Tuesday 18 February 2014 10:36:03

Provvedimenti Regionali  Patto di Stabliità, Bilancio e Fiscalità

Rendicontazione delle spese dei gruppi consiliari: condanna della Corte dei Conti in Friuli Venezia Giulia

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti Sez. giur. Friuli Venezia Giulia del 17.2.2014

E' stato condannato il Presidente del gruppo consigliare del popolo delle Libertà per euro 36.234,09 di danno erariale in favore della Regione Friuli Venezia Giulia. La Corte ha, tra l'altro, rilevato nella parte motiva della sentenza che per quanto attiene alle “spese di rappresentanza” l’allegazione di un’adeguata motivazione doveva ritenersi una condizione necessaria, alla stregua dei comuni principi di rendicontazione contabile, per giustificare il diretto collegamento del rimborso della spesa con l’attività istituzionale svolta dal gruppo consiliare. L’allegazione di specifici elementi giustificativi costituiva, in definitiva, l’irrinunciabile presupposto di legittimità per il conseguimento del rimborso, e dunque un onere che andava assolto in sede di rendicontazione mediante specifici riferimenti alle finalità di rappresentanza istituzionale perseguite. Non è superfluo ricordare come all’epoca dei fatti, la giurisprudenza della Corte dei conti offrisse agli amministratori pubblici indicazioni chiare su quelli che dovevano ritenersi i limiti e le condizioni per l’utilizzo del denaro pubblico per finalità di rappresentanza istituzionale. Costituiva, dunque, un dato pacificamente acquisito, e dunque noto a chi operava in ambiti istituzionali di assoluta rilevanza, che le spese di rappresentanza, per essere giustificate, dovessero porsi in relazione ad eventi connotati da “eccezionalità” e “ufficialità”, atti a promuovere all’esterno all’immagine dell’Ente, e che tali connotazioni non potessero ricorrere nell’ambito di normali occasioni di incontro con soggetti che non fossero rappresentativi degli organi di appartenenza (C.d.C., Sez. Friuli Venezia Giulia n. 216/2010). Doveva ritenersi altrettanto noto, in considerazione dell’eco mediatica suscitata da casi eclatanti di mala gestio dei fondi destinati a spese di rappresentanza, che la giurisprudenza della Corte dei conti considerasse fonte di inammissibile sperpero di denaro pubblico e, dunque, di responsabilità per danno erariale, le spese effettuate per omaggi e pranzi offerti dall’ Amministrazione ai propri dipendenti, gli incontri conviviali non occasionati da manifestazioni ufficiali ovvero quelli afferenti ai “normali rapporti istituzionali”, gli esborsi sostenuti in favore di soggetti non rappresentativi degli organi di appartenenza, gli omaggi di confezioni di cioccolatini, le strenne natalizie, le erogazioni liberali disposte in favore di associazioni (cfr. tra le innumerevoli sentenze della Corte dei conti in materia di spese di rappresentanza, C.d.C, Sez. Friuli Venezia Giulia n. 216/2010; id. Sez. Umbria n. 178/2004; id. Sez. II n. 106/2002; id. Sez. III n. 158/2000; id. Sez. Basilicata n. 129/2000). Appare, altresì, utile ricordare che la giurisprudenza del Giudice contabile ha sempre considerato un onere imprescindibile a carico del soggetto che dispone la spesa, l’allegazione di “un’adeguata esternazione delle circostanze e dei motivi che hanno giustificato l’esborso in relazione all’esigenza dell’ente di manifestarsi all’esterno, nonché una puntuale dimostrazione documentale degli aspetti soggettivi, temporali e modali della spesa stessa, tale da consentire una valutazione della rispondenza ai fini pubblici, non potendosi pertanto ritenere sufficiente una mera esposizione della spesa in forma generica o globale” (C.d.C., Sez. Veneto n. 456/1996). Da ultimo osserva altresì la Corte che l’esistenza di una “prassi” perpetrata da anni, invocata quale esimente dalla difesa, secondo cui il Presidente del gruppo consiliare doveva limitarsi ad attestare l’effettività delle spese sostenute e la custodia delle relative ricevute presso la segreteria del gruppo, senza effettuare un sindacato sulle spese disposte dai singoli consiglieri e' argomentazione poco convincente, tenuto conto che l’obbligo di vigilanza sulle spese di funzionamento dei gruppi consiliari doveva ritenersi cogente in virtù del quadro normativo che disciplinava la materia in esame (leggi regionali nn. 54/1973 e 52/1980 e Regolamento adottato con delibera n. 196/1996). Nessuna prassi, infatti, per quanto radicata nel tempo, può ad avviso del Collegio giustificare il perpetrarsi della violazione degli obblighi inerenti alla corretta rendicontazione dell’impiego di denaro pubblico. In disparte, peraltro, il rilievo che il mantenimento di una prassi illegittima può addirittura costituire un elemento di aggravio della responsabilità erariale, ove la posizione di particolare rilievo del soggetto agente avrebbe potuto consentire di porre rimedio o comunque modificare una situazione foriera di pregiudizio per le finanze pubbliche (cfr. C.d.C., Sez. II, n. 539/2013; id. Sez. Lazio n. 1096/2012; id. Sez. III n. 177/2006; id. Sez. III n. 56/2005). Per la lettura integrale della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL

FRIULI VENEZIA GIULIA

Composta dai magistrati:

Alfredo LENER                                                    Presidente

Paolo SIMEON                                                 Consigliere

Giancarlo DI LECCE                                             Consigliere, relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 13462 del Registro di Segreteria, promosso ad istanza della Procura Regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale regionale per il Friuli Venezia Giulia, nei confronti di****, nato a **** rappresentato e difeso dall’avv. Luca Ponti ed elettivamente domiciliato in Trieste, Galleria Protti n. 1, presso l’avv. Alessandro Tudor, giusta mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;

Visto l’atto di citazione della Procura Regionale, la memoria di costituzione in giudizio del convenuto, nonché gli atti e i documenti tuttidi causa;

Uditi, nella pubblica udienza del 12 dicembre 2013, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Anna De Angelis, il giudice relatore Giancarlo Di Lecce nonché il Procuratore Regionale Maurizio Zappatori e l’avv. Luca Ponti; 

        Considerato in

FATTO

       Con atto di citazione del 23.5.2013, ritualmente notificato, la Procura Regionale presso questa Sezione giurisdizionale ha convenuto in giudizio il sig. ** per sentirlo condannare al pagamento, in favore della Regione Friuli Venezia Giulia, della somma di euro 41.037,28 quale danno erariale conseguente alla gestione di una parte dei contributi erogati nel 2011 in favore del gruppo consiliare “Popolo della Libertà” di cui lo stesso Galasso era Presidente, rendicontati come “spese di rappresentanza”.

