Thursday 05 June 2014 18:47:29

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

"Con salvezza dei diritti dei terzi": sulla clausola di stile utilizzata nei provvedimenti il Consiglio di Stato precisa che essa non esclude che già in sede di procedimento amministrativo debba aversi riguardo alle situazioni di contrasto tra privati e ove possibile consentire accomodamenti e soluzioni

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 27.5.2014

Sulla clausola “con salvezza del diritto dei terzi”, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato precisa che normalmente apposta agli atti autorizzatori, alla stregua di clausola di stile, al di là delle diatribe dottrinarie sull’effettiva portata, seppure implichi sicuramente la irrilevanza della conformità dell’atto dal punto di vista pubblicistico nei rapporti tra privati, la cui tutela è assicurata dal diritto ad ottenere la tutela ripristinatoria (invero, la clausola “fatti salvi i diritti dei terzi”, da un punto di vista generale e secondo l’interpretazione dell’atto amministrativo alla stregua dei canoni civilistici, potrebbe operare addirittura quale condizione risolutiva dell’atto amministrativo espansivo di facoltà dei privati, comportandone ipso iure l’inefficacia, ove la lesione del diritto dei terzi sia accertata da sentenza passata in giudicato), non esclude che già in sede di procedimento amministrativo debba aversi riguardo alle situazioni di contrasto tra privati e ove possibile consentire accomodamenti e soluzioni, ove gli interessi privati contrapposti vengano in rilievo e siano portati a conoscenza dell’amministrazione. Invero, in base al principio di legalità che sottende l’attività della pubblica amministrazione, non può essere consentito e rimesso esclusivamente alla delibazione giurisdizionale, la risoluzione e composizione degli interessi privati che vengano ad essere coinvolti da un’attività della pubblica amministrazione in astratto conforme a legge. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale*del 2013, proposto da:

Società Freedom Land s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Maurizio Vasciminni e Nico Moravia, con domicilio eletto presso lo Studio Pavia & Ansaldo Avvocati in Roma, via Bocca di Leone 78;

 

contro

Condominio di via Mario Fani 61, in persona dell’amministratore in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Marina Petronio, presso la quale è elettivamente domiciliato in Roma, via Cola di Rienzo 8; 

nei confronti di

 

Roma Capitale, in persona del sindaco in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Pier Ludovico Patriarca, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove 21;

Presidenza del Municipio Roma XIV (già Municipio Roma XIX); Direzione del Municipio Roma XIV; Direzione UOT del Municipio Roma XIV; Gabinetto del Sindaco, II Direzione - IUO - Studi, Attività Giuridiche e Affari Generali;

Francesca Apolloni;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO, SEZIONE II n. 7551/2013, resa tra le parti, concernente revoca di autorizzazione all'esercizio dell'attività di asilo nido privato per contrasto con il regolamento condominiale.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Condominio di via Mario Fani, 61 e di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti l’avv. Claudio Guccione, su delega dell'avv. Nico Moravia e l’avv. Rosalda Rocchi, in dichiarata sostituzione dell'avv. Pier Ludovico Patriarca;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.- Il Condiminio di via Mario Fani 61 chiedeva al Comune di Roma la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di asilo nido svolta nei locali dello stabile condominiale, rilasciata alla società Freedom Land s.r.l., assumendo il contrasto tra l’attività di asilo nido e l’art. 15 del regolamento condominiale, come accertato dal Tribunale Civile di Roma con sentenza n. 7134/2010.

2.- Il Comune di Roma, acquisite al procedimento le deduzioni della Freedom Land s.r.l. e di Francesca Apolloni, proprietaria dei locali condotti in locazione dalla società Freedom Land, con determina del Dirigente dei Servizi Educativi, Scolastici e Culturali del 2 dicembre 2012, disponeva l’archiviazione dell’istanza di revoca sulle considerazioni che la sentenza del Tribunale Civile di Roma n. 7134/2010 non era definitiva, pendendo appello; che essa riguardava diritti di natura privatistica; che l’autorizzazione era rilasciata salvi i diritti dei terzi; che la revoca può essere disposta solo in presenza di fatti ostativi certi e definitivi.

