Sunday 06 October 2013 09:29:29

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Abusi edilizi: la controversia avente ad oggetto la legittimità del provvedimento sanzionatorio ex art. 15 della l. n. 1497/1939 adottato dalla Regione rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, mentre sulla riscossione decide il giudice ordinario

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato

Rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo ogni controversia avente ad oggetto il provvedimento di carattere sanzionatorio, adottato dalla Regione per reprimere gli illeciti commessi in danno delle bellezze naturali, consistente nella demolizione di opere abusive o, in alternativa, nel pagamento di un'indennità ex art. 15 della l. n. 1497/1939, salva l'ipotesi in cui l'oggetto riguardi propriamente la procedura coattiva di riscossione, nel quale caso la relativa cognizione spetta al giudice ordinario (Consiglio Stato, sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1585; Cassazione civile, sez. un., 10 marzo 2005, n. 5214). La sanzione di cui trattasi, prevista da detto art. 15 della l. n. 1497/1939 e relativa alla protezione delle bellezze naturali, ha carattere alternativo rispetto a misure di tipo ripristinatorio e, pertanto, rientra nell'area dei poteri autoritativi dell'Amministrazione a tutela diretta di interessi pubblici. Conseguentemente, la controversia in esame, volta a contestare la legittimità del provvedimento applicativo di detta sanzione e non la fase della procedura coattiva, è devoluta alla giurisdizione del Giudice amministrativo, in quanto si ricollega a posizioni di interesse legittimo. Aggiunge poi il Collegio che l'indennità prevista dall'art. 15 della l. n. 1497/1939 è una sanzione amministrativa da irrogare per abusi edilizi commessi in aree con vincolo paesaggistico e non una forma di risarcimento del danno; come tale, si concreta in un atto dovuto che prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale, il quale, unitamente al profitto conseguito, rileva solo come parametro alternativo per la commisurazione del “quantum” della sanzione, che deve essere effettuata in via sostanzialmente equitativa ed essere ricollegata ad una stima tecnica di carattere generale. Detta sanzione è pari alla maggior somma tra danno ambientale causato e profitto conseguito con la trasgressione. Quest'ultimo deve essere rapportato all'effettivo vantaggio economico ottenuto dal trasgressore, ovvero va identificato nell'incremento del valore venale che gli immobili acquistano per effetto della trasgressione; incremento che viene determinato come differenza tra il valore attuale e il valore dell'immobile prima dell'esecuzione delle opere abusive, in quanto l'arricchimento ottenuto dalla realizzazione dell'abuso non può coincidere con il valore venale attuale del medesimo senza detrazione del costo sostenuto per la sua costruzione. Occorre cioè apprezzare il valore dell'immobile prima e dopo la realizzazione del manufatto abusivo e portare in detrazione dal valore venale dell'opera abusiva il costo sostenuto per la sua esecuzione.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale ***** del 2001, proposto da:

Solaris s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Duccio Maria Traina, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Paoletti in Roma, via Giunio Bazzoni, n. 3;

 

contro

Comune di Siena, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Fabio Pisillo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gian Marco Grez, in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Toscana – Firenze, Sezione III, n. 00979/2001, resa tra le parti, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento della determinazione SM 153 prot. n. 44592 in data 20 dicembre 1999 del "Dirigente del servizio" del Comune di Siena con la quale è stata irrogata alla Società ricorrente la sanzione di £. 627.450.000 ai sensi dell'art. 15 della l. n. 1497/1939;

 

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Siena;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti i decreti 7 giugno 2012 n. 1506 e 19 settembre 2012 n. 2356.

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2013 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti l’avv. Funari e l’avv. Bruni per delega dell’avv. Traina;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

 

FATTO

La Solaris s.r.l., proprietaria di un immobile (ex fornace) posto in zona vincolata ex l. 1497/39, ha presentato in data 15.6.1994 al Comune di Siena domanda di concessione per la esecuzione di lavori di ristrutturazione di tale fabbricato, con cambio di destinazione d'uso a civile abitazione e costruzione di “garage”, che è stata accolta mediante rilascio della concessione prot. 9988, del 19.6.1995, con la condizione, per quello che qui interessa, che i “garage” fossero realizzati con esclusione di due dei tre piani interrati progettati.