        Il Requirente ha determinato il danno erariale quantificando in euro 30.711,66 le spese di pertinenza del gruppo consiliare ed in quello di euro 10.325,62 quelle riferibili personalmente all’odierno convenuto. Quanto alle prime ha sostenuto che il ***, in ragione della sua posizione di Presidente del gruppo consiliare, avesse il dovere di esaminare ed approvare le spese poste a carico dello stesso gruppo, motivando, con annotazioni in calce alla documentazione contabile, l’attinenza degli esborsi alle finalità di rappresentanza.

        Le spese chieste a rimborso comprendono non solo consumazioni effettuate presso bar o ristoranti, ma anche acquisti di beni e servizi presso vari tipi di esercizi commerciali, talvolta effettuati anche in ambito esterno al territorio regionale ed all’estero. Non diversamente, ha soggiunto la Procura attrice, i rimborsi delle spese di rappresentanza ottenuti personalmente dal **** per complessivi euro 10.352,62 non recherebbero indicazioni di sorta in ordine ai motivi di rappresentanza ovvero alle generalità ed alle qualifiche dei soggetti interessati.

        La Procura Regionale ha ulteriormente osservato che l’operato dell’odierno convenuto non può ritenersi giustificato dalla sinteticità delle previsioni del Regolamento di esecuzione delle leggi regionali n. 54/1973 e 52/1980, integrando una condotta connotata da violazione di legge e da eccesso di potere in quanto illogica, irrazionale e contraria ai principi di buon andamento e di imparzialità della Pubblica Amministrazione. Di qui la conclusiva richiesta di condanna del Galasso al risarcimento del danno arrecato alla Regione Friuli Venezia Giulia, determinato nell’importo complessivo di euro 41.037,28 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.

        Con memoria difensiva depositata in data 22.11.2013 si è costituito in giudizio il sig.***, assistito dall’avv. Luca Ponti. Il nominato difensore, richiamando quanto già precisato in sede di controdeduzioni all’invito a dedurre, ha ricordato che i rimborsi afferenti alle spese di rappresentanza effettuate dai singoli consiglieri non venivano direttamente erogati dal Presidente bensì dagli addetti dell'Ufficio di Segreteria del gruppo, ed in particolare dal sig. ***, dipendente addetto alla tenuta della contabilità ed alla liquidazione delle spese. Ha aggiunto che in base alla normativa vigente ed alla prassi in uso, al Presidente del gruppo non si richiedeva alcun sindacato sulle spese effettuate dai singoli consiglieri ma solo di attestare, nella nota finale compilata a fine anno, che le spese erano state realmente sostenute e che le ricevute presentate dal singolo consigliere ai fini del conseguimento del rimborso risultavano custodite presso il gruppo. Poteri e prerogative di controllo competevano al solo Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale nell'ambito delle funzioni di vigilanza sull'amministrazione del bilancio. Ha peraltro osservato come tale ufficio non abbia mai formulato rilievi in ordine alle spese che formano oggetto di contestazione nell’ambito del presente giudizio.

       L’avv. Ponti si è quindi soffermato sulla natura giuridica del gruppo consiliare richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali della Corte Costituzionale, del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione che, pur riguardando i gruppi parlamentari, offrirebbero indicazioni utili ai fini della qualificazione giuridica dei gruppi consiliari quali soggetti di diritto privato. Ha poi richiamato i recenti interventi legislativi, sia a livello nazionale (D.L. n. 174/2012, art. 1) che regionale (art. 15 L.R. F.V.G. 10/2013) che hanno introdotto il controllo della Corte dei conti, consentendo, in caso di rilievi, la regolarizzazione delle inadempienze accertate entro un termine assegnato, ovvero l’irrogazione di una sanzione consistente nella perdita di ulteriori contribuzioni. Il delineato quadro normativo farebbe escludere la stessa configurabilità di un sindacato di merito sulle spese dei gruppi consiliari, avendo il Legislatore approntato un sistema di controlli e di sanzioni di tipo amministrativo a tutela delle prerogative di rilievo costituzionale riconosciute a tale organo ed ai suoi componenti.

         In ogni caso, tenuto conto delle peculiarità dell’ attività istituzionale svolta dal singolo consigliere regionale, la nozione stessa di "rappresentanza" non potrebbe ritenersi coincidente con quella che regola la medesima categoria di spesa in altri ambiti, quali ad esempio quello dell’imprenditoria o delle libere professioni. La "rappresentanza", infatti, non si esaurirebbe nel compimento dell’ attività promozionale o divulgativa del gruppo consiliare di appartenenza, riguardando, anche e soprattutto, lo svolgimento di un’ attività conoscitiva che si esplica mediante incontri con uno o più soggetti istituzionali o portatori di interessi, finalizzati all’ acquisizione di elementi utili ai fini dello svolgimento dell’attività legislativa, di sindacato ispettivo o comunque di iniziative connesse all'attività d'aula.

       Tutto ciò implicherebbe l’assunzione di spese di ospitalità, correlate ad incontri e di colazioni di lavoro, nonché di spese per l’acquisto di piccoli regali di cui viene fatto omaggio, in occasione di circostanze particolari o delle festività di fine anno, a persone estranee al gruppo consiliare, in genere esponenti di ruoli sociali o cariche istituzionali, ovvero a soggetti dotati di particolari competenze o professionalità. Ha precisato, il difensore, che la norma regionale non definisce puntualmente gli ambiti e i limiti di applicazione delle voci rientranti tra le spese di funzionamento del gruppo, sicchè talvolta ci sono state incertezze nel ricondurre talune spese alla voce “spese di rappresentanza” ovvero a quella delle “spese di divulgazione” o di aggiornamento latu sensu.

