Friday 25 July 2014 11:14:37

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Crediti retributivi dei pubblici dipendenti: l’onere di provare il fatto interruttivo della prescrizione ricade sull’attore

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 7.7.2014

Con ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, la ricorrente chiedeva il riconoscimento del suo diritto ad ottenere l’adeguamento economico dovuto per l’espletamento di mansioni lavorative di fatto svolte dal 1979 al 1987 e corrispondenti alla III qualifica funzionale – operatore – bidello; chiedeva inoltre la conseguente condanna dell’Amministrazione alla liquidazione in suo favore delle somme dovute a titolo di differenze retributive tra quanto dovuto e quanto effettivamente corrisposto, nonché la corresponsione sulle stesse degli interessi legali e della svalutazione monetaria dal momento della maturazione del credito al soddisfo; chiedeva infine l’ulteriore riconoscimento del suo diritto alla regolarizzazione della posizione previdenziale mediante il versamento dei contributi per l’intero periodo. Con la sentenza in epigrafe n. 704 in data 8 febbraio 2010 il Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione V, accoglieva l’eccezione di prescrizione formulata dal Comune resistente respingendo quindi il ricorso. Avverso la predetta sentenza la signora ha proposto il ricorso in appello contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado. L’appellante chiede la riforma della sentenza di primo grado, con la quale il credito azionato è stato dichiarato prescritto, sostenendo che: a) al credito di cui si tratta si applica il termine decennale di prescrizione; b) comunque la prescrizione è stata interrotta da atti di esercizio del diritto; c) il termine decennale si applica quanto meno al credito previdenziale. Tutte le suddette argomentazioni sono infondate. Quanto alla tesi sintetizzata sub a), deve essere osservato come sia pacifico in giurisprudenza che il termine di prescrizione dei crediti retributivi è quello quinquennale di cui all’art. 2948 del codice civile (in termini C. di S., IV, 15 giugno 2004, n. 3930 e VI, 7 maggio 2004, n. 2801). E’ vero che il suddetto termine non decorre, per i pubblici dipendenti, fino a quando il rapporto non si sia concluso o non sia stato stabilizzato (C. di S., V, 2 agosto 2011, n. 4559), ma nel caso di specie la stessa appellante afferma che il rapporto di lavoro precario è cessato nel 1987, mentre il ricorso al giudice del lavoro per le pretese poi trasposte di fronte al giudice amministrativo, al quale deve essere riconosciuto effetto interruttivo, è stato proposto solo nel 1994, quindi dopo sette anni dalla conclusione del rapporto precario. L’appellante sostiene di avere posto in essere ulteriori atti interruttivi della prescrizione ma l’affermazione è rimasta priva di dimostrazione....L’affermazione dell’appellante circa la presenza di atti interruttivi della prescrizione non è quindi sostenuta da prova. Atteso che l’onere di provare il fatto interruttivo ricade sull’attore (Cass., Sezione Lavoro, 8 agosto 2006, n. 17948) l’argomentazione deve essere disattesa. Quanto all’applicazione del termine decennale alla prescrizione dei crediti retributivi, deve essere osservato come l’assunto sia esatto, ma non rilevi nella presente fattispecie. Nel caso di specie, infatti, l’appellante non sostiene che l’Amministrazione ha totalmente omesso di provvedere ai propri obblighi previdenziali; sostiene invece che la misura dei contributi versati deve essere adeguata alla misura delle retribuzioni pretese, non agli stipendi di fatto corrisposti. Atteso che l’appellante non ha dimostrato di avere diritto ad un differente trattamento retributivo, la pretesa deve essere respinta. 4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto, sottolineando solo come nella fattispecie non possa essere applicato quanto affermato da C. di S., V, 15 settembre 2010, n. 6792, in quanto in quella controversia l’attore aveva potuto dimostrare in fatto di avere posto in essere atti interruttivi della prescrizione del credito vantato e riconosciuto in giudizio. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso in appello numero di registro generale *del 2010, proposto da:

*, rappresentata e difesa dagli avvocati Corrado Diaco e Simona Gambardella, con domicilio eletto presso l’avvocato Stefano Vinti in Roma, via Emilia n. 88;

 

contro

Comune di Gragnano in persona del Sindaco in carica, non costituito in questo grado del giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione V, n. 00704/2010, resa tra le parti, concernente corresponsione somme per adeguamento economico dovuto per espletamento mansioni III q.f.