3.- Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, il Condominio di via Mario Fani 61 chiedeva l’annullamento della suddetta determina per erronea interpretazione di legge; travisamento dei fatti; eccesso di potere e motivazione contraddittoria.

Si costituivano in giudizio Roma Capitale, la società Freedom Land s.r.l. e Francesca Apolloni.

4.- Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con sentenza n. 7551/2013 del 24 luglio 2013, accoglieva il ricorso proposto dal Condominio di via Mario Fani 61 ed annullava la determinazione dirigenziale n. 2289 del 5 dicembre 2012.

Secondo il TAR, la circostanza sopravvenuta – nella specie “accertamento giudiziale dell’incompatibilità dello svolgimento dell’attività di asilo nido con l’assetto regolamentare del condominio” – incidendo sul requisito della disponibilità ed idoneità dell’immobile utilizzato per l’attività, risolvendosi nella mancanza di un fattore strumentale all’attività – imponeva al Comune di tenerne conto nell’esercizio del potere di autotutela sollecitato dal Condominio, non rilevando in contrario né la circostanza che la sentenza del Tribunale Civile di Roma n. 7134/2010 che aveva accertato l’illegittimità dell’attività di asilo nido con le norme del regolamento condominiale, fosse stata resa tra soggetti terzi rispetto alla società che gestisce l’asilo, né che la sentenza del Tribunale civile non costituisse giudicato, essendo pur sempre esecutiva.

In particolare, il TAR riteneva che il contrasto tra l’attività di asilo nido e il regolamento condominiale avesse reso operativa la previsione contenuta nell’art. 30 della legge Regione Lazio n. 59 del 1980 (recante norme sugli asili nido) in base alla quale, si provvede alla revoca dell’autorizzazione, ogni qual volta su segnalazione del Comune competente per territorio, degli utenti o di qualsiasi soggetto interessato, sia venuto meno uno dei requisiti previsti per la concessione dell’autorizzazione, situazione che nel caso si sarebbe determinata, stante l’accertata contrarietà dell’autorizzazione alle regole condominiali.

Di conseguenza, secondo il giudice di primo grado, pur non essendo venuto meno il titolo giuridico in base al quale la società detiene l’immobile, consistente in un contratto di locazione ancora valido, sarebbe venuta meno la possibilità giuridica di esercitare al suo interno l’attività di asilo nido; che non potrebbe aversi riguardo esclusivamente al titolo civilistico che determina la disponibilità dell’immobile in capo alla società, omettendo di tributare la dovuta considerazione all’intervenuta preclusione, per effetto di una sentenza che, ancorché, non definitiva è immediatamente esecutiva, allo svolgimento all’interno di tale immobile di un’attività qualificata come contraria alle regole condominiali.

5.- Freedom Land s.r.l., con l’atto di appello in esame, ha impugnato la suddetta sentenza, di cui chiede l’annullamento o la riforma per error in iudicando, assumendo che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente apprezzato le censure dedotte dal Condominio di via Fani 61 a sostegno del gravame.

In particolare deduce che:

a) la sentenza del giudice di primo grado sarebbe resa sulla base di un unico errato presupposto, cioè che la società gestore dell’asilo avrebbe perso uno dei requisiti previsti dalla legge regionale per lo svolgimento dell’attività per effetto dell’accertamento contenuto nella sentenza del Tribunale civile di Roma n. 7134/2010, senza avvedersi che la società sarebbe estranea al giudizio deciso con la suddetta sentenza, che la sentenza di accertamento, che non sarebbe per sua natura eseguibile, tanto meno potrebbe produrre effetti nei confronti della società, che non avendo mai perso la disponibilità dei locali in cui è esercitata l’attività, essendo tutt’ora efficace il contratto di locazione, sarebbe in possesso del requisito della disponibilità di locali idonei all’attività, così valutati dall’amministrazione comunale; che non sarebbero sopravvenuti cambiamenti nella situazione di fatto e di diritto dell’immobile che impedirebbero alla società di esercitare l’attività di asilo nido;

