Monday 18 May 2015 20:45:33

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Abusi edilizi: i presupposti per l'applicabilità del terzo condono

segnalzione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sezione Sesta del 18.5.2015

Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta nella sentenza del 18.5.2015 ha richiamato la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 196 del 2004) che ha precisato i limiti di applicabilità del c.d. terzo condono ai soli abusi formali, ovvero realizzati in mancanza del previo titolo a costruire ma non in contrasto con la vigente disciplina urbanistica, nonché la delimitazione del raggio applicativo del condono alle sole tipologie di abusi minori di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato I al decreto legge 269 del 2003, conv. in legge 326 del 2003. Si precisa nella sentenza che "L’applicabilità del c.d. terzo condono in riferimento alle opere realizzate in zona vincolata è limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (così Cassazione penale, sez.III, 1 ottobre 2004, n.1593) Questo Consesso (Cons. Stato, VI, 2 marzo 2010, n.1200 in termini sulle opere minori; IV, 19 maggio 2010, n.3174) ha ribadito che, ai sensi dell’art. 32 comma 27 lett.d) del decreto legge su menzionato come convertito sul terzo condono, sono sanabili le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, solo le ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo; b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria); d) che vi sia il previo parere dell’Autorità preposta al vincolo. La valutazione espressa dal Comune, della inammissibilità a monte del condono, perché in zona vincolata e perché non rientrante negli abusi minori (condizione sub c), con consequenziale valutazione della inesistenza dei presupposti per coinvolgere (inutiliter) la Soprintendenza (condizione sub d), è in linea con la esigenza di economicità dell’azione amministrativa, essendo superflua nella vicenda esaminata, in acclarata mancanza dei presupposti di legge per la condonabilità delle opere, la effettuazione di un inutile vaglio di compatibilità paesaggistica. Pertanto, l’accertata estraneità delle opere in questione dall’ambito applicativo del c.d. terzo condono, evidenziando di per sé una ragione giustificativa del diniego originariamente impugnato, consente di ritenere legittimo l’operato dell’amministrazione comunale. Se pertanto il principio affermato dalla sentenza appellata è in generale condivisibile, nel senso che il nulla osta di competenza della Soprintendenza in materia di condono edilizio costituisce un presupposto di legittimità della concessione in sanatoria da cui non si può prescindere, diversi essendo gli interessi tutelati dal Comune rispetto all’Autorità statale dedicata alla tutela del paesaggio, e quindi in astratto è da stigmatizzare l’operato del Comune che si pronunci richiamando pratiche analoghe della Soprintendenza, senza richiedere una espressione di compatibilità sulla vicenda concreta, si evidenzia, di contro, la superfluità della richiesta di parere alla Soprintendenza nella ipotesi in cui, già per l’assenza di uno dei requisiti essenziali, sia impossibile la concessione in sanatoria del c.d. terzo condono, perché si tratta di abusi non minori. La censura che il ricorso originario aveva proposto e il primo giudice accolto, non attiene alla contestazione del fatto che l’abuso si trovi in zona vincolata (il ricorso di primo grado non è stato accolto su tale profilo), o sulla insistenza del vincolo paesaggistico, il che richiederebbe accertamenti in punto di fatto, in verità non chiesti, ma alla circostanza che sia stata richiamato parere della Soprintendenza su pratica analoga, al fine di ritenere superfluo, come in effetti è, il giudizio di compatibilità paesaggistica. E’ evidente che, per natura e dimensioni, anche se si tratta in fatto di manufatto di ridotte dimensioni – tanto che secondo la ricorrente originaria non risponderebbe ad esigenze abitative (trattasi di costruzioni di circa trenta metri quadri) – dal punto di vista della natura delle opere, esse non possono essere che esulare dalla nozione di abusi minori così come sopra classificati sulla base della legge richiamata (restauro, risanamento etc.). L’accoglimento dell’appello in ordine al diniego di concessione non può che ridondare altresì in ordine alla validità derivata del successivo ordine di demolizione".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7504 del 2014, proposto da: 
Comune di Ispani, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Scuderi, con domicilio eletto presso Benedetta Scuderi in Roma, Via G.Benzoni N.16; 

contro

Maria Pierri, non costituita; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE I n. 00924/2014, resa tra le parti, concernente diniego del permesso di costruire in sanatoria - demolizione opere

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2015 il Cons. Sergio De Felice e udito per le parti l’avvocato Scuderi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, l’attuale appellata, Pierri Maria, premetteva di avere realizzato su terreno di sua proprietà, in catasto al fol. 7, particella 547, in Contrada Fonti n. 100, un manufatto prefabbricato, ad uso residenziale, della superficie di m1.33,00, e di avere presentato, in data 10 dicembre 2004, domanda di permesso di costruire in sanatoria, inquadrando tale abuso nella tipologia 1-All.A – di cui alla legge n.326 del 2003 ed all’art. 3 lettera c) del d.P.R. 380 del 2001.