        Con riferimento all’attività di gestione dei contributi pubblici l’avv. Ponti ha puntualizzato che secondo la prassi in uso, i fondi venivano messi a disposizione, mese per mese, in favore di ciascun gruppo, per poi essere assegnati ai singoli componenti in forza della documentazione di spesa esibita. I finanziamenti venivano accreditati su un conto corrente bancario intestato al Gruppo consiliare, sul quale erano autorizzati ad operare  il capogruppo **  ed il segretario sig.***. Per le attività connesse alla gestione di tali fondi il riferimento di ciascun consigliere regionale era rappresentato dal personale amministrativo addetto al gruppo, e non dal Presidente, se non sotto il profilo strettamente formale.

       L’avv. Ponti ha contestato la tesi della Procura Regionale secondo cui il Presidente del gruppo doveva considerarsi intestatario di una posizione di garanzia con un correlato “obbligo di rendicontare le spese e di dimostrare le finalità effettive di rappresentanza delle spese del gruppo e di quelle sue personali”. In realtà una simile posizione non era contemplata da alcuna disposizione regolante il funzionamento del gruppo, né era previsto che le singole ricevute fossero accompagnate da attestazioni esplicative delle singole spese e della loro sussumibilità nel novero di quelle indicate all'art. 1 del Regolamento. Le disposizioni in vigore attribuivano poteri e prerogative di controllo esclusivamente all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, per quanto la verifica puntuale dei titoli di spesa fosse di competenza dei funzionari addetti alla struttura.

       Con specifico riferimento alle contestazioni mosse dalla Procura Regionale, la difesa del ****ha rimarcato la difficoltà di ricostruire, con puntualità, le circostanze che diedero luogo alle singole spese che formano oggetto di contestazione. Si tratterebbe, in ogni caso, di esborsi riconducibili al rapporto eletto - elettori tipico dell’attività svolta sul territorio regionale, destinata ad accrescere la conoscenza fra i cittadini sia dell’attività politica che di quella legislativa svolta dal gruppo consiliare regionale. L’ ascolto delle necessità e delle aspettative della società civile giustificherebbe le piccole colazioni al bar, anche ripetute nel corso della giornata, da considerarsi quali occasioni di pubbliche relazioni con gli elettori e le diverse categorie esponenziali delle realtà territoriali.

        La difesa del *** ha elencato le diverse tipologie di spesa desumibili dagli scontrini fiscali che formano oggetto di contestazione, individuando le finalità delle stesse nell’esigenza di effettuare omaggi di modico valore in occasione di incontri o di visite di rappresentanza ovvero per attività correlate alla divulgazione dell’attività del gruppo. In alcuni casi si tratterebbe di acquisti erroneamente inseriti tra le spese di rappresentanza, ma in ogni caso afferenti ad altre voci di spesa previste dal Regolamento ed ammesse a rimborso.

        In ragione di tali premesse il nominato patrocinio ha eccepito, in via pregiudiziale, il difetto assoluto di giurisdizione della Corte dei conti, ponendo in evidenza come del tutto erroneamente, ai fini del sindacato sulle spese di rappresentanza, i consiglieri regionali siano stati considerati alla stregua dei dipendenti pubblici. Si tratterebbe di un’equiparazione priva di fondamento giuridico, dovendosi ritenere l’operato dei consiglieri regionali coperto da insindacabilità al pari di quello dei componenti del Parlamento. Inoltre, le spese sostenute dai gruppi, indipendentemente dalla natura giuridica pubblica o privata di tali formazioni, afferirebbero al compimento di attività direttamente o indirettamente correlate all’esercizio della funzione legislativa, restando soggette al voto finale che il Consiglio compie sul bilancio consuntivo regionale.

          Sottoporre al sindacato giurisdizionale le spese in questione implicherebbe la violazione dell'insindacabilità di un voto del Consiglio regionale, e quindi dei singoli consiglieri che l'hanno espresso con un conseguente vulnus per il Consiglio regionale e per le sue prerogative di autonomia. L’adesione alla tesi propugnata dalla Procura Regionale darebbe luogo, peraltro, al riconoscimento di un’ ingiustificata - e costituzionalmente non prevista - forma di ampliamento della giurisdizione contabile, da ritenersi invece limitata, in conformità alla previsione di cui all’ art. 1, legge 14 gennaio 1994, n. 20, ai soli casi stabiliti dalla legge, vale a dire alla responsabilità amministrativa degli amministratori e dei dipendenti pubblici per danni cagionati ad amministrazioni o ad enti pubblici.

        Sotto diverso profilo l’avv. Ponti ha dedotto l’insussistenza della responsabilità amministrativa per carenza del requisito soggettivo della colpa grave, osservando come il Galasso abbia operato conformemente a quella che sino a quel momento era stata la prassi adottata in seno al gruppo consiliare, nell’assenza di un qualsivoglia rilievo da parte dell’ organo deputato al controllo di merito (l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale) ovvero in occasione della votazione sul bilancio regionale consuntivo. Ha peraltro rilevato che la mole dei documenti fiscali riguardante i rimborsi può avere generato errori commessi in buona fede e dovuti al puro caso e non certo ad un atteggiamento di incuria nella gestione del denaro pubblico.

        Da ultimo, il nominato patrocinio ha affermato che a tutto voler concedere, andrebbe considerata la corresponsabilità di terzi nella determinazione del danno. I rimborsi in questione, infatti, non sono stati erogati dal *** ma dal personale dipendente del Gruppo dietro esibizione della documentazione contabile di supporto,  nell’ambito di una disciplina che demandava all'Ufficio di Presidenza le eventuali contestazioni in merito alla rimborsabilità delle  spese sostenute. Tutto ciò farebbe emergere l'esistenza di correlate responsabilità di terzi di cui dovrebbe tenersi conto, quanto meno ai fini del concorso virtuale, ove non si ritenesse di disporre la chiamata in causa di tali soggetti. Alla stregua delle esposte considerazioni la difesa del *** ha concluso, in via preliminare ed assorbente, per il difetto assoluto di giurisdizione del Giudice contabile; nel merito, per la reiezione della domanda risarcitoria, stante la legittimità della condotta e comunque per l’ assenza di profili di dolo e/o colpa grave e, in via di ulteriore subordine, per la riduzione della pretesa, con deduzione dell’importo relativo alle spese riferibili ad altri consiglieri e/o al Gruppo nel suo complesso, previo accertamento virtuale della corresponsabilità di terzi nella determinazione del danno e riduzione dell'addebito a carico del convenuto.

