oltre che di economicità ed efficienza, che, come già accennato, non risultano lesi dal (procedimento svolto e dal successivo) provvedimento impugnato.

5.2.2. Quanto alla censura formulata con il (primo) ricorso per motivi aggiunti, deve osservarsi che, sebbene sia auspicabile, anche in omaggio ai principi di economicità e speditezza dell’azione amministrazione, che i procedimenti di gara si concludano in tempi ragionevolmente brevi, la eccessiva durata di un procedimento di gara non costituisce di per sé un vizio di illegittimità del provvedimento finale dello stesso, salvo che l’eccessiva durata non si accompagni ad altri elementi di fatto indizianti di altre violazioni dei principi di imparzialità, buon andamento, trasparenza, correttezza e di rispetto della par condicio, che nel caso di specie non sono stati neppure dedotti.

In tal senso non può essere apprezzabile la circostanza che la durata del procedimento di gara avrebbe ‘favorito’ le proroghe dell’originario affidamento e la conseguente successiva aggiudicazione in suo favore anche dell’appalto in questione, trattandosi di mere affermazioni di principio, sfornite allo stato del benché minimo supporto probatorio, e che in ogni caso, lungi dall’incidere direttamente sulla legittimità del provvedimento impugnato, potrebbe eventualmente dar luogo a responsabilità dei soggetti che tali comportamenti avrebbero posto in essere con le asserite finalità sviate.

5.3. Merita invece accoglimento il primo motivo dell’appello principale, con cui, riproponendo la censura sollevata in primo grado, la società Exspress ha sostenuto che il provvedimento impugnato era affetto da “Violazione dell’art. 3 della L. 241/1990. Violazione dei principi di imparzialità, trasparenza, proporzionalità. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, carenza di istruttoria e di motivazione”.

5.3.1. In realtà, come emerge dal suo esame, la determinazione dell’amministrazione di non procedere all’aggiudicazione definitiva del servizio oggetto della gara di appalto in favore della predetta società Exspress (la cui offerta aveva conseguito il miglior punteggio da parte della commissione giudicatrice) è qualificabile come una esclusione dalla gara per inaffidabilità o incongruità dell’offerta presentata, fondata sulle perplessità manifestate dal consulente dell’amministrazione in ordine al costo del lavoro esposto nella predetta offerta, in particolare quanto alla determinazione IRAP/IRES, alla tariffa INAIL, alla maggiorazione per il lavoro compiuto nei giorni considerati e all’assorbimento del personale attualmente impiegato nello stesso servizio, non superate dalle giustificazioni fornite.

Sennonché, fermo restando che non può ragionevolmente dubitarsi della legittimità della determinazione assunta dall’amministrazione appaltante di affidare la valutazione delle offerte presentate ad un consulente di propria fiducia (determinazione nei cui confronti peraltro non sono state sollevati specifici mezzi di censura, del tutto inammissibili, oltre che irrilevanti ed ininfluenti, essendo le considerazioni svolte circa la singolarità della scelta del consulente e l’imputazione della relativa spesa, questione quest’ultima che comunque potrebbe integrare una ipotesi di irregolarità e non di invalidità dell’atto), la Sezione osserva che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo per discostarsi, l’offerta deve essere valutata nella globalità dei servizi e delle prestazioni a questi riferibili, non rilevando (ai fini della verifica della anomalia) che lo svolgimento di un servizio di non rilevante entità, rispetto al complesso di quelli offerti, sia offerto sottocosto, in quanto compensabile con quanto ricavato dallo svolgimento degli altri servizi (caso di offerta di servizio in cui i costi medi della manodopera si discostano in modo enorme da quelli individuati dal decreto ministeriale sul costo del lavoro, Cons. St., sez. V, 14 giugno 2013, n. 3314).

D’altra parte, ai sensi dell'art. 86, del d.lg. n. 163 del 2006, i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali non costituiscono un limite inderogabile, ma semplicemente un parametro di valutazione della congruità dell'offerta sotto tale profilo, con la conseguenza che l'eventuale scostamento da tali parametri delle relative voci di costo non legittima ex se un giudizio di anomalia, potendo essere accertato quando risulti puntualmente e rigorosamente giustificato (Cons. St., sez. VI. 22 marzo 2013, n. 1633; 29 maggio 2012, n. 3226)

Con particolare riguardo alla questione del costo del lavoro, è stato anche affermato che un’offerta non può essere ritenuta senz'altro anomala e comportante l'automatica esclusione dalla gara per il solo fatto che il costo del lavoro sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali, giacché queste ultime non costituiscono parametri inderogabili, ma solo indici del giudizio di congruità; così che - ai fini del giudizio di anomalia dell'offerta - è necessario che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata (Cons. St., sez. IV, 23 luglio 2012, n. 4306), purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva (Cons. St., sez. III, 28 maggio 2012, n. 3134).

