Sunday 17 April 2016 12:07:35

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Inquinamento: la P.A. può imporre al responsabile della contaminazione gli interventi necessari al ripristino ambientale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 14.4.2016 n. 1509

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 14.4.2016 n. 1509 ha affermato che "Per la giurisprudenza, ai sensi degli artt. 242, comma 1, e 244 comma 2, del D. Lgs. n. 152 del 2006, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell'inquinamento e cioè ai soggetti che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità. Ciò impone un rigoroso accertamento al fine di individuare il responsabile dell'inquinamento, nonché del nesso di causalità che lega il comportamento del responsabile all'effetto consistente nella contaminazione, accertamento che presuppone un'adeguata istruttoria, non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità (Cons. Stato, sez. V, 30 luglio 2015, n. 3756). E’ stato d’altra parte puntualizzato che, se è vero, per un verso, che l'Amministrazione non può imporre, ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento, secondo il principio cui si ispira anche la normativa comunitaria, la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione, per altro verso la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di correzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell'azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all'ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l'individuazione dell'eventuale responsabile (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2015, n. 3544)".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 01509/2016REG.PROV.COLL.

N. 04468/2007 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4468 del 2007, proposto dalla s.r.l. Societa' Hot Pontoil, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovan Candido Di Gioia ed Alberto Marconi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Candido Di Gioia in Roma, piazza Mazzini, n. 27; 

contro

La Provincia di Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore

nei confronti di

La s.r.l. Kerotris, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Diego Vaiano e Luigi Cocchi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Diego Vaiano in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Liguria, n. 224/2007, resa tra le parti, concernente un ordine di lavori di messa in sicurezza di un impianto;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della s.r.l. Kerotris;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2015 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Giovan Candido Di Gioia e Luigi Cocchi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Con provvedimento dirigenziale n. 6150 del 20 novembre 2006, la Provincia di Genova - sulla base degli accertamenti disposti dall’A.R.P.A.L. in relazione all’inquinamento delle acque superficiali del torrente Riccò ed in particolare dell’accertata affinità chimica tra la sostanza oleosa riscontrata all’interno di un pozzo rinvenuto fra il capannone industriale nell’area ex Saden e la striscia di terreno occupata da un binario in disuso e quella rinvenuta nel torrente - ordinava alla società Kerotris s.r.l., gestore del sito dal quale proveniva l’inquinamento e ritenuta responsabile di quest’ultimo, e alla società Hot Pontoil s.r.l., proprietaria dell’area:

- di effettuare nei successivi sette giorni, lo svuotamento e la pulizia del pozzo ubicato in area ex Saden; 

- di predisporre, nei successivi trenta giorni, idonee misure di messa in sicurezza del sito tali da impedire il verificarsi di nuovi trafilamenti di sostanze oleose nel torrente Riccò;

- di presentare, nei successivi sessanta giorni, alle amministrazioni competenti un piano di caratterizzazione del sito.

2. Con la sentenza n. 224 del 9 febbraio 2007, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, Sez. I, accogliendo il ricorso proposto dalla società Kerotris s.r.l., annullava in parte qua l’ordinanza impugnata, ritenendo che dagli atti depositati non emergeva «alcun elemento oggettivo che suffraghi – nel limite minimo necessario come sopra specificato – la responsabilità della ricorrente, omissione espressamente denunciate nei motivi di censura», sottolinendo che la messa in sicurezza del sito era stata comunque realizzata (sicché non sussisteva il pericolo di inquinamento né un danno immediato per l’ambiente) e «salvo ed impregiudicato ogni altro ulteriore provvedimento che l’amministrazione sulla scorta di ulteriori accertamenti istruttori vorrà adottare».

3. La s.r.l. Hot Pontoil ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentando «1) Erroneità della sentenza per difetto di istruttoria, illogicità della motivazione» e «2) Violazione della L. n. 1034/1971 e dell’art. 273 c.p.c.».