      Il data 4.12.2013 la difesa del *** ha dimesso copia del regolamento preventivo di giurisdizione proposto innanzi alla Corte di Cassazione con allegata istanza di sospensione del processo ex art. 367, co. 1, c.p.c..

      All’udienza del 12 dicembre 2013 il Procuratore Regionale ha chiesto il rigetto dell’istanza di sospensione del processo formulata dall’ avv. Ponti evidenziandone la manifesta infondatezza. Nel ribadire il contenuto dell’atto di citazione, il P.M. contabile ha chiesto di depositare, in udienza, copia di ulteriore documentazione riepilogativa delle spese contestate al convenuto. L’avv. Ponti, interpellato sulla richiesta istruttoria formulata da parte attrice, ha dichiarato di non opporsi a condizione di beneficiare di un congruo rinvio per l’esame della nuova documentazione.

        Ritiratosi in camera di consiglio, il Colllegio, a scioglimento della riserva, ha respinto l’istanza istruttoria ritenendo la stessa tardiva e irrilevante nel contesto di un giudizio sufficientemente istruito. Nel prosieguo della discussione l’avv. Ponti ha ripercorso le argomentazioni difensive esposte in comparsa di costituzione, sottolineando la non assimilabilità della vicenda in esame al caso Fiorito, esitato in una pronuncia di condanna per il reato di peculato. Ha quindi ribadito che la vicenda all’esame non riguarda dipendenti o amministratori pubblici, bensì legislatori con competenza primaria in determinate materie per i quali trovano applicazione le stesse regole che valgono per il Parlamento. In ragione di tali premesse ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate in atti.

       Ritenuto in

DIRITTO

       Preliminarmente all’esame del merito, il Collegio deve verificare la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 367, co. 1, c.p.c., per la sospensione del processo, chiesta dal convenuto a seguito della proposizione del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione. L’istanza, come già ritenuto da questa Sezione nell’ambito di un caso analogo a quello in esame (C.d.C., Sez. Friuli Venezia Giulia, ordinanza n. 38/2013), va respinta per essere la contestazione della giurisdizione, oltre che di dubbia ammissibilità, manifestamente infondata.

        Deve innanzi tutto rilevarsi come la giurisdizione della Corte dei conti trovi il proprio fondamento nella previsione di cui all’art. 103 Cost., oltre che nei principi ordinamentali che assoggettano ogni tipo di spesa pubblica al controllo, amministrativo e giurisdizionale, della conformità dell’impiego delle risorse della collettività alle finalità istituzionali previste dalla legge. Per quanto attiene, poi, alla posizione dell’odierno convenuto, tale giurisdizione viene a radicarsi in virtù di più indici concorrenti: il rapporto di servizio onorario instauratosi tra il *** e la Regione in ragione della carica elettiva di consigliere regionale; la relazione funzionale che lega il Presidente del gruppo consiliare al Consiglio regionale per la gestione dei contributi previsti dalle leggi n. 54/1973 e n. 52/1980; la natura pubblica delle risorse assegnate ai gruppi consiliari ed il preciso vincolo di destinazione alle stesse impresso; il diretto maneggio di denaro pubblico avente una specifica destinazione funzionale.

        E’ bene sottolineare come il rapporto di servizio esistente tra il *** e l’Ente regione, generatore di una responsabilità di natura gestoria, emerga chiaramente dall’art. 1, co. 1, del Regolamento di esecuzione delle leggi regionali n. 54/1973 e n. 52/1980 (delibera dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia n. 196 del 1996) laddove si prevede il versamento diretto, al Presidente del gruppo consiliare, dei contributi per le spese di funzionamento, con ciò delineandosi un compito di gestione delle risorse assegnate al gruppo e di verifica sull’utilizzo di tali risorse in conformità al vincolo di destinazione loro assegnato dalla normativa in riferimento (vd. art. 3, co. 1, e art. 6, co. 1 Reg.)

       Un ulteriore elemento di conferma della giurisdizione della Corte dei conti si trae dalla natura “pubblica” dei contributi erogati ai gruppi consiliari, connotazione che, per quanto si desume dal Regolamento di esecuzione delle leggi regionali n. 54/1973 e n. 52/1980, non muta a seguito dell’assegnazione di tali risorse alla materiale disponibilità dei gruppi consiliari. Depongono, in tal senso, non solo la “provenienza” dei contributi dal bilancio del Consiglio regionale e lo specifico vincolo di destinazione per finalità di interesse pubblico, ma anche la peculiarità di una disciplina  che impone, al termine della legislatura, il riversamento al bilancio del Consiglio dei saldi attivi dei gruppi consiliari (art. 6, co. 6, del Regolamento) nonchè il trasferimento al patrimonio del Consiglio regionale dei beni dei gruppi consiliari risultanti dall’inventario (art. 5, co. 2, del Regolamento).

       La qualificazione, in termini di “danno pubblico”, del pregiudizio conseguente ad un utilizzo illecito delle risorse assegnate ai gruppi consiliari costituisce un elemento che concorre all’affermazione della giurisdizione della Corte dei conti ove si consideri che per orientamenti ormai consolidati della Corte dei Cassazione, i tradizionali canoni “soggettivi” tesi a considerare la qualità del soggetto agente sono diventati recessivi rispetto alla valutazione dell’aspetto “oggettivo”, profilo nell’ambito del quale assume rilievo la fonte del finanziamento, la natura del danno e gli scopi perseguiti (cfr. Cass. SS.UU. n. 4511/2006 e successive).

