Sunday 22 May 2016 11:12:45

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

Revocazione: l'errore di fatto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 13.5.2016 n. 1938

L'errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4, c.p.c., deve rispondere a tre requisiti: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, ritenendo così esistente un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa ( cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 14/5/2015, n. 2431 e 26 agosto 2015, n. 3993). L'errore deve, inoltre, apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. St., sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6006).Pertanto, mentre l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale - senza coinvolgere la successiva attività d'interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento, così che rientrano nella nozione dell'errore di fatto di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c. i casi in cui il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo ( Cons. Stato, Sez. III, 24/5/2012, n. 3053 ) - esso, invece, non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto od incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo semmai ad un ipotetico errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione, la quale altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado del giudizio, non previsto dall'ordinamento ( Cons. Stato, Sez. III, 8/10/2012, n. 5212; Sez. IV, 28/10/2013, n. 5187; Sez. V, 11/6/2013, n. 3210; Sez. VI, 2/2/2012, n. 587; Cass. Civ., Sez. I, 23/1/2012, n. 836; Sez. II, 31/3/2011, n. 7488 ).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 01938/2016REG.PROV.COLL.

N. 01965/2012 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1965 del 2012, proposto da: 
*appresentato e difeso dall'avvocato Gennaro Contardi, con domicilio eletto presso il medesimo difensore Gennaro Contardi in Roma, Via A. Caroncini, 6; 

contro

Comune di San Felice Circeo, non costituito in questo grado; 

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 6401/2011, resa tra le parti, concernente demolizione opere abusive e risarcimento dei danni

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2016 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e udito per il ricorrente l’avvocato Contardi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.- * impugna con ricorso per revocazione la sentenza di questo Consiglio di Stato 6 dicembre 2011 n.6401 che ha dichiarato inammissibile l’appello dallo stesso proposto avverso la sentenza del T.a.r. del Lazio n. 398 del 2009, reiettiva di due distinti ricorsi proposti dall’odierno ricorrente rispettivamente avverso l’ordine di demolizione n.255 del 22 novembre 1997 ed il diniego di condono 24 novembre 1998, adottati dal Comune di San Felice Circeo in relazione ad un manufatto realizzato sine titulo da esso ricorrente.

Il ricorrente assume la erroneità della impugnata sentenza che a suo dire sarebbe affetta da errore di fatto revocatorio consistente nel non aver ritenuto implicitamente riproposti in appello i motivi di primo grado assorbiti nella sentenza di primo grado.

Di qui la richiesta di revocazione della impugnata sentenza e di accoglimento, in sede di giudizio rescissorio, delle ragioni già fatte valere dall’appellante a sostegno della illegittimità degli atti in primo grado impugnati.

All’udienza pubblica del 28 aprile 2016 il ricorso è stato trattenuto per la sentenza.

2.- Il ricorso per revocazione in esame è inammissibile. 

3.- Va premesso, in punto di diritto, che l'errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4, c.p.c., deve rispondere a tre requisiti: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, ritenendo così esistente un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa ( cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 14/5/2015, n. 2431 e 26 agosto 2015, n. 3993). L'errore deve, inoltre, apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. St., sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6006).Pertanto, mentre l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale - senza coinvolgere la successiva attività d'interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento, così che rientrano nella nozione dell'errore di fatto di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c. i casi in cui il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo ( Cons. Stato, Sez. III, 24/5/2012, n. 3053 ) - esso, invece, non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto od incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo semmai ad un ipotetico errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione, la quale altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado del giudizio, non previsto dall'ordinamento ( Cons. Stato, Sez. III, 8/10/2012, n. 5212; Sez. IV, 28/10/2013, n. 5187; Sez. V, 11/6/2013, n. 3210; Sez. VI, 2/2/2012, n. 587; Cass. Civ., Sez. I, 23/1/2012, n. 836; Sez. II, 31/3/2011, n. 7488 ).

Alla luce dei consolidati principi di diritto poc'anzi illustrati, deve escludersi che nel caso di specie si rinvengano gli elementi tipici dell'errore di fatto che giustificano e legittimano la proposizione del ricorso per revocazione.