b) che la sentenza n. 7134/2010 del Tribunale Civile di Roma sarebbe ininfluente sotto l’aspetto processuale, perché sentenza di mero accertamento valida solamente tra le parti (Condominio e la condomina, signora Apolloni) e non nei confronti della Freedom Land, soggetto terzo rispetto a tale giudizio e perché la sentenza di accertamento sarebbe, comunque ineseguibile, non essendo idonea ad imporre un facere a carico della parte soccombente, così come era stato rilevato dal giudice delle esecuzioni, sicché sarebbe contraddittorio quanto affermato dal giudice di primo grado che avrebbe attribuito ad una sentenza non definitiva e non eseguibile, l’effetto di modificare la situazione giuridica e di fatto rilevante nel procedimento amministrativo di revoca dell’autorizzazione;

c) che la sentenza n. 7134/2010 sarebbe irrilevante sotto l’aspetto sostanziale, non incidendo sul contratto di locazione tra la proprietaria signora Apolloni e la società locataria Freedom Land e, in opponibile all’amministrazione, non avendo nulla a che vedere con il diritto amministrativo.

In via gradata, l’appellante, ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado del Condominio per genericità delle censure e violazione della disciplina sul contenuto minimo del ricorso, non esaminata dal TAR.

6.- Si sono costituiti in giudizio il Condominio di via Fani 61 che ha chiesto il rigetto dell’appello per tutte le ragioni esposte nella sentenza di cui ha chiesto la conferma e Roma Capitale che ha sostenuto la correttezza del proprio operato.

Le parti hanno depositato memorie difensive e alla pubblica udienza del 18 febbraio 2014, precisate le conclusioni nei termini di cui agli atti difensivi, il giudizio è stato assunto in decisione.

7.- L’appello è infondato e va respinto.

8.- Con il primo motivo di appello, la società Freedom Land, riproponendo le tesi difensive articolate in primo grado, modulate sulle considerazioni che sorreggono il provvedimento di archiviazione del Comune di Roma, assume che la decisione del TAR sarebbe stata resa sulla base di un unico errato presupposto, ovvero che la sentenza di accertamento del giudice civile produrrebbe effetti nei confronti della società Freedom Land, pur essendo soggetto terzo rispetto a quel giudizio, perché, per effetto della sentenza, la società sarebbe privata della “possibilità giuridica” di svolgere la propria attività presso l’immobile locato.

8.1- La doglianza non può essere positivamente apprezzata.

Come evidenziato dal giudice di primo grado con percorso motivazionale che va sostanzialmente condiviso, nell’ambito prettamente amministrativo, la incompatibilità dell’attività di asilo nido con una norma del regolamento condominiale si riflette sul rapporto di autorizzazione all’esercizio dell’attività, implicando l’inidoneità giuridica del bene all’uso autorizzato dall’amministrazione.

8.2 - Assume, invero, la società appellante che tale impostazione finirebbe con l’attribuire ad una sentenza di puro accertamento, un’efficacia nei confronti di terzi estranei al giudizio, che non sarebbe consentita né sotto il profilo processuale, né sostanziale, tanto più che si tratterebbe di sentenza non suscettibile di esecuzione forzata.

8.3 - Tale prospettazione, incentrata in sostanza sui limiti soggettivi della sentenza, non coglie quella che è l’effettiva valenza della sentenza del Tribunale Civile nella vicenda in esame.

Infatti non è in discussione la estensione degli effetti della sentenza civile di accertamento, né la natura di tale tipo di sentenza, in quanto essa viene in rilievo quale mero “fatto storico certo” - perché accertato giudizialmente attraverso il dictum del giudice che ha fissato il modo di essere della realtà giuridica, accertando l'esistenza e il modo di essere del diritto – in ordine alla incompatibilità rispetto alle norme condominiali dell’attività oggetto di autorizzazione e, quindi, in via mediata, della violazione, attraverso l’esercizio nello stabile condominiale della suddetta attività, di un diritto dei condomini, fissato con un accordo pattizio.