       Reputa il Collegio che tali conclusioni non siano messe in discussione dall’argomentazione difensiva secondo cui l’esercizio del sindacato giurisdizionale sulla gestione dei fondi destinati ai gruppi consiliari comporterebbe una lesione delle prerogative di autonomia e di insindacabilità previste dall’art. 122, co. 4 Cost. e dall’art. 16 dello Statuto speciale della Regione Autonoma Friuli Venezia. Sul punto giova rilevare, in primis, che la questione, a rigore, potrebbe ritenersi più propriamente afferente ai limiti interni della giurisdizione, posto che la sua soluzione si compendia nel rilievo dell’inesistenza di una regola sostanziale che, in presenza di uno status come quello del consigliere regionale, accordi protezione rispetto al fatto lesivo dedotto in giudizio (cfr, con riferimento alla posizione dei parlamentari, Cass. SS.UU. n. 153/1999; Cass. SS.UU. n. 10376/1997; id. n. 9550/1997; id. n. 5174/1997; id. n. 9357/1996; id. n. 8635/1996; id. n. 5477/1995; id. n. 5605/1995; vd., anche Cass. SS.UU. n. 5756/2012).

       Va poi rilevato come la Corte Costituzionale, in ripetute occasioni, abbia rimarcato la necessità di distinguere fra atti che, per essere frutto di voti ed opinioni espresse dai componenti del Consiglio, possono risultare coperti dall’ insindacabilità, nei limiti oggettivi in cui questa assiste le attività dei consigli regionali (cfr., ad es., sentenze n. 69 del 1985, n, 289 del 1997 e n. 392 del 1999) ed atti (od omissioni) invece estranei a tale prerogativa e quindi suscettibili di dare luogo a chiamata in responsabilità (Corte Cost. n. 292/2001). Da tale indirizzo si desume, all’evidenza, il carattere del tutto relativo e peculiare di un’immunità la cui sussistenza va accertata caso per caso e che non copre gli atti che non siano ragionevolmente riconducibili all’autonomia ed alle esigenze ad essa sottese (Corte Cost. n. 289/1997).

       Deve aggiungersi che alla stregua di un consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte Costituzionale, le guarentigie dei consiglieri regionali costituiscono presidi delle più elevate funzioni di rappresentanza politica del Consiglio regionale, da individuarsi nella funzione legislativa, in quella di indirizzo politico e di controllo nonché nella funzione di autorganizzazione interna (cfr. Corte Cost. n. 69/1985; id. n. 209/1994). Ma tanto, a ben vedere, sarebbe di per sé sufficiente a porre il caso all’ esame al di fuori della portata applicativa delle pronunce della Consulta, non ravvisandosi, all’esito di un’attenta disamina della documentazione acquisita agli atti di causa, elementi che consentano di ricondurre l’attività di “gestione” dei contributi assegnati al gruppo consiliare a quel nucleo ristretto di funzioni intestate al Consiglio regionale che formano oggetto della particolare tutela prevista dagli articoli 122, co. 4 Cost. e 16 dello Statuto speciale della Regione Autonoma Friuli Venezia.    

      Non meno infondata deve ritenersi la tesi secondo cui l’esercizio della giurisdizione del Giudice contabile comporterebbe un sindacato sul voto espresso dal singoli consiglieri in sede di approvazione del bilancio consuntivo regionale. L’affermazione, all’evidenza, sembra non considerare che il rendiconto generale della Regione costituisce un mero documento di sintesi delle risultanze contabili della gestione delle attività e passività finanziarie e patrimoniali dell’Ente. Ritenere che il voto espresso in tale sede implichi l’insindacabilità della sottostante attività di gestione del bilancio (ivi compresa quella di spesa di contributi regionali erogati in favore dei gruppi consiliari) implicherebbe la prefigurazione di un’area di totale irresponsabilità civile, contabile e penale, non assistita da alcun fondamento di diritto positivo ed incompatibile non solo con la concorde interpretazione giurisprudenziale dell’ art. 122, co. 4, Cost. ma anche con i principi costituzionali dettati dagli artt. 3, 24 e 101 e ss. della Costituzione. Naturale corollario dell’ipotesi delineata dal ***, sarebbe il riconoscimento di un’area di privilegio sottratta ad ogni sindacato giurisdizionale sulla correttezza e la regolarità della gestione del denaro pubblico.

      Per tutti i motivi innanzi esposti, va respinta l’istanza di sospensione del giudizio formulata dalla difesa del convenuto ai sensi dell’art. 367 c.p.c. e dichiarata la giurisdizione del Giudice contabile in ordine all’azione risarcitoria azionata dalla Procura Regionale.

      Quanto al merito si osserva che l’attribuzione di fondi pubblici in favore dei gruppi consiliari operanti presso il Consiglio Regionale è prevista dalle leggi regionali n. 54/1973 e n. 52/1980 per le occorrenze necessarie all’assolvimento delle relative funzioni istituzionali. Con delibera n. 196/1996 l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale ha adottato il Regolamento di esecuzione delle leggi regionali n. 54/1973 e 52/1980, prevedendo che i contributi destinati ai gruppi consiliari debbano essere  impiegati “per le spese di funzionamento, di aggiornamento, di studio e documentazione, compresa l’acquisizione di consulenze e di collaborazioni … nonché per l’acquisto di beni strumentali e l’affidamento di sondaggi.

         L’elencazione delle spese di “funzionamento”, contenuta nell’art. 1, co. 2 del citato Regolamento, ricomprende quelle: a) per iniziative di divulgazione dell’attività e dei programmi del gruppo, anche mediante stampa, manifesti, pubblicazioni o altri mezzi di comunicazione; b) di cancelleria, postali, telefoniche e di fotoriproduzione aggiuntive rispetto a quelle previste dall’articolo 2, terzo comma, della legge regionale 28 ottobre 1980, n. 52; c) di rimborso per trasferte di consiglieri regionali componenti il gruppo effettuate per esigenze del gruppo medesimo; d) per l’acquisto di libri, giornali, stampa periodica e per l’accesso a banche dati e reti informatiche; e) di rappresentanza sostenute nell’interesse del gruppo; f) per la stipulazione di polizze assicurative integrative sugli autoveicoli utilizzati dai consiglieri o dal personale nell’interesse del gruppo. La disposizione di chiusura prevista dall’art. 1, co. 3, delRegolamento precisa che “spese di funzionamento che non rientrino fra quelle indicate al comma 2 devono essere autorizzate in via preventiva dall’Ufficio di Presidenza”.  

