Monday 02 December 2013 06:31:41

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Concorsi pubblici: il giudice amministrativo non può sindacare i quesiti scelti dalla Commissione se congruenti e attinenti alle materie d'esame

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

Nella sentenza in esame la Quinta sezione del Consiglio di Stato ha ribadito il consolidato insegnamento della giurisprudenza amministrativa a tenore del quale "nei concorsi a posti di pubblico impiego la determinazione del concreto contenuto delle prove d'esame costituisce espressione di un ampio potere tecnico discrezionale della Commissione, sindacabile solo per ragioni di assoluta illogicità o incongruenza manifesta, ciò che nella specie non è oggettivamente riscontrabile essendo i quesiti prescelti del tutto congruenti e pienamente attinenti alle materie d'esame".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale ***** del 2011, proposto da:

Michele Salomone, rappresentato e difeso dall'avv. Tommaso Di Gioia, con domicilio eletto presso Giorgio Assumma in Roma, via Nicotera n. 29;

 

contro

 

Regione Puglia, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Vittorio Triggiani, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;

Massimo Bianco, Rossella Caccavo, Maria De Palma, Elisabetta Viesti, Maria Grazia Lucia Donno, Pierluigi Ruggiero e Anna Maria Candela, rappresentati e difesi dall'avv. Sabino Persichella, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;

Nicola Corvasce, Marta Lisi, Annamaria Maiellaro e Tiziana Di Cosmo, rappresentati e difesi dall'avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;

Alessandro Cappuccio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA, BARI, SEZIONE III, n. 02664/2010, resa tra le parti, concernente concorso per la copertura di posizioni di dirigente area socio sanitaria - risarcimento Danni.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia e dei signori suindicati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2013 il Cons. Antonio Bianchi e uditi per le parti gli avvocati T. Di Gioia, R. D'Aloiso su delega di S. Persichella, P. Balducci su delega di V. Triggiani, e A. Reggio D'Aci su delega di V. Pappalepore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Il signor Michele Salomone ha partecipato, quale dipendente interno, al concorso indetto dalla Regione Puglia per la copertura di n. 12 posizioni lavorative di Dirigente area socio - sanitaria.

Le prove concorsuali consistevano nel superamento di alcune prove preliminari, in una prova scritta ed in una prova orale, tese all'accertamento della conoscenza di varie materie specificatamente elencate nel bando.

All'atto dell'insediamento, la Commissione stabiliva che in relazione alla prova scritta sarebbe stato attribuito un punteggio da 1 a 10 alla risposta elaborata per ciascuno dei tre quesiti assegnati e che il punteggio complessivo della prova si sarebbe ottenuto dalla sommatoria dei singoli punteggi conseguiti (verbale n. 1).

Il 19 gennaio 2009 veniva effettuata la prova scritta al cui termine, in sede di correzione, la Commissione stabiliva che gli elaborati articolati “in quesiti strettamente integrati sotto il profilo tematico” dovessero essere valutati “con attribuzione di un voto unitario, espresso in trentesimi” (verbale n. 3 ).

Nella data anzidetta il Salomone sosteneva la prova scritta, all’esito della quale riportava un punteggio pari a 16/30 inferiore alla sufficienza di 21/30 prevista dal bando e dal regolamento regionale, non venendo quindi ammesso alla prova orale.

Peraltro, su richiesta del Dirigente responsabile, la Commissione si riuniva il successivo 29 gennaio per integrare il verbale n. 6 , relativo ai risultati della prova scritta , con le “colonne omesse contenenti i punteggi assegnati alle risposte a ciascun singolo quesito oggetto della prova scritta, la cui somma ha determinato il voto complessivo” ( verbale n. 7 ).

Ritenendo illegittimi tutti gli atti della procedura concorsuale, il Salomone adiva il Tar Puglia chiedendone l'annullamento.

Con successivo atto di motivi aggiunti, il medesimo impugnava altresì le determine dirigenziali di approvazione degli atti del concorso e della relativa graduatoria finale, chiedendone parimenti l'annullamento.

Si costituivano in primo grado sia la Regione Puglia che i controinteressati intimati, eccependo l'inammissibilità del gravame e contestandone la fondatezza del merito.

Con sentenza n. 2664/ 2010 il Tar adito dichiarava il ricorso in parte inammissibile e per la restante parte lo respingeva.

Avverso detta pronuncia il Salomone ha quindi interposto l'odierno appello, chiedendo l'integrale riforma della sentenza impugnata.

Si sono costituiti il giudizio la Regione Puglia e i controinteressati specificati in epigrafe, chiedendo la reiezione del gravame siccome infondato.

Con successive memorie le parti hanno insistito nelle rispettive tesi giuridiche.

