Sunday 28 July 2013 11:07:58
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti
Una cittadina nigeriana, già titolare di permesso di soggiorno per lavoro domestico scaduto, ne chiedeva il rinnovo per motivi di lavoro autonomo, ai sensi dell’art. 26 del d. lgs. 286/98, ma il Questore della Provincia di Varese rigettò tale richiesta, in quanto rilevava che la medesima, pur essendo anagraficamente residente presso il Comune di Cislago (VA), non vi era effettivamente domiciliata. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso avanti al T.A.R. Lombardia l’interessata, lamentando la violazione di legge, per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, e la violazione e la falsa applicazione dell’art. 4 della l. 241/90 per la mancata indicazione del responsabile del procedimento. Il T.A.R. Lombardia accoglieva il ricorso, annullando il provvedimento ritenendo che l’incertezza sulla dimora effettiva dell’interessato non esimeva la Questura investita della domanda di rinnovo dal dovere di esaminarla verificando la sussistenza o meno dei requisiti necessari per ottenere il titolo, salvo devolverne l’esame alla diversa Questura indicata come competente in base alle risultanze degli accertamenti sulla dimora effettiva. Il Consiglio con la sentenza in esame ha rilevato che in riferimento all’analoga fattispecie del permesso rilasciato ai sensi degli artt. 4, 5, comma 5, e 13, comma 2, del d. lgs. 286/98, si è già avuto modo di chiarire che la certezza della situazione abitativa costituisce un presupposto indispensabile per ottenere il permesso di soggiorno, che non può essere rilasciato in situazioni di forte precarietà alloggiativa, connesse a sostanziale irreperibilità della straniera interessata, “anche sulla base di dichiarazioni rese da soggetti dalla stessa indicati come ospitanti” (Cons. St., sez. VI, 19.8.2008, n. 3961), come è del resto avvenuto anche nel caso di specie. In conclusione il provvedimento, adottato dalla Questura, va esente da censura, poiché esso ha correttamente ritenuto che l’istante non avesse titolo ad ottenere il richiesto permesso, in mancanza della idonea sistemazione alloggiativa prevista dall’art. 26, comma 3, del d. lgs. 286/98. Né alla correttezza di tale decisione osta il rilievo che il provvedimento impugnato abbia inteso far improprio riferimento agli artt. 4 e 5 della l. 189/2002, come invece ha ritenuto il primo giudice, poiché l’imprecisione o anche l’erroneità del richiamo normativo non inficia la sostanziale legittimità del provvedimento alla stregua del più volte richiamato parametro normativo dell’art. 26, comma 3, del d. lgs. 286/98.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Consiglio di Stato
SENTENZA
....
FATTO e DIRITTO
1. *** cittadina nigeriana, già titolare di permesso di soggiorno per lavoro domestico scaduto il 20.10.2003, ne chiedeva in data 5.7.2004 il rinnovo per motivi di lavoro autonomo, ai sensi dell’art. 26 del d. lgs. 286/98, ma il Questore della Provincia di Varese, con provvedimento del 30.9.2004, rigettò tale richiesta, in quanto rilevava che la medesima, pur essendo anagraficamente residente presso il Comune di Cislago (VA), via IV Novembre, n. 180, non vi era effettivamente domiciliata.
2. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso avanti al T.A.R. Lombardia l’interessata, lamentando la violazione di legge, per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione, e la violazione e la falsa applicazione dell’art. 4 della l. 241/90 per la mancata indicazione del responsabile del procedimento.
3. Si costituiva in giudizio l’amministrazione intimata, resistendo al ricorso.
4. Il T.A.R. Lombardia, Sez. I, con la sentenza n. 6493 del 20.12.1994, accoglieva il ricorso, annullando l’impugnato provvedimento.
Il giudice di prime cure, in particolare, riteneva che l’incertezza sulla dimora effettiva dell’interessato non esimeva la Questura investita della domanda di rinnovo dal dovere di esaminarla verificando la sussistenza o meno dei requisiti necessari per ottenere il titolo, salvo devolverne l’esame alla diversa Questura indicata come competente in base alle risultanze degli accertamenti sulla dimora effettiva.