         E’ bene sottolineare che, per espressa previsione regolamentare, i contributi previsti dalle leggi regionali nn. 54/1973 e 52/1980erano versati direttamente al Presidente del gruppo (vd. art. 1 del Regolamento approvato con delibera n. 196/1996). Per contro, a quest’ultimo si richiedeva di presentare “annualmente, entro il mese di febbraio, all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, una nota riepilogativa delle spese effettuate con i fondi erogati nell’anno precedente, redatta secondo le modalità stabilite dall’Ufficio di Presidenza e corredata da una relazione illustrativa e dalla dichiarazione sottoscritta dal Presidente del gruppo nella quale si attesta che i documenti giustificativi delle spese sostenute sono conservati presso il Gruppo” (art. 6, co. 1, Reg. cit.).

        In ragione di quanto innanzi esposto e tenuto conto dei principi generali che governano la corretta gestione del denaro pubblico, di diretta derivazione costituzionale (artt. 3, 97, 103 Cost.), può  dunque affermarsi che ricadesse sul ***, nella qualità di Presidente del gruppo consiliare “Popolo della Libertà”, non solo l’onere della rendicontazione delle spese di rappresentanza direttamente chieste a rimborso, ma anche quello di assicurare la corretta gestione dei contributi pubblici utilizzati per le spese di pertinenza del gruppo, vigilando sulla corretta utilizzazione di tali risorse e sul rispetto dei vincoli di destinazione correlati a tali erogazioni. Nell’esercizio di tali funzioni il Presidente *** avrebbe dovuto impartire precise disposizioni al personale amministrativo del gruppo consiliare addetto alla gestione della contabilità e sorvegliare sul buon esito delle procedure interne di controllo.  

       Per quanto attiene, nello specifico, alle “spese di rappresentanza”, osserva il Collegio che l’allegazione di un’adeguata motivazione doveva ritenersi una condizione necessaria, alla stregua dei comuni principi di rendicontazione contabile, per giustificare il diretto collegamento del rimborso della spesa con l’attività istituzionale svolta dal gruppo consiliare. L’allegazione di specifici elementi giustificativi costituiva, in definitiva, l’irrinunciabile presupposto di legittimità per il conseguimento del rimborso, e dunque un onere che andava assolto in sede di rendicontazione  mediante specifici riferimenti alle finalità di rappresentanza istituzionale perseguite.

       Non è superfluo ricordare come all’epoca dei fatti, la giurisprudenza della Corte dei conti offrisse agli amministratori pubblici indicazioni chiare su quelli che dovevano ritenersi i limiti e le condizioni per l’utilizzo del denaro pubblico per finalità di rappresentanza istituzionale. Costituiva, dunque, un dato pacificamente acquisito, e dunque noto a chi operava in ambiti istituzionali di assoluta rilevanza, che le spese di rappresentanza, per essere giustificate, dovessero porsi in relazione ad eventi connotati da “eccezionalità” e “ufficialità”, atti a promuovere all’esterno all’immagine dell’Ente, e che tali connotazioni non potessero ricorrere nell’ambito di normali occasioni di incontro con soggetti che non fossero rappresentativi degli organi di appartenenza (C.d.C., Sez. Friuli  Venezia  Giulia  n. 216/2010).

        Doveva ritenersi altrettanto noto, in considerazione dell’eco mediatica suscitata da casi eclatanti di mala gestio dei fondi destinati a spese di rappresentanza, che la giurisprudenza della Corte dei conti considerasse fonte di inammissibile sperpero di denaro pubblico e, dunque, di responsabilità per danno erariale, le spese effettuate per omaggi e pranzi offerti dall’ Amministrazione ai propri dipendenti, gli incontri conviviali non occasionati da manifestazioni ufficiali ovvero quelli afferenti ai “normali rapporti istituzionali”, gli esborsi sostenuti in favore di soggetti non rappresentativi degli organi di appartenenza, gli omaggi di confezioni di cioccolatini, le strenne natalizie, le erogazioni liberali disposte in favore di associazioni (cfr. tra le innumerevoli sentenze della Corte dei conti in materia di spese di rappresentanza, C.d.C, Sez. Friuli Venezia Giulia n. 216/2010; id. Sez. Umbria n. 178/2004; id. Sez. II n. 106/2002; id. Sez. III n. 158/2000; id. Sez. Basilicata n. 129/2000).

       Appare, altresì, utile ricordare che la giurisprudenza del Giudice contabile ha sempre considerato un onere imprescindibile a carico del soggetto che dispone la spesa, l’allegazione di “un’adeguata esternazione delle circostanze e dei motivi che hanno giustificato l’esborso in relazione all’esigenza dell’ente di manifestarsi all’esterno, nonché una puntuale dimostrazione documentale degli aspetti soggettivi, temporali e modali della spesa stessa, tale da consentire una valutazione della rispondenza ai fini pubblici, non potendosi pertanto ritenere sufficiente una mera esposizione della spesa in forma generica o globale” (C.d.C., Sez. Veneto n. 456/1996).  

        Ciò premesso deve evidenziarsi come gli elementi acquisiti agli atti di causa non rechino alcuna evidenza documentale delle occasioni in cui le spese di rappresentanza sarebbero state sostenute, nè giustificativi idonei a dimostrare un effettivo collegamento tra l’esborso finanziato e le esigenze istituzionali di promozione dell’immagine del gruppo consiliare presso soggetti qualificati. Occorre peraltro rilevare come dall’esame di scontrini e ricevute fiscali prodotte in atti emergano tipologie di acquisti palesemente incompatibili con il perseguimento delle finalità che avrebbero potuto giustificare l’erogazione del contributo pubblico. In tal senso, vannomenzionate, a titolo meramente esemplificativo, le spese relative a servizi internet e generi alimentari diversi disposte dalla moglie del collaboratore ***(fatture del 31.12.2010), quelle relative a pedaggi autostradali, bar e ristoranti effettuate in Austria(ricevute del 20.1.2011), il pernottamento in un albergo di Muggia senza l’indicazione dell’occasione che ha determinato tale necessità (ricevuta del 5.3.2011), l’acquisto di carne (ricevuta del 26.3.2011).