Alla pubblica udienza del 5 novembre 2013, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Sotto un primo non rubricato profilo di censura l'appellante deduce l’erroneità della gravata sentenza laddove non ha ritenuto irragionevoli i quesiti assegnati dalla Commissione per l'espletamento della prova scritta, siccome circoscritti alla sola materia sanitaria e dei servizi sociali.

Assume, al riguardo, che sarebbe viceversa :

- “illogico non verificare se le materie di cui nel bando di concorso si è chiesto lo studio siano effettivamente conosciute” ;

- “illogico optare per modalità di selezione che non premino i candidati dotati della preparazione più ampia e diversificata, così come richiesto dal bando”.

2. La doglianza non ha pregio.

2.1 Ed invero, osserva in primo luogo il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza amministrativa, nei concorsi a posti di pubblico impiego la determinazione del concreto contenuto delle prove d'esame costituisce espressione di un ampio potere tecnico discrezionale della Commissione, sindacabile solo per ragioni di assoluta illogicità o incongruenza manifesta, ciò che nella specie non è oggettivamente riscontrabile essendo i quesiti prescelti del tutto congruenti e pienamente attinenti alle materie d'esame.

In secondo luogo, va poi rilevato come dall'esame dei quesiti sottoposti ai candidati emerga che gli stessi non sono strettamente limitati al solo profilo socio - sanitario, ma involgono più materie tra quelle indicate nel bando, tra loro interconnesse.

Il primo quesito, infatti, attiene al diritto costituzionale, al diritto amministrativo con particolare riferimento al diritto regionale della Regione Puglia, alla legislazione in materia sanitaria nonché a quella in materia di servizi sociali e flussi migratori.

Il secondo quesito poi, pur afferendo alla materia socio - sanitaria, che comunque legittimamente rimane trasversale a tutta la traccia, implica la conoscenza del diritto amministrativo, della sociologia, nonché di elementi di diritto penale, attesa la necessità di comprendere in sede di gestione delle politiche integrate di carattere socio- sanitario quali siano i profili di devianza e quali siano i rimedi apprestati dall'ordinamento relativi ad alcune delle fasce deboli destinatarie di dette politiche.

Il terzo quesito, infine, ha come oggetto di indagine materie quali il diritto amministrativo, il diritto regionale, la sociologia, la demografia e la conoscenza informatica con particolare riferimento alle applicazioni di analisi demografica ed elaborazione complessa dei dati.

Del tutto correttamente, quindi, il primo giudice ha osservato al riguardo che “dalla documentazione versata in atti emerge che la traccia sorteggiata formata dalla Commissione attiene….. alla materia socio sanitaria e ad altre materie (diritto amministrativo, management, ecc.) comunque interconnesse, in stretta attinenza quindi con i profili professionali di Dirigente dell'area socio sanitaria messi a concorso e con la professionalità richiesta per lo svolgimento delle specifiche funzioni dirigenziali, e dunque non sussistendo alcuna chiara ed univoca figura sintomatica di eccesso di potere, sotto il profilo della manifesta illogicità, irragionevolezza, travisamento o incongruenza sindacabile da questo Giudice in sede di giurisdizione generale di legittimità” .

3. Sotto un secondo profilo parimenti non rubricato l'appellante deduce l'erroneità della gravata sentenza, laddove ha ritenuto inammissibile e comunque infondata la censura sviluppata in primo grado in ordine all'operato della Commissione che, dopo aver deciso di attribuire una valutazione numerica alla prova scritta risultante dalla somma dei punteggi assegnati ad ognuno dei tre quesiti, si determinava in senso opposto assegnando un voto unitario espresso in trentesimi e procedeva infine, in una successiva seduta, ad integrare il verbale n. 6 “con le colonne omesse...contenenti i punteggi assegnati alle risposte a ciascun singolo quesito oggetto della prova scritta, la cui somma ha determinato il punteggio complessivo”.

Assume, al riguardo, che “l'operazione della Commissione non può essere considerata una “integrazione” perché, l'attribuzione di singoli voti ai singoli quesiti non era stata effettuata al momento della correzione : dell'indicazione di tale precisa scomposizione del punteggio non è dato trovare traccia nei verbali di attribuzione del punteggio, né in detti verbali è indicato il punteggio compito per compito”.

Sostiene, quindi, che in realtà la Commissione “per sua espressa affermazione, ha assegnato valutazione unitaria ai compiti, contravvenendo a quanto deliberato da essa stessa nel verbale n.1 e, soprattutto, violando i principi di buona amministrazione, imparzialità e trasparenza posti come parametro imprescindibile di legittimità non solo dall'ordinamento interno ed, in primis, dalla norma costituzionale, ma, soprattutto, dalla più cogente normativa comunitaria in tema di concorsi pubblici”.

4. Il rilievo non può essere condiviso.

4.1. Ed invero, osserva il Collegio come la dedotta censura non si faccia minimamente carico di dimostrare in quale modo un diverso operato della Commissione avrebbe potuto determinare per il ricorrente il favorevole esito del concorso.

