Monday 01 September 2014 23:00:35

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

Interdittiva antimafia tipica: il Consiglio di Stato ribadisce i principi giurisprudenziali consolidati

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 1.9.2014

La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 1 settembre 2014 ha ribadito gli approdi cui è pervenuta la giurisprudenza in materia di interdittive antimafia.Con riferimento alla cd. interdittiva antimafia "tipica", prevista dall’art. 4 del D. Lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (ed oggi dagli articoli 91 e segg. del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) questa Sezione (sentenze n. 5995 del 12 novembre 2011 e n. 5130 del 14 settembre 2011) ha affermato:- che l'interdittiva prefettizia antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;- che, trattandosi di una misura a carattere preventivo, l’interdittiva prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;- che tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;- che, essendo il potere esercitato, espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata;- che anche se occorre che siano individuati (ed indicati) idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l’instaurazione di un rapporto dell’impresa con la pubblica amministrazione, non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l’interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e con l’ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo;- che di per sé non basta a dare conto del tentativo di infiltrazione il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata (non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell’impresa), ma occorre che l’informativa antimafia indichi (oltre al rapporto di parentela) anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l’autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l’impresa esercitata da loro congiunti;- che, infine, gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *del 2009, proposto da:

Idrodrain S.r.l. gia' Eurofittings S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Sergio Cola, Felice Laudadio, Andrea Orefice e Andrea Imperato, con domicilio eletto presso Felice Laudadio in Roma, via Alessandro III, n.6;

 

contro

Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, Ministero dello Sviluppo Economico in persona dei rispettivi rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.12; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE I n. 16568/2007

Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2014 il Cons. Roberto Capuzzi e uditi per le parti gli avvocati Laudadio e dello Stato Collabolletta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. - Con ricorso davanti al Tar Campania, sede di Napoli, la società Eurofittings a r. l., operante nel settore della produzione industriale di materiali plastici (raccordi in p. v. c.) impugnava:

a) la nota dell’U. T. G. di Napoli, prot. n. 334/Area I bis del 3.08.06, con cui il Prefetto di Napoli aveva comunicato al Presidente della Interbanca s.p.a. che “alla luce delle valutazioni effettuate dal G. I. A. in occasione della seduta del 27.07.06, sul conto della società Eurofittings s.r.l. permangono le condizioni ostative di cui al combinato disposto d. l.vo n. 490/94 art. 4 e d.P.R. n. 252/98 art. 10”;

b) il verbale del G. I. A. (d’ora in poi, per comodità GIA) del 27.07.2006, nella parte in cui era stato confermato il giudizio di controindicazione antimafia espresso sulla ricorrente, contenuto nel verbale del 16 e 17 febbraio 2004.

Contro i suddetti atti la ricorrente deduceva, anche con successivi motivi aggiunti, censure riconducibili alla carenza di istruttoria e di motivazione dell’atto del Prefetto e del verbale del GIA che, del tutto illogicamente, avrebbero motivato richiamando per relationem un giudizio reso oltre tre anni prima, a sua volta fondato su elementi risalenti nel tempo e non significativi.

Il Tar respingeva il ricorso ed i motivi aggiunti rilevando che le risultanze degli accertamenti svolti dalle forze dell’ordine, compendiati nei verbali del GIA, consegnavano un quadro complessivamente non alieno dal rischio di condizionamenti della criminalità organizzata nella vita dell’impresa ricorrente e che tale conclusione non era in grado d’essere scalfita in considerazione del fatto che i soci dell’Eurofittings s.r.l. erano incensurati.

Rilevava in particolare il Tar che se era vero che le circostanze, di cui al verbale del 2004 risalivano ad alcuni anni prima, le stesse erano state riconsiderate nel 2006 dall’organo consultivo della Prefettura e ritenute, per la loro pregnanza indiziaria, ancora indicative di un pericolo d’infiltrazione della criminalità organizzata nella vita dell’impresa con valutazione scevra da macroscopici vizi logici i soli che, giusto l’orientamento giurisprudenziale consolidato, avrebbero potuto condurre all’annullamento, in sede giurisdizionale amministrativa, degli atti impugnati.

2. - Nell’atto di appello la società Idrodrain s.r.l. , subentrata alla società Eurofitting s.r.l., impugna la sentenza del Tar Campania deducendo sei motivi di erroneità della stessa.