In data 7.3.1996 detta società ha presentato una prima richiesta di variante in corso d'opera, al fine, tra l'altro, di adeguarsi alle prescrizioni della concessione edilizia, con "l'eliminazione di due piani interrati dei garage" e la revisione " degli accessi all'unico piano interrato di garage concesso", che è stata esaminata dalla C.E. e dalla C.E.I., con parere favorevole parzialmente condizionato, nonché dal Sindaco, che ha rilasciato l'autorizzazione paesistica.

In data 27.1.1997, la Solaris s.r.l. ha avanzato una seconda richiesta di variante in corso d'opera, che ha ottenuto i pareri favorevoli della C.E., della C.E.I. e della Soprintendenza, ex l. n. 431/1985.

Nel mese di agosto dell’anno 1997 i lavori in questione sono stati compiuti, in assenza di concessione edilizia.

In data 28.11.1997 il Comune ha comunicato alla citata società, con riferimento a tale seconda richiesta di variante, che per la stessa non poteva essere rilasciata concessione "in quanto le opere richieste sono già state eseguite"; la società stessa ha quindi chiesto la concessione in sanatoria ex art. 13 della l. n. 47/1985, in data 23.12.1997.

La C.E.I., dopo aver chiesto ulteriore documentazione, in data 14.1.1999, ha accertato che "le modifiche apportate al declivio hanno alterato in maniera consistente la morfologia del sito", rinviando la propria decisione "alla presentazione di uno specifico progetto, mirato a mitigare l'impatto paesaggistico" con "attenuazione del declivio".

Anche la C.E., in data 22.4.1999, ha espresso parere favorevole, a "condizione che, prima del rilascio della concessione, venga prodotta una dichiarazione, da parte del direttore dei lavori, sulla impossibilità di modifica della rampa e l'abbassamento della potenza del terreno di riporto".

Tale dichiarazione veniva prodotta dalla società ricorrente.

Con determinazione n. 153 del 20.12.1999 il Comune di Siena ha ingiunto a detta società di provvedere al pagamento della somma di £ 627.450.000, ex art. 15 della l. n. 1497/1939, quale profitto conseguito dalle opere realizzate per consentire l'accesso al realizzato garage, in quanto "le modifiche alla scarpata, abusivamente realizzate, consistenti in rilevanti movimenti di terra atti a formare un riporto di alcuni metri, hanno modificato la morfologia dei luoghi, unitamente alla realizzazione di un muro di contenimento in cemento armato, posto a valle di detta scarpata" e considerato "che le modifiche apportate al declivio hanno alterato in maniera consistente la morfologia del sito, comportando un danno, dal punto di vista ambientale, che non può essere eliminato con la piantumazione di essenze arboree".

Detta determinazione è stata impugnata con ricorso giurisdizionale presso il T.A.R. Toscana, che ha respinto il gravame con la sentenza in epigrafe indicata.

Con il ricorso in appello in esame la Solaris s.r.l. ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:

1.- Insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia; eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti; violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della l. n. 1497/1939.

E’ smentita da due relazioni tecniche la tesi del T.A.R. che, poiché i riporti di terreno e la costruzione dei muri di sostegno non erano stati chiaramente indicati nella documentazione presentata prima della relazione geologica del 1998, non poteva ritenersi che fossero stati oggetto di autorizzazione, né era pacifica l’affermazione dell’Amministrazione che il consolidamento del terreno fosse avvenuto mediante rilevante riporto di terreno, con stravolgimento delle caratteristiche della vallata.

E’ incondivisibile la tesi del T.A.R. che il Comune aveva riesaminato tutta la documentazione solo in sede di rilascio della concessione in sanatoria; tuttavia, anche se la domanda di sanatoria si fosse estesa a tutte le opere, la circostanza sarebbe stata irrilevante.

Inoltre la domanda di accertamento di conformità riguardava i profili urbanistici, non quelli paesistici, e la collaborazione con l’Amministrazione non era comunque identificabile con una ammissione di colpa.

2.- Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della l. n. 1479/1939; eccesso di potere per illogicità manifesta.

