Sunday 10 March 2013 15:53:19
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
Consiglio di Stato
Il diritto di associarsi in un partito politico, sancito dall’art. 49 Cost., e quello di accesso alle cariche elettive, ex art. 51 Cost., trovano un limite nel divieto di riorganizzazione del disciolto partito fascista imposto dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione. Detto precetto costituzionale, fissando un’impossibilità giuridica assoluta e incondizionata, impedisce che un movimento politico formatosi e operante in violazione di tale divieto possa in qualsiasi forma partecipare alla vita politica e condizionarne le libere e democratiche dinamiche. Va soggiunto che l’attuazione di tale precetto, sul piano letterale come sul versante teleologico, non può essere limitata alla repressione penale delle condotte finalizzate alla ricostituzione di un’associazione vietata ma deve essere estesa ad ogni atto o fatto che possa favorire la riorganizzazione del partito fascista. Tale essendo il quadro costituzionale entro il quale si iscrive la disciplina che regola il procedimento elettorale e che fissa i poteri delle commissioni elettorale, si deve ritenere che gli articoli 30 e 33 del d.P.R. n. 570/1960 fissino i casi di esclusione e di correzione dei contrassegni e delle liste elettorali presupponendo implicitamente la legittimazione costituzionale del movimento o partito politico alla stregua della XIII disposizione di attuazione e transitoria della Costituzione. In altri termini la normativa in parola, nello stabilire i casi di ricusazione dei contrassegni e delle liste, si riferisce a situazioni in astratto assentibili sul piano della superiore normativa costituzionale senza fungere da garanzia per situazioni già vietate, in via preliminare e preventiva, dall’ordinamento costituzionale. L’impossibilità che il movimento o l’associazione a cui si riferisce il simbolo o la lista partecipi alla vita politica postula quindi, in via implicita ma necessaria, il potere della Commissione di ricusare la lista o i simboli attraverso i quali si persegue il fine originariamente vietato dall’ordinamento giuridico. In conformità questo Consiglio di Stato, con parere della sez. I, 23 febbraio 1984, n. 173/94, ha sottolineato l’impossibilità che un raggruppamento politico partecipi alla competizione elettorale sotto un contrassegno che si richiama esplicitamente al partito fascista bandito irrevocabilmente dalla Costituzione. La disciplina recata dagli artt. 30 e seguenti del d.P.R. 16 maggio 1970, n. 570 va quindi letta e integrata alla luce della disciplina costituzionale che, dettando un requisito originario per la partecipazione alla vita politica, fonda il potere implicito della Commissione di ricusare le liste che si pongano in contrasto con detto precetto. Tanto premesso si deve concludere per la legittimità del provvedimento impugnato con cui la Commissione elettorale, facendo uso di un potere attribuito dal sistema normativo, ha disposto l’esclusione della lista sulla scorta di un’adeguata motivazione in merito al contrasto con la disciplina costituzionale, in ragione del simbolo del movimento (il fascio), della dizione letterale (acronimo di Fascismo e Libertà) e del richiamo ideologico al disciolto partito fascista.
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