Con il primo motivo sub 1), la appellante deduce che il Tar erroneamente non avrebbe dato peso, ritenendolo elemento non decisivo, alla scelta della società di installare un sistema di videosorveglianza e teleallarme costantemente collegati con le centrali operative della Questura e della Centrale dei Carabinieri, scelte improntate a trasparenza e correttezza dell’attività di impresa. Il Tar, invece, avrebbe svilito tale circostanza ritenendo che tali, pur positive scelte, fossero semplici misure di tutela dei beni aziendali e non potessero che essere sganciate dalle scelte gestionali dell’impresa rispetto al cui perdurante rischio di condizionamento criminale, nulla potevano testimoniare.

Nel secondo motivo sub 2), si deduce che il Tar non avrebbe censurato il difetto di istruttoria inficiante i provvedimenti impugnati per non avere il Prefetto considerato le rilevanti novità intervenute e documentate nel giudizio rispetto alla situazione esistente alla data di adozione della precedente informativa interdittiva resa nei confronti della appellante. Infatti, successivamente al verbale del 2004 e degli elementi a suo tempo individuati come elementi di controindicazione sul conto della appellante, vi sarebbero state evenienze sopravvenute in quanto i soci della appellante avevano proceduto a rimuovere ogni rapporto di cointeressenza con il signor I.F., genitore del soggetto controindicato I.L., classe 1961, così eliminando gli elementi di controindicazione a suo tempo individuati dal GIA. In particolare I.D. avrebbe alienato tutte le quote detenute dalla ditta Campania Resine spa in data 23.7.2004.

Il venir meno dell’elemento decisivo di controindicazione non era stato valutato dal GIA e dal Prefetto di Napoli con ciò materializzando la evidente violazione dell’obbligo di aggiornamento delle informazioni antimafia imposto dall’art. 10 co.8 dPR n.252/1998.

Né sarebbero stati valutati gli elementi favorevoli alla società secondo i criteri di cui alla circolare del 18.12.1998 n.559/leg/240.518.8. I primi giudici infatti hanno fatto riferimento agli episodi a carico dell’appellante riferiti nel verbale del 2004 senza avere considerato la cessione delle quote azionarie da parte di I.F. con eliminazione dei presupposti che nel 2004 avevano avuto portata esclusiva nella emanazione della misura interdittiva.

Con il terzo motivo sub 3), si deduce che il primo giudice non si sarebbe fatto carico della circostanza che nessuno dei soci dell’appellante sia mai stato destinatario di un provvedimento interdittivo di qualsiasi tipo da parte dell’autorità giudiziaria e della polizia per cui sostanzialmente, a seguito dell’iniziale giudizio sfavorevole, il primo dei quali risalente al 2001, il Prefetto di Napoli ha ritenuto che la società non potesse mai più, in futuro, conseguire la informativa liberatoria in ragione della immodificabilità del giudizio a suo tempo reso, perpetuando il giudizio preclusivo nel tempo pur in assenza di alcun elemento indiziario che avvalorasse il collegamento da parte della società con la criminalità organizzata.

Nel quarto motivo sub 4), si deduce il mancato esame, da parte del primo giudice, della censura sollevata con il primo motivo aggiunto con cui era stata evidenziata la illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dell’obbligo di aggiornamento delle informazioni antimafia espressamente previsto dal comma VIII dell’art. 10 del DPR 252/1998. Infatti il giudizi sfavorevole nei confronti della società, nel verbale del 27.7.2006, è stato motivato mediante rinvio per relationem al precedente verbale del medesimo GIA del 2004, senza alcuna ulteriore attività istruttoria successiva a tale data.

Nel quinto sub 5), si sostiene la erroneità della sentenza del Tar che non avrebbe evidenziato che i fatti del 2004, richiamati nel verbale del 2006, erano risalenti nel tempo e assolutamente inidonei a radicare, anche sul piano storico oltre che logico, un giudizio sfavorevole sul conto dell’appellante. In particolare si evidenzia che:

- nessuno dei soci ha partecipato ad incontri con Mario Fabbricino (noto pluripregiudicato camorristico); le relazioni di F.S. con l’omonimo Mario sono limitate al rapporto di parentela di terzo grado;

- la vicenda della Coop. Agricola Santa Teresa si è conclusa con l’archiviazione della posizione del sig. I.D.

