Sunday 19 July 2015 09:49:09

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

L'efficacia nel giudizio amministrativo della sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 16.7.2015 n. 3556

Nella sentenza del 16 luglio 2015 n. 3556 la Sesta Sezione del Consiglio di Stato chiarisce la portata del vincolo che deriva dal giudicato penale formatosi sulla sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione. Ad avviso del Collegio occorre, a tal proposito, muovere dall’art. 654 Cod. proc. pen.. In base a tale previsione, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato: - nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverta intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale; - nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale; - purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile o amministrativa non ponga limitazioni alla prova della situazione soggettive controversa. In disparte la condizione (negativa), rappresentata dall’assenza di limiti alla prova della situazione giuridica controversa (limiti che nel processo amministrativo sono in gran parte venuti meno con l’introduzione della prova testimoniale e della consulenza tecnica d’ufficio anche nei giudizi relativi ad interessi legittimi), l’art. 654 Cod. proc. pen., nel delineare l’efficacia extra moenia del giudicato penale prevede, comunque, due limiti fondamentali, uno soggettivo e l’altro oggettivo. Sotto il profilo soggettivo, il giudicato è vincolante solo nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo civile. Non, quindi, nei confronti di altri soggetti che siano rimasti estranei al processo penale, pur essendo in qualche misura collegati alla vicenda penale (ad esempio, il danneggiato che non si sia costituito parte civile, la persona offesa dal reato, il responsabile civile che non sia intervenuto o non si sia costituito). Sotto il profilo oggettivo, il vincolo copre solo l’accertamento dei “fatti materiali” e non anche la loro qualificazione o valutazione giuridica, che rimane circoscritta al processo penale e non può condizionare l’autonoma valutazione da parte del giudice amministrativo o civile. Da ciò deriva che l’eventuale qualificazione giuridica in termini di invalidità (annullabilità o nullità) che il giudice penale dovesse attribuire al provvedimento amministrativo rilevante nella fattispecie di reato esulerebbe, in quanto tale, dal vincolo del giudicato, atteso che il giudizio di invalidità non riguarda l’accertamento del fatto, ma la sua qualificazione giuridica.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 03556/2015REG.PROV.COLL.

N. 07076/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7076 del 2014, proposto da: 
Procedura di concordato preventivo Iea s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Didonna, con domicilio eletto presso Michele Didonna presso Studio Arbia in Roma, Circonvallazione Clodia, 80; 

contro

Comune di Bari, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Augusto Farnelli, Chiara Lonero Baldassarra, con domicilio eletto presso Fabio Caiaffa in Roma, Via Nizza, 53; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE III n. 00834/2014, resa tra le parti, concernente diniego di autotutela su titoli edilizi; 

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Bari;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2015 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Didonna e Farnelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello proposto dalla Procedura di concordato preventivo I.E.A. s.p.a. per ottenere la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, 1° luglio 2014, n. 834.

2. La sentenza di primo grado ha respinto il ricorso promosso dalla Procedura di concordato per l’annullamento della nota prot. n. 142387 del 14 giugno 2013, con cui la Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari ha negato l’annullamento in autotutela ex art. 21-octiesLegge 7 agosto 1990, n. 241 o il ritiro per nullità ex art. 21-septies della concessione edilizia in variante n. 132 del 3 giugno 2003 e del permesso di costruire in variante n. 377 del 27 novembre 2003, richiesti dall’appellante con istanza dell’11 febbraio 2013. 

3. Oggetto del contendere è il complesso edilizio “Agorà”, sito in Bari alla v. Fanelli n. 285, costruito in virtù delle concessioni edilizie n. 408/89 del 1° ottobre 90 e le successive varianti nn. 475/91; 1869/96; 545/00 (quest’ultima in sanatoria).

Il complesso, composto dei lotti nn. 1 e 2, è stato inizialmente costruito con destinazione d’uso di “centro polifunzionale per la terza età”.