Il T.A.R. ha affermato che la sanzione è stata correttamente determinata ex art. 15 della l. n. 1497/1939, ma in base ad interpretazione della norma errata perché assimila il pregiudizio arrecato all’ambiente al costo di realizzazione dell'opera, mentre si tratta di aspetti distinti logicamente e diversi.

E’ stato identificato il profitto con il valore di mercato dei garage, nell’errato presupposto che, senza la rampa, i garage non avrebbero potuto essere raggiunti con automezzi.

Comunque, operando il collegamento tra opere e garage, che sono stati legittimamente realizzati, l’Amministrazione ha ottenuto un incremento della sanzione eccessivo ed ingiusto.

Con atto depositato il 12.12.2001 si è costituito in giudizio il Comune di Siena, che ha eccepito la irricevibilità e la inammissibilità dell’appello, nonché ne ha dedotto la infondatezza.

Con decreto 7 giugno 2012 n. 1506, visto l'art. 1 dell'all. 3 al d.lgs. n. 104/2010, il ricorso in esame è stato dichiarato perento.

Con decreto 19 settembre 2012 n. 2356, visto l'atto, sottoscritto dalla parte personalmente e dal difensore e notificato alle altre parti, in cui si dichiarava la persistenza di interesse alla trattazione della causa e visto il comma 2 dell’art. 1 dell'all. 3 al d.lgs. n. 104/2010, è stato revocato detto decreto di perenzione.

Con memoria depositata il 17.5.2013 il costituito Comune ha riproposto eccezioni non esaminate e assorbite con la impugnata sentenza (evidenziando che riguardo ad esse non sussisteva l’onere di riproponibilità con appello incidentale), in particolare di “improcedibilità” (per difetto di giurisdizione con riguardo alla impugnata ingiunzione di pagamento e per mancata attivazione, ex art. 15, comma 4, della l. n. 1497/1939, di un collegio arbitrale non essendo stata accettata la misura della sanzione), di inammissibilità (per mancata notifica al contro interessato sig. Renato Masignani, proprietario di terreni limitrofi e per mancata impugnazione delle decisioni della C.E.I. del 22.4.1999, richiamata nel provvedimento impugnato, da cui era “ricavabile” che la costruzione del muro e i previsti movimenti di terra avrebbero comportato l’emanazione della sanzione di cui trattasi) e di irricevibilità (per tardiva impugnazione dei negativi pareri della C.E., almeno con riguardo al primo motivo di censura). Nel merito ha dedotto la infondatezza dell’appello, chiedendo la reiezione dello stesso ed acquisizioni istruttorie.

Con atto depositato il 28.5.2013 la parte appellante ha replicato alle avverse deduzioni ed eccezioni, deducendo la inammissibilità della eccezione di difetto di giurisdizione e la sua tardività, unitamente a quella delle ulteriori eccezioni assorbite o non esaminate in primo grado. Inoltre ha dedotto la infondatezza di dette eccezioni e delle argomentazioni del Comune, nonché ha ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 18.6.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dalla Solaris s.r.l., di annullamento o di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento della determinazione del Comune di Siena con la quale è stata irrogata a detta Società la sanzione di £. 627.450.000 ai sensi dell'art. 15 della l. n. 1497/1939.

2.- Innanzi tutto la Sezione può prescindere dal valutare la ammissibilità della eccezione di difetto di giurisdizione del G.A., formulata dalla difesa del resistente Comune nell’assunto che, avendo il provvedimento impugnato ad oggetto la ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa, la società interessata avrebbe dovuto proporre opposizione presso il G.O. in base alla l. n. 689/1981, stante la sua infondatezza.

2.1.- In proposito va ritenuta rientrante nella giurisdizione del Giudice amministrativo ogni controversia avente ad oggetto il provvedimento di carattere sanzionatorio, adottato dalla Regione per reprimere gli illeciti commessi in danno delle bellezze naturali, consistente nella demolizione di opere abusive o, in alternativa, nel pagamento di un'indennità ex art. 15 della l. n. 1497/1939, salva l'ipotesi in cui l'oggetto riguardi propriamente la procedura coattiva di riscossione, nel quale caso la relativa cognizione spetta al giudice ordinario (Consiglio Stato, sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1585; Cassazione civile, sez. un., 10 marzo 2005, n. 5214).

