Wednesday 09 September 2015 21:16:58

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Edilizia: il punto della giurisprudenza in materia di interventi di trasformazione soggetti a permesso di costruire

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 4.9.2015 n. 4124

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 4 settembre 2015 ha affermato che: "L’attività edilizia deve essere compatibile con le destinazioni impresse sull’area dagli strumenti urbanistici. L’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) dispone, inoltre, che: «Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unita' immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso». La giurisprudenza del Consiglio ha già avuto modo di affermare, per definire l’ambito applicativo della norma riportata, che: i) «manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale» (Cons. Stato, sez. IV, 3 giugno 2014, n. 2842); ii) «non vi è dubbio sulla assenza della natura pertinenziale – ai fini edilizi – quando sia realizzato un nuovo volume, su un'area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio essendo ravvisabile la natura pertinenziale solo quando si tratti: a) di opere che non comportino un nuovo volume, come una tettoia o un porticato aperto da tre lati; b) di opere che comportino un nuovo e modesto volume ‘tecnico', confermandosi con ciò, in definitiva, che devono essere tali da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio o incidere sul carico urbanistico, caratteristiche queste la cui sussistenza deve essere peraltro dimostrata dall'interessato» (Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2015, n. 406).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 04124/2015REG.PROV.COLL.

N. 10443/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10443 del 2014, proposto da: 
Omissis

contro

Comune di Pregnana Milanese, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Romano, Pietro Romano e Ercole Forgione, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via di Trasone, 8/12; 

per la riforma

della sentenza in forma semplificata 29 luglio 2014, n. 2114, del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Milano, Sezione II. 

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pregnana Milanese;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2015 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Ionata e Forgione.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.– Il Comune di Pregnana Milanese, con ordinanza 9 aprile 2014, n. 2843, ha ingiunto ai signori * oltre che alla società cooperativa *, la demolizione di una serie di manufatti abusivi realizzati su un’area distinta catastalmente al foglio 3, mappali 73 e 73, subalterno 71, 74, 76, 145, 185 e 186.

I soggetti, sopra indicati, hanno impugnato detta ordinanza innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia che, con sentenza in forma semplificata 29 luglio 2014, n. 2114, ha rigettato il ricorso. In particolare, il Tribunale ha rilevato come: a) la circostanza che talune opere fossero state già demolite non assume rilievo ai fini della legittimità dell’ordinanza; b) gli interventi edilizi avevano determinato, valutati nel loro complesso, il cambio di destinazione dell’area da agricola ad industriale; c) in ogni caso, ciascuno di detti interventi, non avendo natura precaria, avrebbero richiesto il previo rilascio del permesso di costruire. 

Il Tribunale ha accolto soltanto il motivo con cui si contestava l’applicazione della sanzione demolitoria anche per la recinzione.

2.– I ricorrenti in primo grado hanno proposto appello, per i motivi indicati nei successivi punti. 

3.– Si è costituito in giudizio il Comune, chiedendo il rigetto dell’appello. 

4.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 16 giugno 2014. 

5.– L’appello è infondato. 

5.1.– Con un primo motivo, gli appellanti hanno dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato la illegittimità dell’ordinanza per avere questa incluso in essa anche opere già demolite («buca per riparazione mezzi pesanti; servizio igienico prefabbricato; n. 3 fabbricati adiacenti alle baracche; sei strutture tipo box in lamiera»).

Il motivo non è fondato. 

La circostanza di fatto relativa al completo ripristino dello stato dei luoghi in data antecedente all’adozione dell’ordine di demolizione non è stato dimostrato, con precisione, dagli appellanti. 

In ogni caso, quanto dedotto con la censura in esame non inciderebbe sulla validità dell’ordinanza di demolizione, che ha un contenuto più ampio, potendo condizionare soltanto la fase della sua esecuzione. 

5.2.– Con il secondo e terzo motivo si deduce, in primo luogo, l’erroneità della sentenza per avere il Tribunale affermato che le opere contestate avrebbero determinato il cambio di destinazione dell’area da agricola ad industriale. La circostanza che il sig. * sia socio e presidente di una attività di autotrasporto e che impieghi l’area in questione anche per parcheggiare sulla stessa gli automezzi di sua proprietà non potrebbe essere sufficiente a dimostrare il contestato mutamento di destinazione. Le opere, indicate nell’ordinanza di demolizione, si aggiunge, sarebbero tutte compatibili con l’attività agricola. 