Con le successive varianti C.E. n. 132/03 e P.d.C. n. 377/03, il lotto n.1 è stato oggetto di mutamento di destinazione d’uso da “centro polifunzionale per la terza età” a “uffici finanziari”.

Gli uffici in questione sono stati in concreto destinati ad ospitare l’articolazione regionale dell’Agenzia delle Entrate.

4. Con sentenza n. 33897 del 20 settembre 10 (resa su ricorso R.G. 32150/2008), la Corte di Cassazione che si è occupata della vicenda in sede penale, ha confermato la sentenza del febbraio 2008 del Tribunale di Bari di assoluzione degli imputati (l’amministratore unico della società; il tecnico dell’Ufficio comunale della ripartizione e qualità edilizia, nonché responsabile del procedimento ed, infine, il caposettore) per difetto dell’elemento psicologico, ritenendo configurabile l’errore scusabile, pur confermando la configurabilità dell’elemento oggettivo dei reati di abuso edilizio per totale difformità (artt. 31 e 44 lett. b) d.P.R. 6 giugno 2011, n. 380 recante Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e lottizzazione abusiva (artt. 30 e 44, lett. c)).

Sotto il profilo oggettivo la sentenza ha, per la parte che rileva ai fini della presente decisione, ritenuto che la lottizzazione abusiva si fosse realizzata perché le NTA consentivano la realizzazione, nella zona interessata, destinata ad “aree per i servizi della residenza” , di interventi edilizi destinati a soddisfare esigenze della comunità residenziale.

Ciò anche attraverso la realizzazione di edifici destinati all’esercizio di pubblici servizi, purché, tuttavia, vi fosse un collegamento con le esigenze residenziali.

Nel caso di specie, la destinazione a uffici finanziari non determinava alcuna incompatibilità, in linea di principio, con la destinazione urbanistica, tuttavia, la destinazione ad uffici regionali dell’Agenzia delle entrate denotava il difetto del requisito della residenzialità, sicché era in tale specifica destinazione che si manifestava il reato contestato.

La pronuncia penale, peraltro, affermava anche la sussistenza del reato di abuso edilizio, “essendo state le concessioni edilizie rilasciate in aperto contrasto con la disciplina urbanistica” (v. pag. 7 sentenza cit. quintultimo rigo).

5. Ritenuta, per ciò, la illegittimità dei titoli in variante C.E. n. 132/03 e P.d.C. n.377/03, gli organi della procedura di concordato preventivo, hanno richiesto la rimozione in autotutela degli stessi, in virtù dei rilievi del Giudice penale.

Dopo l’iniziale inerzia dell’amministrazione intimata sull’istanza de qua – ed a seguito dell’instaurazione di apposito giudizio volto ad ottenere la pronuncia giudiziale dell’obbligo di provvedere in merito- il Comune di Bari ha adottato la nota impugnata in questa sede, con cui ha negato il ritiro in autotutela, esponendone le ragioni.

6. Il Comune ha, in particolare ritenuto, che il dictum della sentenza della Corte di Cassazione, non imponesse la rimozione dei titoli edilizi in questione, atteso che essi sancivano il cambio di destinazione genericamente in “uffici finanziari” e questa destinazione, in quanto tale, non si poneva in contrasto con la disciplina di cui agli artt. 40, 43,52 delle NTA del PRG (“aree per la residenza”), nascendo, invece, il contrasto dal particolare uso in concreto che la proprietà ne aveva fatto, affidando i locali all’Agenzia dell’Entrate per svolgervi servizi che nessun connotato di collegamento con la popolazione residente possedevano.

Pertanto, era da ritenersi che non il titolo edilizio in astratto, bensì l’uso specifico in concreto impresso dalla proprietà, contrastasse con la disciplina urbanistica, con la conseguenza che, laddove la proprietà avesse inteso “riportare” la destinazione d’uso a quella originaria (cioè “centro polifunzionale per la terza età”, come da originari titoli edilizi, destinati a reviviscenza in ipotesi di ritiro in autotutela), avrebbe potuto e dovuto proporre nuova istanza di cambio di destinazione d’uso (che l’amministrazione si dichiarava sin da allora disponibile ad esaminare), comunicando altresì, ai fini di una soluzione di ogni problematica in merito, di aver indetto un tavolo di concertazione per il giorno 18.6.13.

