Monday 31 March 2014 14:28:56

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Pianificazione urbanistica: i principi giurisprudenziali consolidati sull'onere di motivazione gravante sulla Pubblica Amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame ha ribadito i principi già espressi dalla giurisprudenza in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate Il potere di pianificazione urbanistica, a maggior ragione in considerazione della sua ampia portata in relazione agli interessi pubblici e privati coinvolti, così come ogni potere discrezionale, non è sottratto al sindacato giurisdizionale, dovendo la pubblica amministrazione dare conto, sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che essa, attraverso lo strumento di pianificazione, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti (Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710). Il sindacato giurisdizionale, peraltro – a fronte di scelte espressive di ampia discrezionalità tecnica dell’amministrazione – oltre che alla verifica di eventuali vizi di incompetenza e di violazione di legge, deve intendersi esercitabile nei limiti del riscontro della assenza di figure sintomatiche di eccesso di potere afferenti alla logicità e ragionevolezza delle scelte complessivamente effettuate dall’amministrazione, onde evitare un non ammesso sindacato “di merito” in ordine alle determinazioni da questa assunte. Tanto affermato sul piano generale, occorre ricordare che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte predette, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478), così come, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione (Cons. Stato, n. 2710/2012 cit.). Come questa Sezione ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2011 n. 3497), con considerazioni che devono intendersi riconfermate nella presente sede: “le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. In questa ipotesi, infatti, non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’ente con il nuovo strumento urbanistico. Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute”. Occorre ancora osservare che la motivazione delle scelte urbanistiche è sufficientemente espressa in via generale ed è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale. Inoltre, come accade nei casi in cui la decisione finale è rimessa dal legislatore ad un organo collegiale (a maggior ragione quando il collegio si presenta come “virtuale” e “imperfetto”), la motivazione di questa difficilmente può essere desunta da un unico “documento” sul quale si definisce e manifesta l’esercizio della potestà discrezionale dell’amministrazione (sia pure nelle forme previste per l’espressione di tale “volontà”), redatto dal medesimo organo collegiale. Al contrario, è del tutto ragionevole che tale volontà, oltre che desumersi dal dibattito in seno all’organo e da eventuali documenti (ordini del giorno, mozioni e simili, puntualmente messi in votazione ed approvati), si estrinsechi anche (e soprattutto) per il tramite di documenti tecnici redatti da organi ed uffici diversi, tuttavia sottoposti all’esame ed alla adozione del decidente, decisione a sua volta variamente integrata dall’avviso della Regione in sede di definitiva approvazione dello strumento urbanistico.. E ciò a maggior ragione laddove un organo come il consiglio comunale non si limiti a definire un generale indirizzo politico – amministrativo dell’ente cui è legato da rapporto di immedesimazione, ma debba effettuare concrete scelte di pianificazione urbanistica che, se esprimono in generale una “visione” dello sviluppo della comunità e del suo territorio, si sostanziano “a valle” in puntuali definizioni (zonizzazioni) del territorio e delle sue potenzialità, che abbisognano di una rappresentazione tecnico-giuridica e grafica, che certamente travalica le competenze dell’organo decidente. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale * del 2006, proposto da:

Plano S.R.L., rappresentato e difeso dall'avv. M. Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso M. Alberto Quaglia in Roma, via G. Carducci, 4;

 

contro

 

Comune di La Spezia, rappresentato e difeso dagli avv. Giorgio Giovannini, Maria Teresa Barbantini Fedeli, Marcello Puliga, con domicilio eletto presso Maria Teresa Barbantini Fedeli in Roma, viale Giulio Cesare, 14;

Provincia Di La Spezia, Regione Liguria;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 00119/2006, resa tra le parti, concernente adozione progetto definitivo di piano urbanistico comunale

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2013 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Maria Teresa Barbantini Fedeli e Francesco Paoletti (su delega di Alberto Quaglia);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Con l’appello in esame, la Plano s.r.l. impugna la sentenza 10 febbraio 2006 n. 119, con la quale il TAR per la Liguria, sez. I, ha respinto i suoi ricorsi, proposti avvero una pluralità di atti, riguardanti l’adozione del progetto definitivo di piano urbanistico comunale (PUC) del Comune di La Spezia.