Ciò che si contesta alla Commissione, infatti, è sostanzialmente la mancata esplicitazione sin da subito dei voti parziali espressi su ciascun quesito, e la conseguente loro rappresentazione postuma mediante una specifica attività di integrazione del verbale n. 6.

Nessun elemento, viceversa, viene fornito per dimostrare che un siffatto modus operandi abbia in concreto inciso sul risultato finale ed in particolare sul punteggio attribuito al ricorrente, consentendo così a quest’ultimo di superare la dirimente circostanza per cui il voto conseguito nella prova scritta (16/30) sia stato di gran lunga inferiore alla sufficienza (21/30).

Correttamente, pertanto, il primo giudice ha rilevato al riguardo che “nella fattispecie per cui è causa, parte ricorrente si limita ad evidenziare rilievi di carattere formale in merito al modus operandi seguito dalla Commissione nella verbalizzazione dei punteggi assegnati, senza tuttavia fornire alcun principio di prova circa la possibilità di ottenere un miglior punteggio rectius il punteggio minimo di 21/30 richiesto per il superamento della prova scritta.

Parte ricorrente cioè, soltanto in via del tutto generica afferma “l'ingiustizia” del punteggio conseguito, senza però fornire elementi in merito alla incidenza del criticato modus operandi sul risultato finale, non contestando i criteri di valutazione elaborati bensì la individuazione del metodo di attribuzione del punteggio relativi agli elaborati, punteggi comunque di gran lunga inferiori alla sufficienza richiesta per il superamento della prova.

Ne consegue l'inammissibilità delle corrispondenti censure”.

È ciò in quanto “nelle controversie relative alla contestazione dei risultati di un concorso pubblico o selezione pubblica non può prescindersi - ai fini della verifica dell'interesse al ricorso - dalla c.d. prova di resistenza, dovendo parte ricorrente provare (o comunque quantomeno fornire un principio di prova) in caso di accoglimento, la possibilità di ottenere una utile posizione in graduatoria, dovendosi dichiarare inammissibile il gravame laddove risulti “a priori” che ricorrente non otterrebbe in caso di accoglimento della domanda il bene della vita per cui agisce in giudizio”.

Né può riconoscersi in testa al ricorrente un interesse strumentale per così dire puro alla riedizione della procedura concorsuale, come dallo stesso preteso, a prescindere dalla natura delle censure dedotte avverso la procedura stessa.

Infatti, sempre come esattamente precisato nella gravata sentenza, si può ragionevolmente prescindere dalla richiamata prova di resistenza nelle “sole diverse ipotesi di contestazione della composizione della commissione o dei criteri di valutazione da quest'ultima elaborati, non essendo prevedibili il contenuto e le conseguenze delle determinazioni a seguito della sentenza che annulli i criteri censurati”.

In altri termini, e più in generale, l'interesse così detto strumentale deve pur sempre essere ricollegato a vizi procedimentali o sostanziali idonei, almeno in astratto, ad incidere sull'esito delle prove concorsuali, di guisa che queste ultime, se espletate in assenza di detti vizi, avrebbero potuto condurre a risultati diversi e, in ipotesi, più favorevoli per il ricorrente.

Sennonché, come già precisato, nella specie il ricorrente si duole sostanzialmente della mancata esplicitazione sin da subito da parte della Commissione dei voti parziali espressi su ciascun quesito, senza evidenziare quindi alcuna specifica illegittimità che possa, anche solo in astratto, avere condizionato il risultato della procedura concorsuale a lui sfavorevole.

5. Con l'ultimo mezzo di gravame l'appellante deduce l'erroneità della gravata sentenza, laddove ha disatteso la censura con cui veniva denunciata “l'ingiustizia” del punteggio assegnatogli dalla Commissione.

5.1. Il rilievo è destituito di fondamento.

Per un verso, infatti, la doglianza si appalesa inammissibile, sostanziandosi in una generica quanto indimostrata contestazione delle valutazioni tecnico discrezionali operate dalla Commissione.

Per altro verso, come correttamente rilevato dal primo giudice, la censura è comunque infondata avuto riguardo “al principio oramai di diritto vivente (Corte Costituzionale 30 gennaio 2009, n. 20…) che afferma la legittimità dell'attribuzione di un punteggio alfanumerico complessivo, specie poi qualora siano stati preliminarmente individuati puntuali criteri di valutazione, come nella fattispecie per cui è causa”.

6. La domanda risarcitoria va respinta data l’infondatezza della pretesa azionata.

7. Per quanto sopra il ricorso si appalesa infondato e, come tale, da respingere.

8. La peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Carmine Volpe, Presidente

Manfredo Atzeni, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore

Raffaele Prosperi, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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