In altri termini non sarebbero i titoli edilizi in variante a concretare il contrasto con la disciplina urbanistica, essendo questi astrattamente compatibili con la destinazione a strutture per pubblici servizi (connessi alla residenza), bensì il concreto uso impresso dalla proprietà, destinando i locali in questione (quelli del lotto n.1) ad uffici finanziari del tutto privi del requisito della funzionalità al soddisfacimento di esigenze dei residenti (al servizio della popolazione residente, come imposto dalle NTA).

7. Gli organi della procedura hanno impugnato tale provvedimento innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, assumendo l’obbligo del Comune di annullare in autotutela i titoli già indicati e denunciando, l’illegittimità del provvedimento impugnato per contrarietà con l’art. 27 d.P.R. n.380 del 2001 e con l’art. 97 della Costituzione.

8. La sentenza appellata ha respinto il ricorso escludendo la sussistenza di un obbligo per l’Amministrazione comunale di intervenire in autotutela nonostante gli accertamenti contenuti nella sentenza penale. Ciò in quanto, ad avviso del Tribunale amministrativo regionale, il principio di repressione degli abusi edilizi trova un insuperabile contrappeso nel principio della stabilità e della certezza degli atti amministrativi non tempestivamente impugnati. La pur accertata sussistenza sul piano oggettivo del reato di lottizzazione abusiva non inciderebbe sul principio che riconosce la natura “facoltativa” e discrezionale del provvedimento di annullamento d’ufficio. 

Il Tribunale amministrativo regionale ha, inoltre, evidenziato che la sentenza penale della Corte di Cassazione avrebbe ravvisato il reato di lottizzazione abusiva non nella destinazione dell’edificio ad uffici finanziari (di per sé non incompatibile con la destinazione impressa alla zona), ma nella concreta destinazione dell’immobile a sede degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate, perché privi di vocazione residenziale stante la valenza extracomunale (e, dunque, non al servizio della popolazione residente, come richiesto dalle previsioni urbanistiche).

9. Gli organi della procedura hanno impugnato tale sentenza sostenendo, fra l’altro, la doverosità dell’autotutela e lamentando la violazione del giudicato penale. 

10. Si è costituito il Comune di Bari chiedendo il rigetto dell’appello. 

11. L’appello non merita accoglimento. 

12. Va, in primo luogo, chiarita la portata del vincolo che deriva dal giudicato penale formatosi sulla sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione. 

Occorre, a tal proposito, muovere dall’art. 654 Cod. proc. pen..

In base a tale previsione, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato: 

- nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverta intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale; 

- nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale; 

- purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile o amministrativa non ponga limitazioni alla prova della situazione soggettive controversa. 

13. In disparte la condizione (negativa), rappresentata dall’assenza di limiti alla prova della situazione giuridica controversa (limiti che nel processo amministrativo sono in gran parte venuti meno con l’introduzione della prova testimoniale e della consulenza tecnica d’ufficio anche nei giudizi relativi ad interessi legittimi), l’art. 654 Cod. proc. pen., nel delineare l’efficacia extra moenia del giudicato penale prevede, comunque, due limiti fondamentali, uno soggettivo e l’altro oggettivo. 

13.1. Sotto il profilo soggettivo, il giudicato è vincolante solo nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo civile. Non, quindi, nei confronti di altri soggetti che siano rimasti estranei al processo penale, pur essendo in qualche misura collegati alla vicenda penale (ad esempio, il danneggiato che non si sia costituito parte civile, la persona offesa dal reato, il responsabile civile che non sia intervenuto o non si sia costituito). 