4.- Con la sentenza qui impugnata per revocazione, la quarta Sezione di questo Consiglio di Stato è pervenuta alla declaratoria di inammissibilità dell’appello sul preliminare rilievo ( non affetto da errore di fatto) secondo cui il provvedimento di diniego di condono censurato in primo grado si reggeva su un triplice presupposto (le opere non erano state ultimate alla data del 31 dicembre 1993 -termine ultimo per beneficiare del “condono”-; la costruzione era stata realizzata in area boschiva volontariamente danneggiata con conseguente preclusione del condono ex articolo 2, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; l’opera era stata realizzata in area gravata, in base al P.R.G. comunale vigente sin dal 1980, da vincolo di inedificabilità assoluta).

A tale rilievo il giudicante ha fatto seguire l’osservazione che il giudice di primo grado ha preso in esame – respingendole- unicamente le doglianze volte a censurare il primo degli elementi considerati ostativi dall’amministrazione comunale (quello, cioè, relativo alla omessa prova circa la data di ultimazione dell’opera), con assorbimento delle doglianze relative alle ulteriori condizioni di inammissibilità del condono.

Ora, poiché la parte qui ricorrente ha censurato in appello soltanto il richiamato capo della sentenza di primo grado senza tuttavia riproporre, neanche con memoria e neanche con dichiarazione resa in udienza, i motivi di censura avverso gli ulteriori profili reiettivi sottesi al diniego di condono impugnato, il Collegio ha ritenuto coerentemente – con la sentenza qui gravata - la inammissibilità della impugnazione. 

Ed invero, per un verso nessun giovamento l’appellante avrebbe potuto trarre dall’eventuale accoglimento dell’appello atteso che, anche laddove – in accoglimento dell’impugnazione –fosse venuto meno il supporto motivazionale incentrato sulla data di completamento delle opere, il provvedimento impugnato si sarebbe validamente sorretto sugli ulteriori due presupposti ostativi . Per altro verso, l'esame dei motivi assorbiti in primo grado è consentito al giudice di appello solo se interviene un'apposita iniziativa della parte interessata che li richiami espressamente, atteso che l'onere di riproposizione dei motivi rimasti assorbiti dalla sentenza impugnata esige, per il suo rituale assolvimento, che la parte appellata indichi specificamente le censure che intende devolvere alla cognizione del giudice di secondo grado, all'evidente fine di consentire a quest'ultimo una compiuta conoscenza delle relative questioni ed alle controparti di contraddire consapevolmente sulle stesse.

Il Collegio condivide le ragioni sottese alla statuizione di inammissibilità della sentenza qui impugnata, scevre da errori di fatto e condivisibili sul piano giuridico; ma, ancor prima, ritiene di dover disattendere per inammissibilità il ricorso per revocazione all’esame, attraverso il quale parte ricorrente pretenderebbe di veder riesaminati ( in ragione della loro implicita riemersione) i motivi assorbiti nella decisione di primo grado e non riproposti in appello. 

Si ripete, tale pretesa, prima che infondata per le già indicate ragioni, è inammissibile, posto che il ricorso per revocazione proposto per supposto errore di fatto non è lo strumento processuale idoneo ad emendare una sentenza eventualmente affetta ( ciò che nel caso di specie si nega) da errore di diritto ( nella cui categoria andrebbe al più annesso il deliberato – e quindi non meramente casuale - mancato esame di motivi assorbiti nella sentenza di primo grado, in quanto non riproposti in appello).

Del pari inammissibili le censure attraverso le quali parte ricorrente prova ad introdurre motivi già disattesi dal giudice d’appello con la sentenza qui impugnata e non inficiati da errori di fatto; e peraltro contenuti, a guisa di obiter dicta, in quella parte della impugnata decisione resa sul merito della vicenda solo per finalità di completezza espositiva, stante la esaustività della statuizione di inammissibilità dell’appello.

5.- In definitiva, alla luce di quanto fin qui osservato, il ricorso per revocazione va dichiarato inammissibile, per insussistenza delle condizioni legali per la sua proposizione.

6.- Quanto alle spese del presente giudizio di revocazione, non vi è spazio per la loro liquidazione, in difetto di costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione di cui in epigrafe ( 1965/12), lo dichiara inammissibile.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2016, con l'intervento dei magistrati:

 

 

Sergio Santoro, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore

Dante D'Alessio, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/05/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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