      Degno di attenzione, stante la particolare incidenza sul totale delle spese chieste a rimborso, è il numero estremamente elevato discontrini di bar (nella maggior parte dei casi dell’importo di pochissimi euro), nonchè di ricevute rilasciate da ristoranti e pizzerie che risultano privi di una qualsivoglia indicazione che consenta di ravvisare, nelle correlate occasioni conviviali, i tratti distintivi dell’ “eccezionalità”, dell’ “ufficialità” nonchè della “rappresentatività dei soggetti partecipanti all’evento”.

        Quanto agli esborsi catalogati dalla difesa del *** nell’ambito delle voci “articoli sportivi”, “ferramenta”, “alimentari”, “farmaci”, “materiale fotografico”, “igiene intima”, “spese di viaggio”, “ticket parcheggi” e “beni strumentali” si osserva che le odierne allegazioni difensive non consentono di ascrivere in modo univoco i rimborsi conseguiti alla voce “spese di rappresentanza” o comunque ad altre voci di spesa relative al “funzionamento del gruppo”. Si ritiene di poter giustificare le sole spese di acquisto di libri e giornali, espressamente contemplate dall’ art. 1, co. 2, lett. d) del Regolamento citato, non essendo ipotizzabile, in relazione a tali esborsi, un utilizzo del bene rispondente a finalità diverse da quella dell’aggiornamento culturale e professionale del consigliere regionale o del gruppo che tale spesa abbia sostenuto.

        In siffatto contesto è opinione del Collegio che la carenza “ab origine” della documentazione comprovante la legittimità delle spese sostenute per finalità di rappresentanza renda privi di causa, e dunque causativi di danno ingiusto, i rimborsi attribuiti personalmente al *** nonché al gruppo consiliare dallo stesso presieduto. In definitiva, se la motivazione della spesa, integrata dalla documentazione attestante l’esborso sostenuto, costituisce il presupposto essenziale per l’accesso al contributo pubblico, ben può ritenersi che l’azione promossa dalla Procura Regionale abbia fatto emergere un’ illiceità genetica, afferente all’utilizzo di un finanziamento pubblico di cui non è stata mai dimostrata, né in sede di rendicontazione amministrativa, nè nell’odierna sede giudiziale, la coerenza con le finalità assegnate dalla legge.   

       Alla stregua delle sopra esposte considerazioni reputa il Collegio che il sig. *** abbia gestito con grave negligenza i rimborsi delle spese di rappresentanza che formano oggetto di contestazione nel presente giudizio, non avendo adottato le minime cautele necessarie per assicurare il buon esito del finanziamento pubblico erogato in favore del gruppo consiliare. Come già affermato da questa Sezione in una fattispecie similare, “le risorse assegnate ai capigruppo per coprire le spese di rappresentanza sostenute nell’interesse del gruppo (la cui utilizzazione costituisce l’oggetto del presente giudizio) fanno sorgere a carico dei percettori, responsabili del gruppo consiliare, un onere di rendicontazione nei confronti della Regione,  nonché un dovere di vigilanza relativamente alla corretta destinazione delle medesime. La deviazione dalle finalità pubblicistiche delle spese di cui trattasi, la loro omessa rendicontazione o la mancata attestazione, da parte del capogruppo, dei motivi e delle circostanze in cui esse sono state sostenute costituiscono un’evidente violazione, gravemente colposa, delle regole di gestione di fondi pubblici da parte del capogruppo cui l’ordinamento conferisce la responsabilità gestoria delle somme a ciò destinate e, come già evidenziato, l’obbligo della tenuta di scritture contabili e di conservazione dei titoli di spesa” (C.d.C., Sezione Friuli Venezia Giulia n. 11/2014).

        Non può costituire motivo di esonero da responsabilità la mancata indicazione, nell’ambito del Regolamento adottato con delibera n. 196/1996, di espresse modalità di rendicontazione delle spese di rappresentanza, considerato che i principi affermati dalla richiamata giurisprudenza contabile ed i concreti riferimenti operativi desumibili, in via analogica, dalla disciplina delle spese di rappresentanza prevista nel Regolamento di contabilità del Consiglio regionale (art. 14) offrivano un quadro sufficientemente chiaro e circostanziato non solo dei presupposti richiesti per disporre tali spese, ma anche della necessità che le richieste di rimborso fossero accompagnate da puntuali giustificazioni relative a circostanze, motivi e persone coinvolte nell’evento di rappresentanza.

       Deve infine rilevarsi come la difesa del *** abbia invocato, a fini esimenti, l’esistenza di una “prassi” perpetrata da anni, secondo cui il Presidente del gruppo consiliare doveva limitarsi ad attestare l’effettività delle spese sostenute e la custodia delle relative ricevute presso la segreteria del gruppo, senza effettuare un sindacato sulle spese disposte dai singoli consiglieri. L’argomentazione appare poco convincente, tenuto conto che l’obbligo di vigilanza sulle spese di funzionamento dei gruppi consiliari doveva ritenersi cogente in virtù del quadro normativo che disciplinava la materia in esame (leggi regionali nn. 54/1973 e 52/1980 eRegolamento adottato con delibera n. 196/1996).

        Giova peraltro sottolineare come nessuna prassi, per quanto radicata nel tempo, potesse giustificare il perpetrarsi, da parte del ***, della violazione degli obblighi inerenti alla corretta rendicontazione dell’impiego di denaro pubblico. In disparte, peraltro, il rilievo che il mantenimento di una prassi illegittima può addirittura costituire un elemento di aggravio della responsabilità erariale, ove la posizione di particolare rilievo del soggetto agente avrebbe potuto consentire di porre rimedio o comunque modificare una situazione foriera di pregiudizio per le finanze pubbliche (cfr. C.d.C., Sez. II, n. 539/2013; id. Sez. Lazio n. 1096/2012; id. Sez. III n. 177/2006; id. Sez. III n. 56/2005).