13.2. Sotto il profilo oggettivo, il vincolo copre solo l’accertamento dei “fatti materiali” e non anche la loro qualificazione o valutazione giuridica, che rimane circoscritta al processo penale e non può condizionare l’autonoma valutazione da parte del giudice amministrativo o civile. Da ciò deriva che l’eventuale qualificazione giuridica in termini di invalidità (annullabilità o nullità) che il giudice penale dovesse attribuire al provvedimento amministrativo rilevante nella fattispecie di reato esulerebbe, in quanto tale, dal vincolo del giudicato, atteso che il giudizio di invalidità non riguarda l’accertamento del fatto, ma la sua qualificazione giuridica. 

In ordine al primo limite, deve anzitutto evidenziarsi che nel caso di specie il Comune di Bari non risulta essere stato parte del giudizio penale né come parte civile, né come responsabile civile (costituito o intervenuto). 

La sentenza penale è stata resa, infatti, solo nei confronti degli imputati (funzionari del Comune e amministratore della società), senza che l’Amministrazione comunale abbia partecipato al processo penale. 

Quello che viene fatto valere in questa sede è, pertanto, un giudicato reso inter alios, che, come tale, non può spiegare effetto vincolante nei confronti dell’Amministrazione resistente. 

In ogni caso, come si è ricordato, il vincolo di giudicato della sentenza penale riguarda il solo accertamento dei fatti materiali, non anche la loro qualificazione giuridica. 

Da questo punto di vista, la valutazione incidentale della legittimità di un provvedimento che il giudice penale talvolta compie al fine di stabilire se sono integrati gli elementi della fattispecie tipica, non attiene all’accertamento dei fatti materiali, e rileva solo sul piano della qualificazione giuridica. Il giudizio di invalidità provvedimentale, infatti, anche quando presuppone l’accertamento di fatti materiali, rappresenta sempre un quid pluris rispetto all’attività di accertamento, perché comunque involge la qualificazione giuridica del fatto accertato e la sua sussunzione sotto un determinato paradigma normativo. 

La valutazione giuridica di invalidità (o validità) è estranea, quindi, al vincolo extra moenia che ai sensi dell’art. 654 Cod. proc. pen. deriva dal giudicato penale. 

14. Le considerazioni che precedono consentono di ritenere non fondate le censure formulate dall’appellante. 

Il Comune di Bari invero non ha, per ciò che concerne questo giudizio amministrativo, un obbligo di procedere in autotutela per annullare l’ufficio (o dichiarare nulla) la concessione edilizia in variante n. 132/2003 o il permesso di costruire in variante n. 377/2003 in quanto: 

- rispetto al giudicato penale è terzo (trattandosi di giudicato reso inter alios) e, quindi, non ne subisce gli effetti vincolanti; 

- l’efficacia vincolante del giudicato penale, comunque, non si estende alle qualificazioni giuridiche (e, dunque, al giudizio di invalidità provvedimentale) restando circoscritta all’accertamento dei fatti materiali; 

- sul piano dell’accertamento dei fatti, la sentenza penale ha individuato la causa della lottizzazione abusiva nel particolare uso concreto che è stato fatto dell’immobile, adibito dalla proprietà a sede dell’Agenzia delle Entrate per svolgervi servizi che non avevano alcun collegamento con la popolazione residente. Correttamente, quindi - per ciò che riguarda l’oggetto del presente processo, e ferma la distinta qualificazione operata dal giudice penale - il Comune ha ritenuto che la sentenza penale, comunque, non imponesse la rimozione dei titoli edilizi adottati in variante, atteso che essi sancivano genericamente il cambio di destinazione in “uffici finanziari” e questa destinazione, in quanto tale non si poneva in contrasto con la disciplina degli artt. 40, 43, e 52 delle N.T.A. del P.R.G. (che consentivano la realizzazione nella zona di aree per i servizi della residenza).

15. Sulla base di tali considerazioni l’appello deve, di conseguenza, essere respinto. 

16. Sussistono i presupposti considerando anche la novità della questione per compensare le spese di giudizio. 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Severini, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Carlo Mosca, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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