In secondo luogo, si assume come gli interventi edilizi singolarmente considerati avrebbero valenza precaria e in quanto tali per la loro esecuzione non sarebbe necessario il previo rilascio del permesso di costruire. 

Infine, si deduce come, anche in relazione al motivo accolto dal primo giudice relativo alla recinzione, il Tribunale non avrebbe dovuto affermare che la recinzione non è conforme alla autorizzazione edilizia n. 11 del 1985 ma si sarebbe dovuto limitare, in conformità alla domanda, a rilevare come, in presenza di tale tipologia di interventi soggetti a denuncia di inizio attività, non si può adottare un ordine di demolizione.

I motivi non sono fondati.

L’attività edilizia deve essere compatibile con le destinazioni impresse sull’area dagli strumenti urbanistici.

L’art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) dispone, inoltre, che: «Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unita' immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso».

La giurisprudenza di questo Consiglio ha già avuto modo di affermare, per definire l’ambito applicativo della norma riportata, che: i) «manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l'assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale» (Cons. Stato, sez. IV, 3 giugno 2014, n. 2842); ii) «non vi è dubbio sulla assenza della natura pertinenziale – ai fini edilizi – quando sia realizzato un nuovo volume, su un'area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio essendo ravvisabile la natura pertinenziale solo quando si tratti: a) di opere che non comportino un nuovo volume, come una tettoia o un porticato aperto da tre lati; b) di opere che comportino un nuovo e modesto volume ‘tecnico', confermandosi con ciò, in definitiva, che devono essere tali da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio o incidere sul carico urbanistico, caratteristiche queste la cui sussistenza deve essere peraltro dimostrata dall'interessato» (Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2015, n. 406).

Nella fattispecie in esame il terreno su cui sono state realizzati gli interventi ha natura agricola. 

La valutazione contestuale della natura dell’attività svolta dal sig. Campagna, dell’impiego di parte dell’area per il parcheggio degli automezzi, della natura di altre opere (descritte nei successivi punti) inducono a ritenere, avuto riguardo alle fotografie prodotte in giudizio, che di fatto si sia realizzato il cambio di destinazione ritenuto abusivo. La circostanza che alcune delle opere realizzate sarebbero compatibili con la natura agricola dell’area non è comunque in grado di inficiare la legittimità della valutazione complessiva opera dall’autorità comunale. 

Quanto esposto sarebbe già di per sé a ritenere abusivi gli interventi compiuti. 

A ciò si aggiunga come, anche a volere considerare tali interventi singolarmente, gli stessi sono comunque illeciti perché non sorretti dal necessario titolo abilitativo. 

In particolare, le opere contestate sono le seguenti: ampliamento del fabbricato condonato esistente modificato mediante realizzazione di una veranda chiusa con vetri, utilizzata quale ufficio; prefabbricato in pannelli di alluminio coibentati dotato di porta e finestra in alluminio e vetro ad uso spogliatoio e ricreativo, appoggiato su traversine in cemento; buca in calcestruzzo per la riparazione dei mezzi di trasporto, avente profondità di circa 1,5 metri; servizio igienico prefabbricato ancorato al suolo; sei strutture tipo box, in lamiera e legno, appoggiati su una platea in calcestruzzo;tre porticati adiacenti alle baracche, appoggiati o ancorati a platea in calcestruzzo; tre container in lamiera, usati come deposito e appoggiati anch’essi ad una platea in calcestruzzo; serbatoio del gasolio, coperto da una tettoia appoggiata su un basamento in cemento; pavimentazione in ghiaia rullata e cemento di vasta parte del compendio.

E’ sufficiente la descrizione delle opere per comprendere come si tratti di interventi che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non possono definirsi né precari né pertinenziali, con conseguente necessità del permesso di costruire per la loro realizzazione. 

Per quanto attiene, infine, alla censura relativa alla recinzione, è sufficiente rilevare come l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, circa la non conformità di tale recinzione all’autorizzazione edilizia abbia costituito una mera argomentazione motivazionale. Non sussiste, pertanto, interesse alla sua contestazione. 

6.– L’appellante è condannato al pagamento, in favore dell’amministrazione comunale, delle spese di entrambi i gradi di giudizio che si determinano in complessive euro 4.000,00 (seimila), oltre accessori.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe; 

b) condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune costituito, delle spese di entrambi i gradi di giudizio che si determinano in euro 4.000,00 (quattromila), oltre accessori. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Stefano Baccarini, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/09/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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