Per tale domanda di sanatoria, aveva versato al Comune di Ispani, a titolo di oblazione ed oneri concessori, la somma complessiva di euro 4.620,00; lamentava che a distanza di sei anni dalla presentazione della detta domanda, il Comune le aveva comunicato il preavviso di diniego, adottando, successivamente, il provvedimento di diniego e dichiarando l’improcedibilità dell’istanza, in quanto l’opera era ubicata in zona sottoposta a vincolo idrogeologico e paesaggistico e quindi esclusa dal condono, ai sensi dell’art. 32, comma 27 lettera d9 L.326 del 2003. 

Deduceva i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, sostenendo che tale abuso era sanabile in virtù della disciplina del c.d. terzo condono, in quanto non è previsto un divieto generalizzato di condono per le costruzioni realizzate in aree sottoposte a vincolo, essendo stato ultimato prima del 31 marzo 2003, nonché inidoneo, per dimensioni ridotte, a rispondere ad esigenze abitative (nonostante la ricomprensione nella tipologia residenziale); sosteneva la illegittimità della improcedibilità dell’istanza, presa anche prescindendo da un effettivo accertamento istruttorio circa la data di ultimazione dell’opera; sotto altro profilo, deduceva l’illegittimità per avere fatto il Comune riferimento, quanto alla insistenza su area del vincolo paesaggistico, alla comunicazione n.25861 del 12 ottobre 2011 della Soprintendenza di Salerno, inerente altra procedura, seppure analoga alla esaminata; in effetti, nessun parere era stato in concreto richiesto e neppure richiamato con riguardo alla esistenza di vincolo paesaggistico.

In sostanza, il Comune aveva omesso di richiedere il parere alla competente Soprintendenza in violazione dell’art. 32 della l.47 del 1985 come modificato dalla legge 326 del 2003, impedendosi una vera valutazione e motivazione del diniego.

Seguiva poi l’ordinanza di demolizione, impugnata con motivi aggiunti, contestata per invalidità derivata e difetto di motivazione.

Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso per l’assorbente motivo della necessità della richiesta del parere della Soprintendenza competente per il nulla osta in materia di condono edilizio, che costituisce un presupposto di legittimità della concessione in sanatoria, che deve essere adottato all’esito di uno specifico procedimento amministrativo, relativo alla cura di interessi di rilievo costituzionale di tipo diverso da quelli tutelati dall’ente locale; nella specie, l’omissione della richiesta di parere, ritenendo gli uffici comunali di rifarsi “in merito a pratica analoga” per dedurne una ipotetica espressione negativa da parte della Soprintendenza, costituisce un modo procedimentale di per sé illegittimo.

Avverso tale sentenza, ritenendola errata ed ingiusta, propone appello il Comune di Ispani, deducendo quanto segue.

In fatto, fa presente che l’abuso edilizio consiste nella installazione di un manufatto prefabbricato ad uso residenziale per una superficie di 33 metri quadrati; la domanda di condono ai sensi della legge 326 del 2003, presentata in data 10 dicembre 2004, inquadrava l’abuso nella tipologia 1, all.A della legge (opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici) e segnalava che le stesse erano ubicate in area sottoposta sia a vincolo idrogeologico che paesaggistico, imposti ancora prima della realizzazione dell’abuso; il diniego comunale n.4604 del 12 settembre 2012 è stato adottato, previo preavviso, senza l’acquisizione del parere della Soprintendenza, proprio perché si tratta di opere rientranti nella tipologia 1, realizzate in area sottoposta a vincolo, sia pure richiamando precedente della Soprintendenza che dava conto della operatività del c.d. terzo condono, in caso di opere realizzate in aree vincolate, esclusivamente per i c.d. abusi minori conformi agli strumenti urbanistici.

Come motivo di appello deduce la violazione dell’art. 32, commi 26 e 27 del d.l. 269 del 2003, convertito nella legge 326 del 2003, che circoscrive la sanabilità delle opere, in caso di soggezione ai vincoli di cui all’art. 32 della legge n.47 del 1985, solo agli interventi compresi nei numeri 4,5 e 6 (abusi minori) dell’allegato 1; il comma 27 lettera d), anche per gli abusi minori, ne limita la sanabilità escludendola per le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici; al riguardo la giurisprudenza avrebbe chiarito che l’operatività del terzo condono in riferimento alle opere realizzate in zone vincolate, è limitata alle sole opere di restauro, risanamento conservativo e di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Pertanto, laddove non ci siano le condizioni, cioè nel caso di opere realizzate in aree sottoposte a vincolo, salvo che si tratti di abusi minori conformi alla disciplina urbanistica, l’acquisizione del parere dell’Autorità statale preposta al vincolo, la cui omissione è stata stigmatizzata dal primo giudice, in realtà sarebbe del tutto inutile, in quanto vi sarebbe a monte una preclusione alla sanatoria.