        Riconosciuto, dunque, il carattere illecito delle spese contestate al *** e passando alla quantificazione del danno cagionato all’Ente regione, si osserva come dal complessivo importo di euro 10.325,62 contestato in citazione a titolo di rimborsi per spese di rappresentanza deve innanzi tutto detrarsi la somma di euro 200,20 risultando, la stessa, già restituita dal sig.** (impiegato addetto alla segreteria del gruppo consiliare). Tale pagamento sarebbe stato originato, per quanto emerge dalla documentazione prodotta dal convenuto, da un erroneo inserimento di alcuni scontrini personali del *** nella documentazione di pertinenza del ***  (vd. nota del 2.4.2013 a firma di ****, in atti). Ritiene, altresì, il Collegio di dover scomputare le spese destinate all’acquisto di libri e giornali, trattandosi di voci di spesa pacificamente ascrivibili al novero delle spese di funzionamento del gruppo in conformità alla previsione di cui all’art. 1, co. 2, lett. d) del Regolamento approvato con delibera n. 196/1996. Nel dettaglio si tratta dei documenti fiscali del 15.12.2010 (euro 38,00), del 20.11.2010 (euro 40,00), del 23.12.2010 (euro 20,00), del 13.1.2011 (euro 16,00), del 7.2.2011 (euro 4,40), del 14.2.2011 (euro 4,40), del 31.1.2011 (euro 4,40), del 12.2.2011 (euro 15,00), del 27.1.2011 (euro 22,00), 5.3.2011 (euro 17,00), del 16.2.2011 (euro 16,00), del 13.4.2011 (euro 6,40), di data illeggibile (euro 12,00 e 15,70), del 18.12.2011 (euro 3,00), del 19.12.2011 (euro 4,20), del 7.11.2011 (euro 7,00), per complessivi euro 245,50.

       Per le medesime ragioni si ritiene che dalle spese di rappresentanza rimborsate in favore del gruppo, delle quali pure è chiamato a rispondere il *** (euro 30.711,66) debbano scomputarsi le voci relative all’acquisto di libri e giornali. Nel dettaglio si tratta dei documenti fiscali del 31.12.2010 (euro 87,75), del 31.12.2010 (euro 44,00), del 9.2.2011 (euro 176,81), del 16.11.2011 (euro 16,42), del 8.4.2011 (euro 6,50), attestanti un esborso pari a complessivi euro 331,48. Alla stregua delle sopra estese considerazioni, il danno erariale, al netto degli importi restituiti dal sig. *** e dei pagamenti relativi all’acquisto di libri e giornali, va determinato nell’importo complessivo di euro 40.260,10,  pari alla somma di euro 9.879,92 (spese riferibili personalmente al *** da cui vanno detratti gli importi di euro 200,20 e di euro 245,50) e di euro 30.380,18 (spese riferibili al gruppo consiliare Popolo della Libertà da cui va detratto l’importo di euro 331,48).

      Ai fini dell’esatta determinazione dell’addebito, il Collegio reputa di dover considerare il concorso causale dei componenti dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale che non hanno correttamente esercitato i compiti di verifica sulla gestione delle spese del gruppo consiliare. In proposito va ribadito come il predetto organo, per espressa disposizione dell’art. 6, co. 1, del Regolamento approvato con delibera n. 196/1996, non solo era destinatario della nota riepilogativa delle spese effettuate con i fondi erogati nell’anno precedente, ma stabiliva, anche, le modalità di redazione della predetta nota, che veniva accompagnata alla relazione illustrativa ed all’attestazione della conservazione dei documenti giustificativi presso il gruppo consiliare. Va altresì rilevato che l’Ufficio di Presidenza, ai sensi dell’art. 6, co. 2, del Regolamento doveva attestare la rispondenza della nota proveniente dal gruppo consiliare alle disposizioni di esecuzione delle LL. RR. n. 54/1973 e 52/1980, con la possibilità di chiedere chiarimenti qualora ciò fosse stato ritenutonecessario.

       Ciò posto, non è revocabile in dubbio che un più accurato controllo da parte dell’Ufficio di Presidenza avrebbe potuto evitare o comunque limitare le distorsioni nella procedura di attestazione e rimborso delle spese dei gruppi consiliari. Il peso della mancata vigilanza dell’Ufficio di Presidenza, incidente in termini concausali sul pregiudizio economico arrecato dalla Regione Friuli Venezia Giulia, va preso in considerazione ai fini di una più esatta determinazione della quota di danno da porsi a carico del convenuto. Il Collegio ritiene che detto apporto concausale possa essere determinato nella misura del 10%, tenuto conto che i rendiconti trasmessiannualmente all’Ufficio di Presidenza erano di tipo sommario e che agli stessi non venivano allegate le pezze giustificative delle spese effettuate dai gruppi consiliari.

        Ne consegue che dal danno erariale, complessivamente determinato nell’importo di euro 40.260,10, va detratta la somma di euro4.026,01 (pari all’apporto causale del 10% virtualmente ascrivibile all’Ufficio di Presidenza), determinandosi in complessivi euro36.234,09 il danno da addebitarsi all’odierno convenuto. Conclusivamente, il sig.**** va condannato al pagamento, in favore della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, della somma di euro 36.234,09 oltre rivalutazione monetaria dal 1.3.2012 (data in cui il convenuto ha presentato all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale la documentazione prevista dal Regolamento approvato con delibera n. 196/1996) al deposito della presente sentenza, ed interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza all’effettivo soddisfo. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono poste a carico del convenuto nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la regione Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunciando, rigetta l’istanza di sospensione del processo ex art. 367 c.p.c.; dichiara la giurisdizione della Corte dei conti; condanna **** al pagamento, in favore della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, dell’importo di euro 36.234,09 oltre rivalutazione monetaria e interessi legali nei termini di cui in motivazione. Condanna, altresì, il convenuto al pagamento delle spese di giudizio che vengono liquidate nell’importo di euro 294,45 (euroduecentonovantaquattro/45).

Manda alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.

Così deciso in Trieste nella Camera di Consiglio del 12 dicembre 2013, proseguita il 15 gennaio 2014.

     L’ESTENSORE                                                      IL PRESIDENTE

f.to Giancarlo DI LECCE                                       f.to Alfredo LENER

                  Depositata in Segreteria il 17.2.2014

                p.IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA

                            f.to il Funzionario Addetto

                               Dott.Anna De Angelis

 

 

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