Sotto un primo profilo, la società ha rilevato che, essendo rientrata in possesso dell’area in cui insiste il sito da cui proviene l’inquinamento solo nel febbraio 2006 e non avendo svolto da quella data alcuna attività di movimentazione di olii minerali, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, sulla base di un inadeguato apprezzamento della documentazione versata in atti, la causa dell’inquinamento accertato si sarebbe dovuta addebitare proprio alla Kerotris s.r.l..

Infatti, nella zona non sarebbero esistite altre possibili fonti di provenienza degli olii del tipo rinvenuto nelle acque del torrente Riccò e in ogni caso gli eventuali dubbi sull’effettivo soggetto responsabile dell’inquinamento avrebbe reso necessario l’espletamento di una consulenza tecnica ovvero di una verificazione, ma non avrebbe potuto giustificare l’annullamento dell’ordinanza impugnata per la asserita mancata prova della responsabilità dell’inquinamento da parte della Kerotris s.r.l.

Sotto altro profilo, la società appellante ha dedotto la sussistenza di un grave vizio di procedura, giacché i primi giudici avrebbero dovuto riunire il ricorso proposto dalla s.r.l. Kerotris (NRG. 70/2007, in relazione al quale è stata emessa la sentenza impugnata) a quello da essa stessa proposto avverso l’ordinanza della Provincia di Genova (NRG. 86/2007), per la loro connessione soggettiva e oggettiva, circostanza che ne avrebbe imposto la trattazione e la decisione congiunta.

La Provincia di Genova non si è costituita in giudizio.

Ha resistito al gravame la s.r.l. Kerotris, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone pertanto il rigetto.

4. Nell’imminenza dell’udienza di discussione, le parti hanno illustrato con apposite memorie le rispettive tesi difensive, replicando a quelle avverse.

All’udienza pubblica del 10 dicembre 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. L’appello è infondato e deve essere respinto.

5.1. Ragioni di ordine logico – sistematico inducono la Sezione ad esaminare innanzitutto il secondo motivo di gravame, con il quale l’appellante ha dedotto un vizio della sentenza impugnata a causa del mancato provvedimento di riunione di due ricorsi, quello deciso con la sentenza oggetto del presente gravame (NRG. 70/2007) proposto da Kerotris s.r.l. e quello proposto dalla stessa Hot Pontoil s.r.l. (NRG. 86/2007), avverso lo stesso provvedimento dirigenziale n. 6150 del 20 novembre 2006, della cui legittimità si controverte.

Il motivo è infondato.

Per un consolidato indirizzo giurisprudenziale, i provvedimenti in tema di riunione (o meno) di processi, previsti dagli art. 273 e 274 c.p.c., hanno carattere meramente preparatorio, sono privi di contenuto decisorio e sono insindacabili in sede di gravame, in quanto la valutazione dell’opportunità della trattazione congiunta delle cause connesse è rimessa alla discrezionalità del giudice innanzi al quale pendono i procedimenti (Cass. Civ., sez. II, 20 luglio 2001, n. 9906; sez. VI, 18 novembre 2014, n. 24496; SS.UU. 6 febbraio 2015, n. 2245).

5.2. Con il primo motivo di gravame l’appellante, proprietaria dell’area, ha contestato la decisione dei primi giudici che ha escluso la responsabilità di Kerotris S.p.A. per l’inquinamento di cui si discute, a suo avviso frutto di un inadeguato esame della documentazione probatoria e comunque di una insufficiente istruttoria, sostenendo che in ogni caso essa si sarebbe dovuta considerare responsabile dell’inquinamento stesso.

La censura deve essere respinta.

5.2.1. In punto di fatto, come emerge dalla documentazione in atti, occorre rilevare che:

a) Hot Pontoil s.r.l. (attuale appellante), proprietaria dell’area, concluse un contratto di affitto d’azienda in data 19 novembre 2002 con la s.r.l. Kerotris, in particolare della «l’azienda costituita dal complesso dei beni di sua proprietà, organizzati per l’esercizio del deposito di oli combustibili sito in Genova, via alla Ferriera di Pontedecimo n. 2. Sono compresi nell’affitto tutti i beni e i diritti che compongono il patrimonio aziendale e, in particolare, il terreno (della superficie di mq. 5.640) su cui insiste il deposito e l’immobile…, nonché gli impianti e le attrezzature indicate nell’allegato inventario».