La sanzione di cui trattasi, prevista da detto art. 15 della l. n. 1497/1939 e relativa alla protezione delle bellezze naturali, ha carattere alternativo rispetto a misure di tipo ripristinatorio e, pertanto, rientra nell'area dei poteri autoritativi dell'Amministrazione a tutela diretta di interessi pubblici. Conseguentemente, la controversia in esame, volta a contestare la legittimità del provvedimento applicativo di detta sanzione e non la fase della procedura coattiva, è devoluta alla giurisdizione del Giudice amministrativo, in quanto si ricollega a posizioni di interesse legittimo.

La eccezione in esame è quindi insuscettibile di accoglimento.

3.- Nel merito con il primo motivo di appello è stato dedotto che non sarebbe condivisibile la tesi del primo giudice che la sanzione era la dovuta conseguenza della non autorizzata esecuzione di rilevanti movimenti di terra atti a formare un riporto di alcuni metri, unitamente alla realizzazione di un muro di contenimento in cemento armato posto a valle della immanente scarpata, resisi necessari per l’impossibilità di realizzare la rampa di accesso al garage interrato, con il raggio di curvatura previsto in fase di progettazione, senza interessare un’area non di proprietà.

A prescindere dal fatto che nei vari progetti la rampa era stata sempre prevista all’interno dell’area di proprietà, le modifiche al primo progetto erano infatti state chieste dal Comune in sede di esame della domanda di concessione, ponendo come condizione l’eliminazione di due dei tre piani interrati, con ampia documentazione della nuova soluzione risultante dalla relazione e dai progetti allegati alla prima e seconda variante, che avevano entrambe ottenuto le necessarie autorizzazioni paesistiche.

La tesi del T.A.R., che i riporti di terreno e la costruzione dei muri di sostegno non erano stati chiaramente indicati nella documentazione presentata prima della relazione geologica del 1998 e quindi non erano stati oggetto di autorizzazione, sarebbe smentita da due relazioni tecniche da cui si evincerebbe il contrario. Sarebbero stati infatti già a suo tempo indicati i profili della scarpata e, nella relazione dei progettisti allegata alla prima variante, sarebbe stato spiegato chiaramente che il sistema di accesso alle autorimesse, ridotte da tre livelli ad uno, prevedeva a valle un consolidamento della pendice tramite una struttura di sostegno in cemento armato completamente interrata.

Il primo Giudice ha ritenuto pacifica l’affermazione dell’Amministrazione che il consolidamento del terreno era avvenuto attraverso il riporto di decine di metri cubi di terreno, con stravolgimento delle caratteristiche della vallata, ma il fatto era stato contestato in primo grado nell’assunto che la tesi era basata su una erronea lettura della relazione geologica del novembre 1998, che fa riferimento alla presenza di terreni di riporto, ma precisa che essi erano stati già prodotti dall’alloggiamento a mezza costa del precedente (demolito) ed attuale fabbricato.

Quindi la presenza del terreno di riporto sulla scarpata sarebbe stata principalmente dovuta alla precedente costruzione (che era una fornace) e solo minimamente agli interventi di cui trattasi, limitati al consolidamento del pendio con minima aggiunta di materiale.

Secondo il T.A.R. il Comune ha correttamente provveduto a riesaminare tutta la documentazione in sede di rilascio della concessione in sanatoria, con conseguente accertamento del danno ambientale, ma in realtà l’accertamento di conformità ex art. 13 della l. n. 47/1985 richiesto dal ricorrente per concludere il lungo iter procedurale di cui trattasi, su indicazione della Amministrazione, avrebbe avuto ad oggetto solo le opere della seconda variante, perché tutte le altre, fra cui la demolizione ricostruzione, il muro di sostegno a valle della scarpata e le sistemazioni relative alla modifica di accesso ai garage, contestate dal Comune, erano state già autorizzate, deduce l’appellante, sia dal punto di vista edilizio che paesaggistico; solo per spirito collaborativo erano state fornite al Comune documentazioni relative anche alle opere di cui in variante.

Anche se così la domanda di sanatoria si fosse estesa a dette opere, la circostanza sarebbe irrilevante perché la presentazione della domanda di concessione non sarebbe idonea stabilire se la concessione stessa fosse effettivamente necessaria, essendo ciò accertabile solo con il provvedimento finale.