5.3.2. Alla luce di tali consolidati principi effettivamente la impugnata determinazione dell’amministrazione appaltante risulta affetta dai vizi indicati, atteso che l’esclusione dalla gara si fonda esclusivamente sulla ravvisata incongruità dei costi del lavoro e sulla sostanziale inaffidabilità, sotto questo solo profilo, dell’offerta della società appellante, non essendo stata invece effettuata la necessaria valutazione complessiva della eventuale anomalia dell’offerta, verificando cioè, anche alla luce della giustificazioni, osservazioni e controdeduzioni fornite dalla società interessata, se le discordanze concernenti i costi del lavoro, ancorché in assoluto di per sé non giustificabili, potessero in concreto trovare giustificazioni o compensazioni in altri voci dell’offerta proposta.

Né sul punto può essere condivisa l’argomentazione difensiva dell’amministrazione comunale secondo cui nel caso di specie, trattandosi di un appalto escluso dall’applicazione della normativa del codice dei contratti pubblici, non poteva trovare ingresso la procedura di verifica dell’anomalia dell’offerta.

Sul punto la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare che sebbene, ai sensi degli artt. 17 e 27 del d.lgs. n. 163 del 2006, la procedura riguardante la verifica dell'anomalia dell'offerta non sia obbligatoria quando questa ha per oggetto contratti esclusi, tuttavia la stessa è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, la cui determinazione è sindacabile in sede giurisdizionale se microscopicamente irragionevole (Cons. St., sez. IV, 4 giugno 2013, n. 3059): nel caso in esame, come emerge dall’esame del disciplinare di gara, l’amministrazione appaltante aveva effettivamente previsto lo svolgimento della procedura di verifica dell’anomalia dell’offerta (con ciò autovincolandosi), non essendo attribuibile diverso significato alla disposizione riportata nella pag. 13 del predetto disciplinare, a proposito del contenuto della busta C, secondo cui “Al fine della verifica dell’anomalia, ciascun concorrente dovrà indicare, in sede di offerta e per ciascun servizio, la composizione del prezzo orario, il quale dovrà tener conto dell’inderogabilità dei minimi salariali previsti dai contratti collettivi di lavoro, dei costi e degli utili di impresa”.

Del resto, significativamente la stessa ricordata previsione del disciplinare di gara esclude anch’essa che il solo discostarsi dell’offerta quanto al costo del lavoro dai minimi inderogabili salariali previsti dai contratti collettivi di lavoro determini automaticamente l’inaffidabilità dell’offerta e giustifichi un automatico giudizio di anomalia.

A ciò consegue l’illegittimità del provvedimento impugnato, non già per essere fondato sulle osservazioni del consulente dell’amministrazione, ma per il fatto che è mancata la valutazione dell’offerta nel suo complesso, essendosi la valutazione dell’amministrazione fermata alla riscontrata incongruità ed inaffidabilità degli esposti costi del lavoro, senza verificare se i discostamenti degli stessi dalle tariffe minime inderogabili potesse trovare una giustificazione (ed un’eventuale compensazione) nella globalità dell’offerta presentata.

5.3.2. L’annullamento del provvedimento impugnato, oltre a determinare l’automatica illegittimità di tutte le ulteriori fasi della procedura già espletate e degli eventuali provvedimenti adottati, impone all’amministrazione di riavviare il procedimento amministrativo proprio dalla fase di valutazione dell’eventuale anomalia dell’offerta presentata dall’appellante: ciò comporta peraltro il rigetto delle domande risarcitorie già proposte in primo grado, sia di quella di subentro nel contratto stipulato con altro concorrente, sia di quella risarcitoria, non essendovi alcuna certezza in ordine alla posizione di aggiudicataria della predetta soc. Express.

6. Alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello principale ed il primo ricorso in appello per motivi aggiunti devono essere accolti nei sensi di cui in motivazione; devono essere invece dichiarati inammissibili i motivi di appello spiegati col secondo ricorso per motivi aggiunti.

Per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso proposto in primo grado con annullamento del provvedimento impugnato, nei sensi indicati in motivazione, con rigetto della domanda risarcitoria.

Le spese dei due gradi seguono la soccombenza e sono liquidate a carico dell’amministrazione comunale appellata come in dispositivo, mentre sono compensate quelle tra l’appellante e le altre parti del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello principale n. 9281 del 2012 e sul primo ricorso in appello per motivi aggiunti proposti dalla soc. coop. a r.l. Exspress avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia, sez. I, n. 369 del 10 ottobre 2012, li accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato in primo grado, nei sensi di cui in motivazione.

Dichiara inammissibili i motivi di gravame spiegati con il secondo ricorso per motivi aggiunti; respinge la domanda risarcitoria.

Condanna il Comune di Trieste al pagamento in favore dell’appellante delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate complessivamente in € 6.000,00 (seimila), oltre gli accessori di legge e alla restituzione dell’importo del contributo unificato per i due gradi di giudizio.

Dichiara compensate le spese tra le altre parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Luigi Maruotti, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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