b) il punto 3 del contratto ha previsto la scadenza dell’affitto per la data del 31 dicembre 2004, con rinnovo tacito, alle stesse condizioni, di biennio in biennio, salvo che una delle parti non avesse comunicato all’altra, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, almeno sei mesi prima della scadenza, la propria volontà di non procedere al rinnovo; 

c) ai sensi del successivo punto 5, la Kerotris assumeva «l’obbligo di regolare la tempestiva manutenzione ordinaria di impianti ed attrezzature costituenti il deposito, in modo da assicurare la migliore funzionalità del deposito, restando a suo carico le spese», riconosceva «che gli impianti e le attrezzature sono stati consegnati in grado di essere usati e di funzionare regolarmente» e si impegnava «inoltre, a curare la pulizia periodica dei pozzetti decantatori delle fognature, nonché ad evitare che durante le operazioni di carico e scarico eventuali residui oleosi defluiscano nel sistema fognante dal deposito restando comunque inteso che Kerotris sarà direttamente responsabile nei confronti di Hot Pontoil sia nei confronti di terzi, di tutti quei danni di qualsiasi natura che venissero arrecati in conseguenza di una inadempienza all’impegno di cui sopra. Kerotris, fatti salvi gli obblighi di cui sopra e la sua relativa responsabilità, si impegna comunque a comunicare tempestivamente a Hot Pontoil la fuoriuscita di residui oleosi in corsi d’acqua e nelle proprietà di terzi pur assumendosene la relativa responsabilità»;

d) l’azienda affittata è stata restituita il 3 febbraio 2006 all’amministratore unico della Hot Pontoil. 

Peraltro, come risulta dal relativo verbale in pari data, le parti rilevarono che una parte dell’azienda non veniva riconsegnata, in quanto materialmente occupata dalla Distmos, il cui rappresentante, presente per conto della stessa, dichiarò «di assumersi ogni responsabilità per quanto concerne il prodotto contenuto nel serbatoio 7 contenente olio minerale lubrificante rigenerato, nella quantità di 21454 Kg, come materialmente (?) verificato e corrispondente a quanto risulta nel registro di carico e scarico…(nonché) la responsabilità per tutte le future movimentazioni di detto prodotto nonché per la sua quotidiana conservazione».

Nel medesimo verbale, il procuratore speciale di Kerotris fece altresì «presente che nell’azienda Hot Pontoil si trova una cisterna mobile, con relativa tettoia, di 9,5 mc. Di capienza, attualmente vuota e di proprietà Kerotris, e si impegna a trasportarla fuori dall’area di proprietà di Hot Pontoil entro dieci giorni da oggi».

e) la presenza di una situazione di inquinamento delle acque superficiali del torrente Riccò (rinvenimento di iridescenze oleose) veniva segnalata per la prima volta dall’ARPAL (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure) al Comune di Genova con nota n. 713717 del 19 luglio 2006, sulla base di controlli effettuati il 17 giugno 2006 ed il 19 giugno 2006; la presenza di idrocarburi nelle acque del torrente Riccò veniva nuovamente riscontrata da ARPAL nel corso del sopralluogo del 24 luglio 2006.

f) in data 31 luglio e 1° agosto 2006, alcuni funzionari di ARPAL si recavano presso la Hot Pontoil, sollecitando il suo legale rappresentante a far asportare immediatamente il gasolio dal pelo libero dell’acqua, a completare il riposizionamento delle panne assorbenti presso lo sbocco del rio tombinato e a posizionarne altre a valle del punto di sversamento dell’inquinamento, lungo l’asta del torrente; inoltre veniva effettuato un campionamento del pozzetto fiscale dell’azienda per verificare la bontà delle operazioni di spurgo delle fosse – trappola effettuate di recente e si procedeva anche alla quantificazione del gasolio e della benzina presenti nel deposito, riscontrando la seguente situazione: serbatoio n. 1, 10 cm. di gasolio; serbatoio n. 2, vuoto; serbatorio n. 3, 108 cm. di gasolio, sottoposto a sequestro; serbatoio n. 4, 47,5 cm. di gasolio, sottoposto a sequestro; serbatoio n. 5, 44 cm. di gasolio, sottoposto a sequestro; serbatoio n. 6, vuoto; serbatoio, n. 7, vuoto; serbatoio n. 8, vuoto; serbatoio n. 9, 7 cm. di gasolio; serbatoio, n. 10, 6 cm. di benzina; serbatoio, n. 11, 9 cm. di benzina;