 

 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2014 il consigliere Manfredo Atzeni e udito l’avvocato Simona Gambardella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, rubricato al n. 9206/1997, la signora * chiedeva il riconoscimento del suo diritto ad ottenere l’adeguamento economico dovuto per l’espletamento di mansioni lavorative di fatto svolte dal 1979 al 1987 e corrispondenti alla III qualifica funzionale – operatore – bidello; chiedeva inoltre la conseguente condanna dell’Amministrazione alla liquidazione in suo favore delle somme dovute a titolo di differenze retributive tra quanto dovuto e quanto effettivamente corrisposto, nonché la corresponsione sulle stesse degli interessi legali e della svalutazione monetaria dal momento della maturazione del credito al soddisfo; chiedeva infine l’ulteriore riconoscimento del suo diritto alla regolarizzazione della posizione previdenziale mediante il versamento dei contributi per l’intero periodo.

Con la sentenza in epigrafe n. 704 in data 8 febbraio 2010 il Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione V, accoglieva l’eccezione di prescrizione formulata dal Comune resistente respingendo quindi il ricorso.

2. Avverso la predetta sentenza la signora Liliana Di Vuolo propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 4282/2010, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

L’appellante ha depositato memoria.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 6 maggio 2014.

3. L’appello è infondato.

L’appellante chiede la riforma della sentenza di primo grado, con la quale il credito azionato è stato dichiarato prescritto, sostenendo che:

a) al credito di cui si tratta si applica il termine decennale di prescrizione;

b) comunque la prescrizione è stata interrotta da atti di esercizio del diritto;

c) il termine decennale si applica quanto meno al credito previdenziale.

Tutte le suddette argomentazioni sono infondate.

Quanto alla tesi sintetizzata sub a), deve essere osservato come sia pacifico in giurisprudenza che il termine di prescrizione dei crediti retributivi è quello quinquennale di cui all’art. 2948 del codice civile (in termini C. di S., IV, 15 giugno 2004, n. 3930 e VI, 7 maggio 2004, n. 2801).

E’ vero che il suddetto termine non decorre, per i pubblici dipendenti, fino a quando il rapporto non si sia concluso o non sia stato stabilizzato (C. di S., V, 2 agosto 2011, n. 4559), ma nel caso di specie la stessa appellante afferma che il rapporto di lavoro precario è cessato nel 1987, mentre il ricorso al giudice del lavoro per le pretese poi trasposte di fronte al giudice amministrativo, al quale deve essere riconosciuto effetto interruttivo, è stato proposto solo nel 1994, quindi dopo sette anni dalla conclusione del rapporto precario.

L’appellante sostiene di avere posto in essere ulteriori atti interruttivi della prescrizione ma l’affermazione è rimasta priva di dimostrazione.

E’ vero che è stata depositata in atti la nota del Sindaco del Comune appellato n. 6683/6728 in data 12 giugno 1991, nella quale si dà atto della ricezione al protocollo di due lettere dell’appellante e di altri dipendenti precari del Comune recanti le date del 23 maggio e 29 maggio 1991.

Peraltro, le suddette lettere non sono state depositate in giudizio, ed il loro contenuto non può essere ricostruito sulla base della lettera del Comune.

Quest’ultima, infatti, si limita a riferire, all’avvocato dell’appellante, al quale è indirizzata, che “dagli atti di questo ente non risultano competenze dovute ai signori….” chiedendo quindi più precise indicazioni circa i periodi che non sarebbero stati pagati e di quantificare l’eventuale dovuto.

La nota del Comune quindi non consente di accertare se con le lettere sopra citate l’appellante e gli altri dipendenti abbiano formulato delle richieste relative al periodo di lavoro non di ruolo di cui alla presente controversia; in realtà, dalla suddetta lettera non si comprende proprio quale sia stato il contenuto delle richieste formulate al Comune.

L’affermazione dell’appellante circa la presenza di atti interruttivi della prescrizione non è quindi sostenuta da prova.

Atteso che l’onere di provare il fatto interruttivo ricade sull’attore (Cass., Sezione Lavoro, 8 agosto 2006, n. 17948) l’argomentazione deve essere disattesa.

Quanto all’applicazione del termine decennale alla prescrizione dei crediti retributivi, deve essere osservato come l’assunto sia esatto, ma non rilevi nella presente fattispecie.

Nel caso di specie, infatti, l’appellante non sostiene che l’Amministrazione ha totalmente omesso di provvedere ai propri obblighi previdenziali; sostiene invece che la misura dei contributi versati deve essere adeguata alla misura delle retribuzioni pretese, non agli stipendi di fatto corrisposti.

Atteso che l’appellante non ha dimostrato di avere diritto ad un differente trattamento retributivo, la pretesa deve essere respinta.

4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto, sottolineando solo come nella fattispecie non possa essere applicato quanto affermato da C. di S., V, 15 settembre 2010, n. 6792, in quanto in quella controversia l’attore aveva potuto dimostrare in fatto di avere posto in essere atti interruttivi della prescrizione del credito vantato e riconosciuto in giudizio.

In difetto di costituzione della parte appellata non vi è luogo a pronuncia sulle spese del grado.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 4282/2010, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Mario Luigi Torsello, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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