Con altro motivo di appello, deduce la insussistenza delle condizioni per la declaratoria di invalidità derivata, con riguardo al consequenziale ordine di demolizione.

Nessuno si è costituito per la parte appellata.

Con ordinanza n.5108 dell’11 novembre 2014 la Sezione ha sospeso la esecutività della sentenza fissando per la discussione l’udienza del 28 aprile 2015.

Con memoria depositata in data 26 marzo 2015 la parte appellante ha ribadito le sue conclusioni.

Alla udienza pubblica del 28 aprile 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e come tale da accogliere.

In primo luogo, va richiamata la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 196 del 2004) che ha precisato i limiti di applicabilità del c.d. terzo condono ai soli abusi formali, ovvero realizzati in mancanza del previo titolo a costruire ma non in contrasto con la vigente disciplina urbanistica, nonché la delimitazione del raggio applicativo del condono alle sole tipologie di abusi minori di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato I al decreto legge 269 del 2003, conv. in legge 326 del 2003.

L’applicabilità del c.d. terzo condono in riferimento alle opere realizzate in zona vincolata è limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se ed in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (così Cassazione penale, sez.III, 1 ottobre 2004, n.1593)

Questo Consesso (Cons. Stato, VI, 2 marzo 2010, n.1200 in termini sulle opere minori; IV, 19 maggio 2010, n.3174) ha ribadito che, ai sensi dell’art. 32 comma 27 lett.d) del decreto legge su menzionato come convertito sul terzo condono, sono sanabili le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, solo le ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) si tratti di opere realizzate prima della imposizione del vincolo; b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche; c) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria); d) che vi sia il previo parere dell’Autorità preposta al vincolo.

La valutazione espressa dal Comune, della inammissibilità a monte del condono, perché in zona vincolata e perché non rientrante negli abusi minori (condizione sub c), con consequenziale valutazione della inesistenza dei presupposti per coinvolgere (inutiliter) la Soprintendenza (condizione sub d), è in linea con la esigenza di economicità dell’azione amministrativa, essendo superflua nella vicenda esaminata, in acclarata mancanza dei presupposti di legge per la condonabilità delle opere, la effettuazione di un inutile vaglio di compatibilità paesaggistica.

Pertanto, l’accertata estraneità delle opere in questione dall’ambito applicativo del c.d. terzo condono, evidenziando di per sé una ragione giustificativa del diniego originariamente impugnato, consente di ritenere legittimo l’operato dell’amministrazione comunale.

Se pertanto il principio affermato dalla sentenza appellata è in generale condivisibile, nel senso che il nulla osta di competenza della Soprintendenza in materia di condono edilizio costituisce un presupposto di legittimità della concessione in sanatoria da cui non si può prescindere, diversi essendo gli interessi tutelati dal Comune rispetto all’Autorità statale dedicata alla tutela del paesaggio, e quindi in astratto è da stigmatizzare l’operato del Comune che si pronunci richiamando pratiche analoghe della Soprintendenza, senza richiedere una espressione di compatibilità sulla vicenda concreta, si evidenzia, di contro, la superfluità della richiesta di parere alla Soprintendenza nella ipotesi in cui, già per l’assenza di uno dei requisiti essenziali, sia impossibile la concessione in sanatoria del c.d. terzo condono, perché si tratta di abusi non minori.

La censura che il ricorso originario aveva proposto e il primo giudice accolto, non attiene alla contestazione del fatto che l’abuso si trovi in zona vincolata (il ricorso di primo grado non è stato accolto su tale profilo), o sulla insistenza del vincolo paesaggistico, il che richiederebbe accertamenti in punto di fatto, in verità non chiesti, ma alla circostanza che sia stata richiamato parere della Soprintendenza su pratica analoga, al fine di ritenere superfluo, come in effetti è, il giudizio di compatibilità paesaggistica.

E’ evidente che, per natura e dimensioni, anche se si tratta in fatto di manufatto di ridotte dimensioni – tanto che secondo la ricorrente originaria non risponderebbe ad esigenze abitative (trattasi di costruzioni di circa trenta metri quadri) – dal punto di vista della natura delle opere, esse non possono essere che esulare dalla nozione di abusi minori così come sopra classificati sulla base della legge richiamata (restauro, risanamento etc.).

L’accoglimento dell’appello in ordine al diniego di concessione non può che ridondare altresì in ordine alla validità derivata del successivo ordine di demolizione.

Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va accolto e, in riforma dell’appellata sentenza, va respinto il ricorso originario.

La condanna alle spese del doppio grado di giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma dell’appellata sentenza, respinge il ricorso originario.

Condanna la parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidandole in complessivi euro tremilacinquecento.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere, Estensore

Claudio Contessa, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/05/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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