g) in data 17 agosto 2006, il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Genova, chiamati sul posto a causa di un forte odore di idrocarburi, riscontrava che il terreno che ospitava il deposito petroli Hot Pontoil risultava «impregnato di idrocarburi, i quali, oltre a determinare un forte odore nell’aria avvertito dalle abitazioni limitrofe, in caso di pioggia si riversano nel torrente Riccò», sollecitando con urgenza i provvedimenti necessari alla bonifica del terreno;

h) un altro sopralluogo veniva effettuato da ARPAL in data 24 agosto 2006: veniva accertato l’avvenuto svuotamento del serbatoio interrato in cui era stato precedentemente stoccato il gasolio, nonché il permanere del copioso sversamento di sostanze oleose della massicciata ferroviaria nelle acque del torrente Riccò; venivano altresì disposti tre campionamenti d’aria e un campionamento di acque superficiali;

i) due ulteriori sopralluoghi venivano effettuati da ARPAL il 1° settembre 2006 ed il 6 settembre 2006 (come si ricava dalla nota n. 11091 del 14 settembre 2006): nel corso del primo veniva rilevato «che la sostanza inquinante che si stava sversando nelle acque del torrente Riccò era sostanzialmente diversa da quella osservata nei giorni precedenti, maggiormente riconducibile ad un olio minerale che ad una frazione idrocarburica più leggera come il gasolio, sia per la colorazione molto scura che per l’aspetto decisamente denso», mentre nel corso del secondo «si procedeva altresì a prendere visione di un pozzo,…rinvenendo all’interno dello stesso abbondante sostanza oleosa di colore scuto molto simile dal punto di vista organolettico a quella rinvenuta nel torrente Riccò all’interno del bacino di contenimento costituito dalle panne assorbenti e dal sedime d’alveo…il pozzo in questione risulta ubicato fra il capannone industriale in area ex Saden e la striscia di terreno adiacente al capannone stesso (lato monte) su cui scorre il binario ferroviario in disuso; il pozzo è dotato di copertura in lamiera che può essere rimossa elusivamente accedendo dal capannone. Alla base dell’imboccatura del pozzo, nell’area esterna al capannone (cioè nella fascia di terreno su cui scorre il binario dimesso) è stato rinvenuto un buco che mette in comunicazione l’ambiente esterno con l’interno del pozzo (tramite tubazione), attraverso il quale è possibile che in passato siano stati effettuati smaltimenti illeciti di olio esausto». In tale occasione venivano ispezionati «i piezometri presenti in area Hot Pontoil verificando la presenza all’interno del piezometro S5 dell’uranina versata una dozzina di giorni prima all’interno dello stesso da parte del personale della Polizia Municipale al fine di valutare movimenti della falda stessa e l’eventuale confluenza nel torrente Riccò. Quanto riscontrato dimostrava con buona approssimazione la sostanziale staticità della falsa presente nell’area, pur in considerazione della modesta entità dei fenomeni meteorici occorsi nei giorni precedenti al sopralluogo»;

l) i referti analitici dei campionamenti effettuati nel pozzo area ex Saden («presenza di idrocarburi da C10 a C36 con prevalenza della frazione C20 - C36 riconducibile ad una miscela di olio lubrificante e di gasolio in minore quantità») e nel torrente Riccò all’interno del bacino di contenimento costituito da panne assorbenti e dai sedimenti dell’alveo («presenza di idrocarburi da C10 a C28 con prevalenza della frazione C10 - C206 riconducibile a gasolio») mostravano una affinità chimica tra le due sostanze «tenuto presente che a seguito di eventuali perdite dal fondo pozzo all’alveo del t. Riccò la miscela di gasolio misto a olio lubrificante è sottoposta a filtrazione naturale ad opera degli strati del suolo».

