Saturday 27 July 2013 08:12:20

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Abusi edilizi: le differenze tra difformità totali, variazioni essenziali e difformità parziali anche ai fini dell'adozione dell'ordinanza di demolizione

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti

Per consolidata giurisprudenza, (Cons. St. Sez. IV, 27.11.1010, n. 8260; 10.4.2009, n.2227, Sez. V, 21.3.2011, n. 1726), a norma degli articoli 31 e 32 DPR n. 380/2001, si verificano difformità totale del manufatto o variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, allorché i lavori riguardino un'opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, mentre si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *** del 2011, proposto da:

Basilio Vitanza, e Pasqua Cuffari, entrambi rappresentati e difesi dagli avv. Ludovico Villani e Roberto Damonte, con domicilio eletto presso Ludovico Villani in Roma, via Asiago, 8/2;

 

contro

Comune di Dolceacqua; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 00169/2011, resa tra le parti.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 aprile 2013 il Cons. Francesca Quadri e udito per la parte appellante l’avvocato Ludovico Villani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

I ricorrenti, titolari di un permesso di costruzione rilasciato dal Comune di Dolceacqua per lavori di sistemazione, tra cui la realizzazione di solaio piano con altezza interna di ml 2,00, hanno proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per l’annullamento del diniego di accertamento di conformità ex art. 36 del DPR n. 380/2001 (nota prot. n. 5878 del 16.9.2008), su istanza presentata a seguito della constatazione, da parte dell’Ufficio tecnico comunale, della difformità del solaio realizzato, inclinato anziché piano e con un’altezza media di ml 2,50, rispetto ai ml 2 del progetto autorizzato.

Avverso la successiva ordinanza di demolizione del solaio in data 3 novembre 2008, i ricorrenti hanno presentato ricorso al Tar Liguria nonché, in data 25 gennaio 2009, nuova istanza di accertamento di conformità ai sensi della Legge della Regione Liguria n. 16/2008, nuovamente respinta con provvedimento del 9 ottobre 2009, avverso il quale gli interessati hanno presentato motivi aggiunti.

Con sentenza n. 169 del 28 gennaio 2011, il Tar ha in parte dichiarato inammissibile il ricorso in relazione alle censure in via derivata dai vizi dedotti con ricorso straordinario contro il primo diniego di accertamento di conformità, per violazione del principio di alternatività, ed in parte lo ha respinto, considerando il manufatto un organismo edilizio diverso per caratteristiche planovolumetriche da quello autorizzato e, dunque, realizzato in totale difformità dal permesso di costruire e, comunque, comportante variazioni essenziali ex art. 44, comma 5 L.R. n.16/2008, ricadendo l’immobile in area sottoposta a vincolo paesaggistico, sanzionate con la demolizione. Ha altresì respinto i motivi aggiunti, osservando che la sanzione della demolizione sarebbe conseguenza della rilevata alterazione sotto il profilo paesaggistico, senza bisogno di motivazione circa la comparazione degli opposti interessi.

Hanno proposto appello gli interessati, assumendo che erroneamente il primo giudice avrebbe considerato efficace l’ingiunzione a demolire , pur essendo stato attivato il procedimento di accertamento della conformità delle opere, che avrebbe determinato l’improcedibilità del gravame.

Da riformare sarebbe la sentenza di primo grado anche riguardo alla declaratoria di inammissibilità dei primi due motivi, diretti- diversamente da quanto ritenuto dal Tar- a censurare l’ordinanza di demolizione per vizi propri, attinenti alla carenza di motivazione, ed alla reiezione degli ulteriori motivi, con i quali si era prospettata la violazione dell’art. 7 l. n. 241/1990 ed il difetto di motivazione. Sarebbe, infatti, da considerare irrilevante la modifica dell’inclinazione del solaio , realizzata al fine di favorire lo scorrimento delle acque, non provocando tale modifica le pretese alterazioni del paesaggio e non creando alcun aumento volumetrico, stante la preesistenza dei muri su cui poggia il solaio, atti a creare il vuoto tecnico. Di conseguenza, erroneamente il Tar avrebbe ritenuto legittimamente applicato alla fattispecie l’art. 45 della L.R. n. 16/2008, che si riferisce esclusivamente agli interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire o con variazioni essenziali, mentre l’intervento avrebbe dovuto essere sanzionato ai sensi dell’art. 47 della medesima legge regionale, che comporta , per gli interventi in difformità, la sola sanzione pecuniaria.

All’udienza del 30 aprile 2013, in vista della quale la parte appellante ha presentato memoria, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Si può prescindere dal preliminare esame del motivo d’appello con cui si sostiene l’improcedibilità del ricorso di primo grado, a seguito della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità (peraltro sfociato nel diniego impugnato con motivi aggiunti), attesa la fondatezza dell’appello nei termini che seguono.

2. Sempre in rito, parzialmente fondato deve ritenersi il motivo con cui gli appellanti obiettano che le prime due doglianze avanzate contro l’ordinanza di demolizione, sebbene identiche a quelle già formulate con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica per l’annullamento del diniego di accertamento di conformità del 16.9.2008, sarebbero state avanzate, oltre che come vizi in via derivata, anche come vizi propri dell’ordinanza di demolizione.