In sostanza, la società lamenta che il PUC ha classificato alcune aree di sua proprietà (per mq. 10360) – già qualificate come zone per servizi di interesse generale, zone per attrezzature ed impianti militari – come “aree miste, artigianali, commerciali e terziarie (quanto ai mappali 144 e 166) e come “aree di filtro” (quanto ai mappali 154 e 165).

La sentenza appellata, in particolare,. afferma:

- le scelte dell’amministrazione effettuate in sede di pianificazione urbanistica costituiscono apprezzamento di merito, sottratto in linea di principio al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, “salvo che le stesse risultino inficiate da palesi errori di fatto o da grave illogicità o contraddittorietà, o non tengano immotivatamente conto dei legittimi affidamenti medio tempore consolidatisi”;

- l’area della società “è stata individuata come area filtro al necessario e dichiarato fine di salvaguardare anche nelle zone periferiche alcuni dei tratti ecologico – ambientali di riferimento, limitando le previsioni edificatorie in un sito ancora caratterizzato da vegetazione naturale a bosco misto e per di più in rapporto posizionale, rispetto ai tessuti latistanti, di interclusione e di assenza di naturale accessibilità”. Né la destinazione ad “area filtro” è impedita dall’eventuale circostanza che l’area sia idonea anche all’edificazione;

- non osta alla nuova qualificazione dell’area la precedente destinazione a “zona per attrezzature ed impianti militari”;

- il principio della “previa intesa” con le autorità statali in tema di adozione di atti di pianificazione territoriale si intende comunque raggiunto allorchè le stesse non si esprimano entro 90 giorni dall’invio dell’avviso di adozione del progetto preliminare (art. 38 l. reg. Liguria n. 36/1997);

- l’espressione di un parere non rientra tra le competenze della commissione edilizia, come si evince dall’art. 5 del regolamento edilizio di La Spezia.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando; violazione artt. 7 ss. l. n. 1150/1942; artt. 37, 38, 39 e 40 l. reg. Liguria n. 36/1997; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; violazione art. 3 l. n. 241/1990; eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti; per illogicità, irragionevolezza e disparità di trattamento; violazione dei principi di proporzionalità ed imparzialità; violazione artt. 42 e 97 Cost.; ciò in quanto: a1) “i tratti peculiari delle aree in questione ne impediscono l’individuazione . . . quali aree di filtro”; a2) vi è contrasto con le linee guida del PUC che nella zona di Levante (dove le aree sono ubicate) individuano un polo di sviluppo per la nautica da diporto, e l’area in questione è l’unica “disponibile per eventuali insediamenti finalizzati alla ricettività turistica nei pressi della struttura nautica”; a3) vi è “assenza di specifica motivazione, attesa l’attuale disciplina deteriore rispetto alle previsioni urbanistiche del precedente PRG”;

b) error in iudicando; violazione artt. 9 e 10. l. n. 1150/1942; artt. 38, 39 e 40 l. regf. Liguria n. 36/1997; violazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; travisamento dei fatti; illogicità, irragionevolezza e disparità di trattamento; violazione art. 3 l. n. 241/1990; poiché, nei casi come quello in esame, in sede di esame e reiezione delle osservazioni, si impone “un obbligo di motivazione più incisivo”, dato che “l’attuale destinazione impressa dal piano, non riducendo ma escludendo interventi edificatori di qualsiasi natura . . . crea una situazione peculiare certamente meritevole . . . di specifica motivazione”, così come ciò è reso necessario “dalla particolare condizione dell’area, trattandosi di area limitata compressa tra aree edificate ed edificabili”;