Infine la domanda di accertamento di conformità avrebbe riguardato i profili urbanistici, ma non quelli paesistici, ed inoltre la collaborazione con l’Amministrazione non sarebbe stata qualificabile quale ammissione di colpa.

3.1.- Osserva la Sezione che va condivisa la tesi del primo Giudice che l’operato movimento di terra e il realizzato muro di contenimento non fossero stato oggetto di valutazione ed autorizzazione da parte del Comune a seguito della presentazione da parte della appellante delle varianti di cui trattasi, atteso che l’Amministrazione ha avuto cognizione di dette circostanze solo a seguito del deposito della relazione geologica da parte della Solaris s.r.l. in riscontro ad una richiesta della C.E.I. di una attestazione professionale relativa alla stabilità del terreno di cui trattasi.

Infatti, come da documentazione in atti, alla prima variante, con la quale l’appellante ha inteso adeguare il progetto alle prescrizioni della concessione edilizia, con "l'eliminazione di due piani interrati dei garage" e la revisione " degli accessi all'unico piano interrato di garage concesso", era allegata una relazione tecnica in cui era indicata la rielaborazione delle sistemazioni a valle in relazione al sistema di accesso alle autorimesse, ridotto da tre livelli ad uno, che si limitava a prevedere a valle un consolidamento della pendice mediante una struttura in cemento armato completamente interrata; erano altresì allegate planimetrie in cui era indicato un raggio più ridotto della rampa di accesso, con un muro di consolidamento dimensioni modeste, ma non la modifica della scarpata con consistenti riporti di terra. Ciò comporta, come logica conseguenza, che la rilasciata autorizzazione paesistica non poteva contemplare dette ultime opere.

Anche dalla seconda variante, che prevedeva, come da allegata relazione tecnica, anche una modifica funzionale dello sviluppo e della larghezza della rampa di accesso ai garage, risultava la realizzazione di un muro di contenimento in cemento armato di dimensioni maggiori di quello indicato nella prima variante e completamente interrato, ma non apparivano previsti significativi riporti di terra; dalla relazione tecnica integrativa risultavano previsti lavori di contenimento del pendio con erba, arbusti e griglie, ma non detti movimenti di terra.

Per quel che riguarda le consulenze di parte cui è fatto cenno nell’atto di appello, va rilevato che irrilevanti ai fini del decidere appaiono le considerazioni del geom. Cresti circa la assenza di rilevati differenze tra i piani quotati contenuti nei due progetti di variante e non è indicato nelle sezioni delle allegate tavole l’andamento originario del terreno; pure non decisive appaiono le considerazioni del geom. Bini circa lo stato attuale ed autorizzato del suolo che interessa, perché non erano state formalmente autorizzate varianti in cui fossero chiaramente indicati nelle tavole ad esse allegate i movimenti di terra di cui trattasi, come invece dovuto.

3.2.- Quanto alla asserzione che la esistenza di terreno di riporto risultante dalla consulenza geologica era principalmente dovuta alla pregressa costruzione in loco di una ex una fornace e solo minimamente agli interventi di cui trattasi, limitati al consolidamento del pendio con minima aggiunta di materiale, osserva la Sezione che l’assunto non è confortato da idonee prove, essendosi limitata l’appellante alla generica affermazione della indicata circostanza, senza dimostrare in maniera sufficientemente adeguata, a precisazione di quanto asserito nella relazione geologica del 1998, quale fosse la entità dei movimenti di terra dovuti solo ai pregressi lavori relativi alla ex fornace e comunque estranei alla realizzazione delle opere che qui interessano.

Peraltro ha al riguardo evidenziato l’Amministrazione resistente che detto assunto della società è smentito dalle risultanze dei rilievi cartografici ed aerofotogrammetrici eseguiti nell’anno 1993, che, messi a confronto a quelli eseguiti nell’anno 2000, dimostrano che in tale lasso di tempo non poteva essersi verificata una stratificazione derivante dai residui della fornace nei termini dedotti dall’appellante.