In effetti, ciò si evince dalla lettura del ricorso di primo grado, i cui primi due motivi riguardano non solo vizi di illegittimità derivata , inammissibili per violazione del principio di alternatività, ma anche vizi propri dell’ordinanza di demolizione, come tali ammissibili.

3. Venendo all’esame di tali motivi, si rileva che essi appaiono, in ogni caso, strettamente connessi a quelli, rubricati sub 2) e 3), relativi alla falsa applicazione dell’art. 45 e dell’art. 56 L.R. n.16/2008, nonché al difetto di istruttoria e motivazione, congiuntamente ai quali possono dunque essere esaminati.

4. Parte appellante sostiene che erroneamente il Tar avrebbe considerato la modifica apportata al solaio alla stregua di un intervento realizzato in totale difformità dal permesso di costruire, senza valutare che l’inclinazione sarebbe stata conseguenza della necessità di favorire lo scorrimento delle acque piovane, che la stessa non apporta alcuna alterazione allo stato dei luoghi, non determina un aumento volumetrico dal momento che il solaio è poggiato su entrambi i muri preesistenti, non è in contrasto con alcuna previsione del piano regolatore generale e che, conseguentemente, sia l’ordinanza di demolizione che il diniego di sanatoria sarebbero sprovvisti di adeguata motivazione e non supportati da sufficiente istruttoria.

5. Il ragionamento del Tar, in accoglimento della tesi del Comune, poggia sulla considerazione che l’intervento di modifica dell’inclinazione del solaio costituisce difformità totale rispetto al progetto assentito dall’amministrazione comunale e che, ove anche costituisse difformità parziale, essa dovrebbe essere considerata alla stregua di una variazione essenziale ai sensi dell’art. 44, comma 5 L. R. 16/2008, ricadendo l’area in vincolo paesaggistico per la vicinanza del torrente Barbaira, con la conseguenza che , ai sensi dell’art. 45 della stessa legge regionale, dovrebbe applicarsi la sanzione demolitoria, senza alcuna particolare motivazione in ordine alla prevalenza dell’interesse pubblico rispetto a quello alla conservazione del manufatto.

Del pari, non esigerebbe alcuna particolare motivazione il diniego di accertamento di conformità dell’intervento, data la presenza del vincolo che esime l’amministrazione da qualsiasi comparazione tra l’interesse pubblico e quello alla conservazione del manufatto.

6. L’appello è fondato.

Occorre, in punto di fatto, rilevare che l’intervento è consistito nella “realizzazione di solaio latero-cementizio inclinato posto a copertura di vuoto tecnico che risulta avere un’altezza media interna pari a ml 2,50 in luogo delle opere autorizzate consistenti nell’esecuzione di solaio piano con altezza interna pari a ml 2,00.”

7. Ai sensi di una consolidata giurisprudenza, (Cons. St. Sez. IV, 27.11.1010, n. 8260; 10.4.2009, n.2227, Sez. V, 21.3.2011, n. 1726), a norma degli articoli 31 e 32 DPR n. 380/2001, si verificano difformità totale del manufatto o variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, allorché i lavori riguardino un'opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, mentre si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera.

8. La legge regionale della Liguria n. 16/2008 individua specificamente, all’art. 44, l’entità delle variazioni essenziali,indicando, quantitativamente e qualitativamente, gli interventi ivi ricompresi.

9. Riguardo alla natura dell’intervento in specie sanzionato (inclinazione del solaio con conseguente innalzamento verso un lato), verrebbero dunque in rilievo, quali casi di totale difformità, quelli di aumento consistente di volumetria o rilevante inosservanza degli indici di altezza massima, tali da alterare sostanzialmente l’opera mentre potrebbero essere considerate variazioni essenziali solo quelle indicate dall’art. 44 L.R. n. 16/2008, con la sola estensione alle variazioni di misura inferiore (art. 44, comma 5), ricadendo il manufatto in zona vincolata ex lege per la presenza, nei pressi, di un torrente.

10. Tuttavia, l’innalzamento parziale del solaio, nella misura minima volta a conferirgli un’inclinazione tesa a facilitare lo scorrimento delle acque meteoriche, non rientra in nessuna tipologia delle difformità totali, come sopra indicate, non comportando, attesa la sua entità, una snaturazione , per conformazione o struttura, dell’opera autorizzata, ma solo un accorgimento tecnico necessario ad evitare inconvenienti di comune esperienza collegati agli eventi meteorici. A riguardo, va osservato che, in disparte la censura dell’appellante riguardo all’erroneità della misurazione interna, l’amministrazione non ha mai contestato la natura di vuoto tecnico dello spazio sottostante, dal che si evince che il manufatto non ha minimamente mutato la sua conformazione o destinazione in virtù del parziale innalzamento.