c) error in iudicando; violazione artt. 81 e 88 DPR n. 616/1977; violazione DPR n. 383/1994; violazione art. 20 l. n. 833/1978; violazione del principio generale di previa intesa con le amministrazioni statali; violazione del giusto procedimento; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; illegittimità derivata per illegittimità costituzionale, in parte qua, dell’art. 38 l. reg. Liguria n. 36/1977; violazione artt. 42, 117, 118 Cost.; violazione del principio di leale collaborazione; poiché la norma regionale, nel prevedere una sorta di silenzio – assenso, si pone in contrasto con il principio di leale collaborazione, che regola la compresenza di distinte sfere di attribuzione di rilevanza costituzionale. Né, in ogni caso, è stato dimostrato l’invio dell’avviso alle amministrazioni statali e l’esclusione di dissensi inviati da queste ultime;

d) error in iudicando; violazione art. 25 Statuto del Comune di La Spezia; violazione art. 26 del Regolamento dei consigli di circoscrizione del Comune di La Spezia; violazione artt. 38/40 l. reg. Liguria n. 36/1997; violazione del principio del giusto procedimento; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; poiché i pareri delle circoscrizioni sono stati resi sul progetto definitivo e non su quello preliminare.

Si è costituito in giudizio il Comune di La Spezia, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Il Collegio deve innanzi tutto ribadire, nella presente sede, principi già espressi dalla giurisprudenza in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate

Il potere di pianificazione urbanistica, a maggior ragione in considerazione della sua ampia portata in relazione agli interessi pubblici e privati coinvolti, così come ogni potere discrezionale, non è sottratto al sindacato giurisdizionale, dovendo la pubblica amministrazione dare conto, sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che essa, attraverso lo strumento di pianificazione, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti (Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710).

Il sindacato giurisdizionale, peraltro – a fronte di scelte espressive di ampia discrezionalità tecnica dell’amministrazione – oltre che alla verifica di eventuali vizi di incompetenza e di violazione di legge, deve intendersi esercitabile nei limiti del riscontro della assenza di figure sintomatiche di eccesso di potere afferenti alla logicità e ragionevolezza delle scelte complessivamente effettuate dall’amministrazione, onde evitare un non ammesso sindacato “di merito” in ordine alle determinazioni da questa assunte.

Tanto affermato sul piano generale, occorre ricordare che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte predette, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478), così come, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione (Cons. Stato, n. 2710/2012 cit.).

Come questa Sezione ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2011 n. 3497), con considerazioni che devono intendersi riconfermate nella presente sede:

“le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale.

In questa ipotesi, infatti, non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’ente con il nuovo strumento urbanistico.

Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute”.

Occorre ancora osservare che la motivazione delle scelte urbanistiche è sufficientemente espressa in via generale ed è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale.

Inoltre, come accade nei casi in cui la decisione finale è rimessa dal legislatore ad un organo collegiale (a maggior ragione quando il collegio si presenta come “virtuale” e “imperfetto”), la motivazione di questa difficilmente può essere desunta da un unico “documento” sul quale si definisce e manifesta l’esercizio della potestà discrezionale dell’amministrazione (sia pure nelle forme previste per l’espressione di tale “volontà”), redatto dal medesimo organo collegiale. Al contrario, è del tutto ragionevole che tale volontà, oltre che desumersi dal dibattito in seno all’organo e da eventuali documenti (ordini del giorno, mozioni e simili, puntualmente messi in votazione ed approvati), si estrinsechi anche (e soprattutto) per il tramite di documenti tecnici redatti da organi ed uffici diversi, tuttavia sottoposti all’esame ed alla adozione del decidente, decisione a sua volta variamente integrata dall’avviso della Regione in sede di definitiva approvazione dello strumento urbanistico..