Poco conta, in conseguenza, che la sentenza del Tribunale Civile di Roma, essendo di puro accertamento appresti la forma di tutela minima nell'ambito della più generale tutela dichiarativa, perché fissa, comunque, quale è il diritto nel caso concreto, ove di tale diritto, come nel caso, sia contestata la sussistenza o il modo di essere del diritto, eliminando la incertezza da cui sono scaturiti comportamenti delle altre parti, in conflitto con il diritto accertato.

Ne consegue che un tale accertamento pur riguardando rapporti tra privati, ben è opponibile all’amministrazione, ove tale situazione rilevi nell’ambito di un procedimento amministrativo.

8.4- La circostanza, poi, che la sentenza civile n. 7134 del 2010, essendo di puro accertamento, non sia immediatamente esecutiva e che non sia nemmeno suscettibile di esecuzione forzata nelle forme processuali - civilistiche, come affermato dal giudice dell’esecuzione ( sentenza del Giudice delle Esecuzioni presso il Tribunale di Roma del 24 ottobre 2012), non assume valenza ostativa all’adozione da parte del Comune della richiesta revoca dell’autorizzazione.

Se è vero, infatti che le sentenze di accertamento (e quelle costitutive) non hanno, ai sensi dell'articolo 282 cod. proc. civ., efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato, atteso che la norma citata, nel prevedere la provvisoria esecuzione delle sentenze di primo grado, intende necessariamente riferirsi soltanto a quelle sentenze (di condanna) suscettibili del procedimento disciplinato dal terzo libro codice di procedura civile (ciò emerge dal dato testuale degli artt. 2908-2909 c.c., da ritenersi norme speciali rispetto alla generale previsione dell’art. 282 c.p.c., ed è confermato sia dalla pacifica dottrina, sia dall’inequivoca giurisprudenza della Suprema Corte, da ultimo, cfr. Cass. Sez. Un. n. 4059/2010, nonché Cass. n. 27090/2011; Sezione 2 Civile, 26 marzo 2009, n. 7369), non esclude che essa debba essere valutata nel procedimento di autorizzazione, nei limiti e sensi suddetti anche in relazione alla prospettiva della sua probabile conferma nel giudizio di appello pendente.

In tale ottica, la sentenza del Tribunale civile n. 7134 del 2010, di accertamento negativo dell’utilizzazione dei locali qui in questione per l’attività di asilo nido, in quanto fatto qualificante i locali interessati dall’attività, assume rilevanza nell’ambito del procedimento di autorizzazione all’attività e non può essere ignorata o trascurata dal Comune, non ostandovi né la circostanza che la sentenza non sia definitiva, né che essa riguardi diritti di natura privata, atteso che i diritti dei terzi, vanno sempre salvaguardati dall’amministrazione, allorché adotti atti ampliativi delle facoltà di privati, né che l’autorizzazione faccia salvi i diritti dei terzi.

8.5- Quanto alla clausola “con salvezza del diritto dei terzi”, richiamata nel provvedimento di archiviazione del Comune, essa clausola, normalmente apposta agli atti autorizzatori, alla stregua di clausola di stile, al di là delle diatribe dottrinarie sull’effettiva portata, seppure implichi sicuramente la irrilevanza della conformità dell’atto dal punto di vista pubblicistico nei rapporti tra privati, la cui tutela è assicurata dal diritto ad ottenere la tutela ripristinatoria (invero, la clausola “fatti salvi i diritti dei terzi”, da un punto di vista generale e secondo l’interpretazione dell’atto amministrativo alla stregua dei canoni civilistici, potrebbe operare addirittura quale condizione risolutiva dell’atto amministrativo espansivo di facoltà dei privati, comportandone ipso iure l’inefficacia, ove la lesione del diritto dei terzi sia accertata da sentenza passata in giudicato), non esclude che già in sede di procedimento amministrativo debba aversi riguardo alle situazioni di contrasto tra privati e ove possibile consentire accomodamenti e soluzioni, ove gli interessi privati contrapposti vengano in rilievo e siano portati a conoscenza dell’amministrazione.