5. Avverso tale sentenza ha proposto appello il Ministero dell’Interno, lamentando che la Questura non poteva che respingere l’istanza presentata dall’interessata, poiché dall’istruttoria era emersa l’assoluta incertezza in ordine alla sistemazione alloggiativa di questa, con conseguente mancanza di un fondamentale presupposto necessario ad ottenere il permesso di cui all’art. 26 del d. lgs. 286/98.
6. Non si è costituita nel presente grado di giudizio l’appellata.
7. Alla pubblica udienza del 7.6.2013 il Collegio, udita la discussione, ha trattenuto la causa in decisione.
8. L’appello va accolto.
9. Il provvedimento di diniego del Questore contiene un’ampia ed esauriente motivazione, sorretta da un’adeguata istruttoria, circa l’assenza di un’idonea sistemazione alloggiativa da parte della ricorrente, come invece è richiesto dall’art. 26 del d. lgs. 286/98 per ottenere il permesso di soggiorno per lavoro autonomo.
10. L’interessata ha infatti prodotto, all’atto di presentazione dell’istanza volta ad ottenere il cennato permesso, un certificato emesso il 24.6.2004 dal Comune di Cislago (VA), secondo il quale ella sarebbe all’epoca risieduta in tale Comune, alla via IV Novembre, n. 180, presso la famiglia di Guido Brassini, ma gli accertamenti eseguiti dalla locale Stazione dei Carabinieri, dei quali si dà esauriente ragguaglio nel provvedimento impugnato, non hanno consentito di accertare che ella vi fosse effettivamente domiciliata.
11. Dalle dichiarazioni di **, ribadite in ben due occasioni, è in particolare emerso che ella non vi risiedeva più ormai da tempo, sicché la Questura, ritenendo che le dichiarazioni dell’interessata circa la sua residenza fossero dubbie e lacunose, ne ha respinto l’istanza.
12. Il provvedimento di diniego, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, ha fatto corretta applicazione dell’art. 26, comma 3, del d. lgs. 286/98, il quale richiede allo straniero che intenda conseguire il permesso di soggiorno per lavoro autonomo il possesso, tra l’altro, di una “idonea sistemazione alloggiativa”.
13. Tanto non è emerso, infatti, dall’approfondita istruttoria che la Questura ha al riguardo espletato, rilevando, all’esito di essa, come l’istante non risultasse effettivamente domiciliata nella residenza dichiarata.
Questo Consiglio, in riferimento all’analoga fattispecie del permesso rilasciato ai sensi degli artt. 4, 5, comma 5, e 13, comma 2, del d. lgs. 286/98, ha già avuto modo di chiarire che la certezza della situazione abitativa costituisce un presupposto indispensabile per ottenere il permesso di soggiorno, che non può essere rilasciato in situazioni di forte precarietà alloggiativa, connesse a sostanziale irreperibilità della straniera interessata, “anche sulla base di dichiarazioni rese da soggetti dalla stessa indicati come ospitanti” (Cons. St., sez. VI, 19.8.2008, n. 3961), come è del resto avvenuto anche nel caso di specie.
14. In conclusione il provvedimento, adottato dalla Questura, va esente da censura, poiché esso ha correttamente ritenuto che l’istante non avesse titolo ad ottenere il richiesto permesso, in mancanza della idonea sistemazione alloggiativa prevista dall’art. 26, comma 3, del d. lgs. 286/98.
Né alla correttezza di tale decisione osta il rilievo che il provvedimento impugnato abbia inteso far improprio riferimento agli artt. 4 e 5 della l. 189/2002, come invece ha ritenuto il primo giudice, poiché l’imprecisione o anche l’erroneità del richiamo normativo non inficia la sostanziale legittimità del provvedimento alla stregua del più volte richiamato parametro normativo dell’art. 26, comma 3, del d. lgs. 286/98.
16. Ne segue, pertanto, che l’appello debba essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso proposto in prime cure.
17. Tale conclusione, peraltro, non impedirà all’interessata, laddove ella sia nel frattempo venuta a disporre di una idonea e stabile soluzione alloggiativa, di riproporre nuovamente l’istanza alla competente Questura.
18. La peculiarità della fattispecie in esame giustifica l’integrale compensazione delle spese giudiziali tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di prime cure.
Compensa interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/07/2013
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