5.2.2. Rileva la Sezione che per la giurisprudenza, ai sensi degli artt. 242, comma 1, e 244 comma 2, del D. Lgs. n. 152 del 2006, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell'inquinamento e cioè ai soggetti che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità.

Ciò impone un rigoroso accertamento al fine di individuare il responsabile dell'inquinamento, nonché del nesso di causalità che lega il comportamento del responsabile all'effetto consistente nella contaminazione, accertamento che presuppone un'adeguata istruttoria, non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità (Cons. Stato, sez. V, 30 luglio 2015, n. 3756).

E’ stato d’altra parte puntualizzato che, se è vero, per un verso, che l'Amministrazione non può imporre, ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull'origine del fenomeno contestato, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento, secondo il principio cui si ispira anche la normativa comunitaria, la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione, per altro verso la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di correzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell'azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all'ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l'individuazione dell'eventuale responsabile (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2015, n. 3544).

5.2.3. Tenuto conto degli evidenziati elementi di fatto e del delineato indirizzo giurisprudenziale, la Sezione è dell’avviso che le conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, risultano corrette e coerenti e non meritano pertanto critica.

Invero, la situazione di inquinamento del torrente Riccò è stata riscontrata a partire dal mese di giugno 2006, quattro mesi dopo la riconsegna dell’area de qua alla s.r.l. Hot Pontoil, proprietaria: nel periodo in cui tale area era stata nella disponibilità della Kerotris s.r.l. (dal dicembre 2002 al febbraio 2006), non risulta invece riscontrata alcuna situazione di inquinamento.

D’altra parte Hot Pontoil s.r.l. non ha fornito alcun elemento probatorio, circa l’eventuale verificarsi di fatti o comportamenti, anche solo potenzialmente inquinanti, cui avrebbe dato luogo l’attività svolta da Kerotris s.r.l. nel periodo in cui ha utilizzato l’area de qua; né è stata evidenziata un’eventuale omissione sempre da parte di quest’ultima dell’obbligo di comunicazione a Hot Pontoil s.r.l. di fuoriuscita di residui oleosi in corsi d’acqua o nelle proprietà di terzi, di cui alla clausola del penultimo periodo del punto 5 del contratto di affitto di azienda).

Non risulta alcun obiettivo elemento di fatto da cui possa desumersi, secondo l’id quod plerumque accidit, che l’inquinamento possa ricollegarsi in modo diretto ed immediato all’attività svolta nell’area de qua dalla Kerotris s.r.l., il cui ricorso è stato pertanto correttamente accolto dai primi giudici.

Non sono idonee a scalfire la ragionevolezza e la condivisibilità delle conclusioni raggiunte dalla sentenza impugnata le argomentazioni dell’appellante che indicano come fonte dell’inquinamento un pozzo in area Saden, che sarebbe stato utilizzato dalla Kerotris s.r.l.: da un lato, tali elementi risultano cronologicamente successivi alla data di adozione del provvedimento impugnato (e come tali non sono pertanto valutabili ai fini della legittimità di quest’ultimo, sotto il profilo del difetto o della carenza di istruttoria e di motivazione), dall’altro non risulta fornita alcuna prova circa la sicura ricollegabilità dell’inquinamento de quo ad attività della Kerotris s.r.l., tanto più che quest’ultima con nota in data 30 novembre 2006, indirizzata all’amministrazione provinciale di Genova, non ha negato di avere effettuato nell’area Saden nei primi mesi del 2005 delle bonifiche, precisando tuttavia, per un verso, di averle fatte per conto della stessa Hot Pontoil s.r.l. (in virtù di un apposito accordo) e, per altro verso, che esse riguardavano un’area che non rientrava nel contratto di fitto d’azienda stipulato con Hot Pontoil s.r.l., concernendo lavorazioni precedenti il predetto contratto d’azienda.

6. In conclusione l’appello deve essere respinto.

La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 4468 del 2007 proposto dalla Hot Pontoil s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale amministrativa regionale per la Liguria, sez. I, n. 224 del 9 febbraio 2007, lo respinge.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Luigi Maruotti, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/04/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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