11. Peraltro, nessuna delle modifiche qualitative e quantitative indicate all’art. 44 della legge regionale n. 16/2008 risulta dal provvedimento, che si limita a definire l’intervento come “abuso edilizio eseguito in area sottoposta a vincolo paesistico…..ai sensi dell’art. 44, comma 5 della L.R. 6.6.2008, n. 16 (Variazione essenziale da permesso di costruire)”, senza indicare le ragioni per le quali tale abuso rivestirebbe le caratteristiche della variazione essenziale da permesso di costruire.

Il provvedimento difetta, invero, sotto tale ulteriore profilo (considerato dal Tar dirimente) di adeguata motivazione, tenuto conto che la disposizione richiamata si limita a prevedere che interventi di consistenza inferiore alle misure indicate alle lett. b) e c) del comma 2, qualora effettuati su edifici sottoposti a vincolo storico-artistico, architettonico, archeologico, paesistico ambientale nonché sulle aree ricadenti nei parchi e nelle riserve naturali, costituiscono variazioni essenziali, ma non esonera l’amministrazione dall’obbligo di istruttoria e di motivazione allo scopo di rendere palese all’interessato a quale di dette tipologie l’abuso apparterrebbe.

Fondato è, allora, il rilievo dell’appellante riguardo all’erroneità del rigetto da parte del primo giudice del motivo relativo al difetto di motivazione e di istruttoria, non valendo il mero richiamo all’art. 44, comma 5 (contenuto nell’ordinanza di demolizione), bensì essendo richiesta, ai fini della legittimità dell’ordinanza, l’indicazione degli elementi dai quali possa evincersi la riconduzione della modifica realizzata al solaio ad una delle fattispecie di cui alla lett. b) o c) del comma 2 dell’art. 44, anche se in misura inferiore a quella ivi indicata.

12. Da accogliersi è, altresì, il motivo di appello rivolto contro il capo della sentenza con cui sono stati rigettati i motivi aggiunti avverso il successivo diniego di accertamento di conformità della modifica realizzata alle norme urbanistiche vigenti.

Anche a questo riguardo, il diniego appare inadeguatamente motivato, dal momento che avrebbero dovuto essere espresse le ragioni dell’incompatibilità con i valori paesaggistici presenti nella zona, e, conseguentemente, della ritenuta necessità dell’esigenza della demolizione e dell’insufficienza della sanzione pecuniaria (Cons. St. Sez. VI, 12.2.2008, n. 460, Sez. V, 2.2.2009, n. 566).

Quanto condivisibilmente affermato dal primo giudice in ordine alla preminenza dell’interesse pubblico alla demolizione del manufatto abusivo riconosciuto in contrasto con le prescrizioni del vincolo paesaggistico non vale, infatti, a superare la necessità per l’amministrazione di adeguatamente esporre le ragioni per cui la modifica rispetto all’intervento costruttivo già autorizzato, anche sotto il profilo paesaggistico, per le modalità e le caratteristiche di realizzazione (nella specie, pendenza del solaio ) rappresenti un pregiudizio per il valore paesaggistico tutelato attraverso il vincolo, non essendo sufficiente a tale scopo il riferimento al profilo del terreno ed alla generica “modifica sostanziale allo stato dei luoghi”.

Non risultano, invero, adeguatamente confutate le controdeduzioni degli interessati in ordine alla non percepibilità da nessun punto di visuale del manto di copertura, che costituisce elemento decisivo ai fini della valutazione di ogni conseguenza che dalla realizzazione dell’opera derivi all’integrità del paesaggio, nella percezione visiva dei valori che esso esprime (Cons. St. 26.3.2013, n. 1674); né è stato giustificato l’asserito aumento volumetrico, a fronte della non contraddetta circostanza che nessun innalzamento dei muri di appoggio del solaio sarebbe stato realizzato. Appare allora non supportata da sufficiente motivazione ed istruttoria l’affermazione , contenuta nel parere della Commissione edilizia integrata cui si rifà il provvedimento impugnato e condivisa dal Tar, secondo cui vi sarebbe un’ alterazione dello stato dei luoghi in contrasto con il regime di mantenimento delle norme tecniche di attuazione del P.T.C.P.

13. L’accoglimento, nei suesposti termini, dell’appello rende superfluo l’esame dell’ulteriore motivo attinente il mancato accertamento della violazione dell’art. 7 l. n. 241/90, che comporta l’obbligo di assicurare garanzie partecipative, peraltro assolto tramite la notificazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori, suscettibile di assumere tale natura (Cons. St. 27.1.2006, n. 399).

15. Dall’accoglimento del gravame consegue, in riforma della sentenza di primo grado, l’annullamento dell’ordinanza di demolizione del 3 novembre 2008 e del diniego in data 9 ottobre 2009, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.

16. E’, invece, da respingere la domanda di risarcimento del danno , non essendovi prova di alcun pregiudizio, non essendo stata portata ad esecuzione l’impugnata ordinanza.

17. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie come da motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati con il ricorso di primo grado ed i motivi aggiunti.

Condanna il Comune di Dolceacqua al pagamento delle spese del doppio grado, che liquida in euro 2.500,00 (duemilacinquecento).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Marzio Branca, Presidente FF

Raffaele Potenza, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere, Estensore

Andrea Migliozzi, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

G.A. Luglio 2013

 

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