E ciò a maggior ragione laddove un organo come il consiglio comunale non si limiti a definire un generale indirizzo politico – amministrativo dell’ente cui è legato da rapporto di immedesimazione, ma debba effettuare concrete scelte di pianificazione urbanistica che, se esprimono in generale una “visione” dello sviluppo della comunità e del suo territorio, si sostanziano “a valle” in puntuali definizioni (zonizzazioni) del territorio e delle sue potenzialità, che abbisognano di una rappresentazione tecnico-giuridica e grafica, che certamente travalica le competenze dell’organo decidente.

 

 

3. Le considerazioni espresse sul piano generale già sorreggono, di per sé, la reiezione dei motivi di appello proposti (con particolare riguardo ai motivi sub a) e b) dell’esposizione in fatto).

Giova, comunque, osservare che la presenza di insediamenti nelle aree circostanti, lungi dal costituire elemento valutabile ai fini della irragionevolezza delle scelte dell’amministrazione, valida proprio la individuazione di queste come area filtro (pur negata dall’appellante), posto che quest’ultima si caratterizza per essere una “area libera” posta ai margini dell’area urbana e dei nuclei storici collinari. Né, per le ragioni innanzi espresse, il giudice amministrativo può sostituire le proprie valutazioni – pur sulla base di allegazioni del ricorrente – a quelle espresse dall’amministrazione in esercizio di potere di pianificazione, in riscontrata assenza di profili di palese illogicità.

Occorre, inoltre, considerare, in relazione al terzo motivo di appello (sub c) dell’esposizione in fatto):

- per un verso, che la prova della mancata ricezione degli avvisi da parte delle amministrazioni statali, ovvero di eventuali pareri negativi da queste espressi, contrariamente a quanto sostenuto in appello (v. pag. 31) incombe al ricorrente e non già all’amministrazione resistente;

- per altro verso, che non vi sono motivi ostativi alla applicazione, nel caso di specie, del procedimento previsto dall’art. 38 l. reg. Liguria n. 36/1997; né si comprendono le ragioni per le quali tale norma (prevedendo l’istituto del silenzio assenso delle amministrazioni statali), si porrebbe in contrasto con il principio di leale collaborazione, nonché con gli artt. 42, 117 e 118 Cost., ovvero perché la norma predetta sarebbe caratterizzata da irragionevolezza, per effetto dell’esiguità del termine (90 giorni) concesso alle predette amministrazioni statali per esprimere il loro avviso,. Sul punto, occorre osservare che la previsione di un termine rientra nell’esercizio di discrezionalità del legislatore e, allorché lo stesso non sia manifestamente irragionevole (e tale non è quello in specie), non può porsi (come non manifestamente infondata) una questione di illegittimità costituzionale della norma che lo prevede.

Infine, quanto al quarto motivo di appello, in disparte la intervenuta espressione del parere da parte delle circoscrizioni comunali, occorre osservare che non appare applicabile al caso di specie, – come invece sostenuto dall’appellante – l’art. 38 l. reg. Liguria n. 36/1997, posto che questo riferisce l’acquisizione di pareri ad amministrazioni ed enti, da intendersi come “distinti” dal Comune che adotta lo strumento urbanistico, non già ad articolazioni “interne” alla medesima amministrazione comunale adottante il piano.

Occorre ricordare, a tal fine, che l’art. 17 d. lgs. n. 267/2000, definisce le circoscrizioni - articolazioni del territorio comunale - come “organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal Comune”, precisando che “gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell’ambito dell’unità del comune”.

A fronte di ciò, e nel silenzio del regolamento comunale che si limita (art. 26) a prevedere l’acquisizione di parere dei consigli di circoscrizione sul piano urbanistico comunale e sugli strumenti urbanistici di interesse generale per la città, senza ulteriori specificazioni, non appare possibile integrare detta normativa con quanto in via generale previsto dalla l. reg. n. 36/1997, che deve essere inteso come riguardante amministrazioni ed enti diversi dal Comune procedente.

Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere rigettato con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Piano s.r.l. (n. 7444/2006 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giorgio Giaccardi, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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