Invero, in base al principio di legalità che sottende l’attività della pubblica amministrazione, non può essere consentito e rimesso esclusivamente alla delibazione giurisdizionale, la risoluzione e composizione degli interessi privati che vengano ad essere coinvolti da un’attività della pubblica amministrazione in astratto conforme a legge.

8.6- La circostanza, poi, che nel caso la sentenza n. 7134/2010 del Tribunale civile non sia definitiva, pendendo appello, e quindi non ha la forza attribuita al giudicato e la vincolatività del decisum tra le parti e gli aventi causa (tra i quali ben potrebbe essere compreso il locatario, titolare del diritto soggettivo di godimento) non esclude che nell’ambito del procedimento amministrativopossa dar luogo ad una tutela per così dire anticipata, ove, come già detto, alla stregua delle valutazioni dell’ente che rilascia l’autorizzazione sia verosimile o molto probabile la conferma della sentenza in secondo grado ovvero, ove il contrasto con la norma regolamentare, giudizialmente accertato sia pure con sentenza non definitiva, sia ictu oculi rilevabile.

8.7- In conclusione, la circostanza che la situazione controversa coinvolga rapporti di diritto privato, che dovrebbero trovare soluzione nella sede civile, non esclude che possa e debba trovare componimento in sede amministrativa e nell’ambito del procedimento amministrativo, che per come disciplinato dalla normativa vigente, attraverso il contraddittorio tra le parti interessate e l’acquisizione di tutti gli elementi rilevanti alla decisione finale, è volto a prevenire, per quanto possibile, le controversie tra privati.

Ove la fattispecie venga inquadrata, quindi, nel più ampio contesto socio - economico, caratterizzato dalla compresenza di una pluralità di interessi e diritti facenti capo a soggetti diversi ed operanti su diversi piani, la circostanza che dal punto di vista meramente pubblicistico un’attività sia consentita, non esclude che all’esercizio ostino ragioni operanti sul diverso piano dei rapporti tra privati e che l’amministrazione nell’esercizio del potere decisionale non debba tenere debito conto di esse.

In tale ottica, non assume carattere assorbente la presenza di tutti i requisiti di ordine soggettivo e oggettivo previsti dalla normativa di settore per l’esercizio dell’attività di asilo nido, né che l’immobile abbia la destinazione d’uso per l’esercizio dell’attività di asilo nido, né che l’immobile sia idoneo all’attività dal punto di vista strutturale e igienico – sanitario, venendo in rilievo solamente la diversa questione della tutela dei diritti dei terzi, cui sono sempre subordinati gli atti di assenso dell’amministrazione all’esercizio di attività regolamentate, che come detto, non si risolve nella clausola “con salvezza dei diritti dei terzi” che chiude il provvedimento amministrativo, richiedendosi all’amministrazione una più accurata verifica della sussistenza di tali diritti, perlomeno, allorché ne acquisisca la conoscenza, perché fatti valere proprio dai titolari dei diritti.

La insufficiente e inadeguata valutazione di tutti gli elementi suddetti evidenzia l’illegittimità del provvedimento di archiviazione oggetto di impugnazione.

9.- Fermo tanto, quanto alla censura dedotta in via gradata dalla società appellante, sulla inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per genericità, va soltanto considerato che nel caso, seppure i motivi di gravame non sono espressi in maniera puntuale e rigorosa, atteso che il parametro dell’illegittimità del provvedimento impugnato è costituito in sostanza dalla sentenza di accertamento resa nel giudizio civile, la prospettazione nel suo complesso consente la identificazione con certezza delle tesi sostenute dal condominio ricorrente e fornisce il principio di prova utile alla identificazione della domanda finale.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.

Quanto alle spese di giudizio, sussistono giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l 'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Alessandro Pajno, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Doris Durante, Consigliere, Estensore

Nicola Gaviano, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/05/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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