Quindi può ritenersi che gli ultimi lavori effettuati dalla Solaris s.r.l. hanno comportato movimenti di terra che, tenuto conto della loro natura, non possono che aver alterato in maniera significativa la preesistente morfologia del sito, con legittimità delle determinazioni conseguenti assunte al riguardo dall’Amministrazione.

3.3.- Riguardo alla tesi che la sanatoria richiesta dalla società non poteva che aver avuto ad oggetto solo le opere della seconda variante, perché tutte le opere oggetto della prima variante sarebbero state già autorizzate sia dal punto di vista edilizio che paesaggistico, la Sezione osserva quanto segue.

La prima variante in corso d’opera non si era mai conclusa con il rilascio di una concessione edilizia e non può ritenersi che fosse stata assentita a seguito di D.I.A., non risultandone la avvenuta formale presentazione, né può dedursi che il comune la abbia sostanzialmente ritenuta tale in base a determinazione S.M./1296 del 2.10.2000, di revoca di precedente determinazione, essendo relativa ad opere diverse da quelle che qui interessano.

Comunque su detta prima variante non poteva essersi formato silenzio assenso, atteso che l’operatività di tale istituto richiede la presenza di alcuni presupposti sostanziali, oltreché di requisiti dell'istanza, in mancanza dei quali esso non può operare, dato che le esigenze di concentrazione dei termini per la definizione dei procedimenti amministrativi, poste alla base della configurazione del titolo abilitativo tacito, costituito dal silenzio-assenso, non possono esonerare l'interessato dal dimostrare la presenza delle condizioni sostanziali fondamentali previste dalla legge né dal rispettare l'onere di presentazione della documentazione, eventualmente prescritta, come pure di una rituale istanza completa dei requisiti richiesti (completezza che non è stato dimostrato che nel caso di specie sussistesse considerato anche che la zona in questione era soggetta a vincolo ambientale).

Del resto la circostanza che la C.E.I., in sede di esame della seconda richiesta di variante, abbia esteso il suo esame anche al muro in cemento armato ed ai riporti di terreno, oggetto della prima variante, dimostra che l’Amministrazione non riteneva che su quest’ultima si fosse formato il silenzio assenso.

3.4.- Le censure in esame sono quindi insuscettibili di assenso.

4.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che il T.A.R. ha affermato che la sanzione è stata correttamente determinata ex art. 15 della l. n. 1497/1939, ma in base a interpretazione della norma errata, perché è stato assimilato il pregiudizio arrecato all’ambiente al costo di realizzazione dell'opera, mentre si tratterebbe di aspetti distinti logicamente e diversi.

Il danno che un’opera può arrecare all’ambiente non sarebbe necessariamente proporzionale al suo costo, come quando l’opera è molto costosa, ma il danno ambientale è minimo, come nel caso di specie.

E’ stato identificato il profitto con il valore di mercato dei garage (che sarebbero però del tutto conformi alla normativa edilizia e paesaggistica, perché corrispondenti al progetto approvato) sul presupposto che, senza la rampa che ha comportato le opere assuntamente abusive (terrapieno e muro di sostegno), i garage non avrebbero potuto essere raggiunti con automezzi e quindi sarebbero stati inservibili.

Ma, aggiunge l’appellante, la costruzione dei garage, come da perizia del geom. Cresti, non aveva imposto la realizzazione di dette opere, perché l’accesso ai garage era realizzato con struttura autonoma dal muro interrato alla base della scarpata.

Comunque, operando il collegamento tra opere e garage (legittimamente realizzati), l’Amministrazione avrebbe ottenuto un incremento della sanzione eccessivo ed ingiusto, perché proporzionato, non al valore delle stesse, ma a quello dei garage. Invece, essendo la costruzione della rampa l’unico modo per accedere ad essi, nessun particolare profitto poteva aver conseguito la appellante, sicché la sanzione sarebbe illogica con riguardo alla minima modifica dei luoghi operata.

4.1.- Osserva la Sezione che l'indennità prevista dall'art. 15 della l. n. 1497/1939 è una sanzione amministrativa da irrogare per abusi edilizi commessi in aree con vincolo paesaggistico e non una forma di risarcimento del danno; come tale, si concreta in un atto dovuto che prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale, il quale, unitamente al profitto conseguito, rileva solo come parametro alternativo per la commisurazione del “quantum” della sanzione, che deve essere effettuata in via sostanzialmente equitativa ed essere ricollegata ad una stima tecnica di carattere generale.

Detta sanzione è pari alla maggior somma tra danno ambientale causato e profitto conseguito con la trasgressione. Quest'ultimo deve essere rapportato all'effettivo vantaggio economico ottenuto dal trasgressore, ovvero va identificato nell'incremento del valore venale che gli immobili acquistano per effetto della trasgressione; incremento che viene determinato come differenza tra il valore attuale e il valore dell'immobile prima dell'esecuzione delle opere abusive, in quanto l'arricchimento ottenuto dalla realizzazione dell'abuso non può coincidere con il valore venale attuale del medesimo senza detrazione del costo sostenuto per la sua costruzione. Occorre cioè apprezzare il valore dell'immobile prima e dopo la realizzazione del manufatto abusivo e portare in detrazione dal valore venale dell'opera abusiva il costo sostenuto per la sua esecuzione.

Tanto è stato effettuato nel caso che occupa, in cui l’Amministrazione, dopo aver calcolato in £ 184.583.404, corrispondente al costo dei lavori di realizzazione del muro di cui trattasi e del movimento terra effettuato in base a perizia prodotta dalla appellante, il danno arrecato, nonché in £ 627.450.000 il profitto conseguito (pari al valore di mercato dei realizzati garage detratti i costi di costruzione), ha determinato la sanzione in tale ultima entità, perché costituente maggior somma tra le due sopra indicate.

Poiché la commisurazione del “quantum” della sanzione deve avvenire in via sostanzialmente equitativa ed essere ricollegata ad una stima tecnica di carattere generale, essa è insuscettibile di una dimostrazione articolata ed analitica, sfuggendo il danno paesistico, per la sua intrinseca natura, ad una indagine dettagliata e minuta, a prescindere dalla sua entità, tanto che è stato considerato legittimo il provvedimento con il quale viene irrogata la sanzione pecuniaria di cui trattasi per il caso di violazione degli obblighi in materia di tutela del paesaggio anche qualora sia accertata la mancanza di danno ambientale (Consiglio Stato, sez. IV, 14 aprile 2010 n. 2083).

Quanto al collegamento tra gli effettuati movimento terra e muro di contenimento ed i garage al cui valore è stata rapportata la contestata sanzione, va rilevato che l’impugnato provvedimento ha chiaramente indicato che le modifiche effettuate alla rampa di accesso agli stessi per contenerne la pendenza nei limiti di legge e il permanere all’interno dei confini ha comportato uno slittamento a valle del punto di ingresso ad essi e la formazione di notevole riporto di terra sotto la rampa, sostenuto dal muro di cemento armato più volte citato. Tanto, stante la impossibilità di rendere utilizzabili i garage senza la realizzazione di detti lavori, ha portato l’Amministrazione a ritenere che il profitto conseguito con la esecuzione dell’abuso fosse pari, come già accennato, al loro valore di mercato detratti i prezzi di costruzione.

E’ irrilevante quindi la circostanza che l’accesso ai garage fosse stato realizzato con struttura autonoma dal muro interrato alla base della scarpata, perché la sua costruzione ed il movimento terra di cui trattasi erano indispensabili per realizzare la rampa di accesso ai garage con pendenza nella norma e concretamente senza dette opere i garage stessi sarebbero stati inutilizzabili.

A prescindere quindi dal valore delle singole opere di realizzazione del ridetto muro e dei movimenti di terra, essi erano intimamente connessi ed essenziali alla commerciabilità dei garage, che, senza la costruzione della rampa di accesso con pendenza nella norma, sarebbero stati inaccessibili, sicché non illogicamente la sanzione de qua è stata commisurata al loro valore di mercato, al netto dei costi.

Anche le esaminate censure sono in conclusione sfornite di positiva valenza.

5.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione. Tanto rende inutile la disamina della fondatezza e della ammissibilità delle ulteriori eccezioni di improcedibilità, di inammissibilità e di irricevibilità formulate dalla difesa del resistente Comune.

6.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il Collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame.

Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Manfredo Atzeni, Presidente FF

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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