-il rapporto di parentela con il sig. I.L. (classe 1961) è inconferente ai fini della espressione del giudizio ex art. 10 dPR 252/1998 in quanto slegato da alcuna frequentazione anche con elementi malavitosi o sospetti;

- il signor I.L. vive in provincia di Grosseto dove ha la sede dei suoi interessi lavorativi e familiari;

-già dal 2000 risulta cessata ogni forma di partecipazione alla società da parte del genitore del sig, I.L.;

-il signor I.F. è totalmente estraneo alla soc. Eurofitting non figurando, sin dal 2000, né tra i soci, né tra gli amministratori della stessa;

-la società svolge attività industriale e commerciale lontano dalla sede delle aziende di proprietà del sig. I.F. avendo spostato la sede della attività in Sparanise;

-i signori Calindo e Cesarano non sono dipendenti della Eurofitting mentre il loro rapporto con la Campania Resine si è interrotto nel 1995;

-i signori T. D. e L. I. non hanno mai intrattenuto rapporti di affari con i signori Iovino Antonio e Nisi Ettore, fatta eccezione per la alienazione delle quote della IPA al solo Iovino Antonio avvenuta nel 1991.

Da qui il difetto di motivazione e di istruttoria dei provvedimenti impugnati motivati per relationem con riferimento a giudizio reso tre anni prima, a sua volta fondato su elementi risalenti nel tempo e dalla labile portata e la conseguente erroneità della sentenza del Tar che non avrebbe rilevato tali evidenti censure degli atti impugnati.

Con il sesto motivo sub 6), la società si duole del mancato esame, da parte del primo giudice, del quarto motivo aggiunto con cui era stato denunziato il difetto di motivazione inficiante i provvedimenti impugnati, per non avere l’amministrazione esternato le ragioni per cui non ha ritenuto rilevanti gli elementi fattuali rappresentati dalla appellante con apposita memoria depositata il 7.7.2006.

In particolare si sarebbe omesso di considerare:

-la installazione all’interno della società di un sistema di video sorveglianza e video allarme collegato con gli organi di polizia e carabinieri;

-il fatto che tali organi di polizia abbiano dato la loro autorizzazione alla instaurazione di rapporti con la appellante in contrasto con il giudizio di controindicazione espresso dal GIA;

-l’interruzione dei rapporti di cointeressenza con il sig. I.F.;

-la inesistenza di precedenti penali in capo ai soci della società.

Le amministrazione intimate si sono costituite in appello senza depositare memorie.

In vista della udienza di trattazione la appellante ha depositato una ulteriore memoria difensiva insistendo per la riforma della sentenza del Tar.

Alla pubblica udienza del 3 luglio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. - Le doglianze dedotte in appello della società attengono alla revoca della concessione delle agevolazione finanziarie ottenute dalla società ai sensi della legge n.488/92 erogate in via provvisoria dal Ministero della Sviluppo Economico con il DM n.132896

La Sezione ritiene di richiamare, sia pure brevemente, gli approdi cui è pervenuta la giurisprudenza in materia di interdittive antimafia.

Con riferimento alla cd. interdittiva antimafia "tipica", prevista dall’art. 4 del D. Lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (ed oggi dagli articoli 91 e segg. del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) questa Sezione (sentenze n. 5995 del 12 novembre 2011 e n. 5130 del 14 settembre 2011) ha affermato:

- che l'interdittiva prefettizia antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;

- che, trattandosi di una misura a carattere preventivo, l’interdittiva prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;

- che tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;

- che, essendo il potere esercitato, espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata;

- che anche se occorre che siano individuati (ed indicati) idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l’instaurazione di un rapporto dell’impresa con la pubblica amministrazione, non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l’interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e con l’ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo;

- che di per sé non basta a dare conto del tentativo di infiltrazione il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata (non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell’impresa), ma occorre che l’informativa antimafia indichi (oltre al rapporto di parentela) anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l’autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l’impresa esercitata da loro congiunti;

- che, infine, gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

4. - Applicando i sopradetti principi sulla vicenda in esame, l’appello della società non può trovare favorevole esame e le motivazioni della sentenza del Tar devono essere confermate.

Le censure dedotte, in quanto variamente reiterate, sia pure con diverse articolazioni e sfumature, in più parti dei sei motivi di appello, possono essere trattate unitariamente.

Il verbale del GIA sul quale si incentra fondamentalmente la vicenda giudiziaria osservava che “il parere di controindicazione”, contenuto nel precedente verbale del 16 - 17 febbraio 2004 e che aveva comportato il rilascio di un provvedimento interdittivo antimafia, in danno della Eurofittings, in data 18.02.04, non esauriva “la propria portata inibitoria con riferimento alla persona di I. L. (classe 1961)” così come sostenuto dai legali della società, bensì presentava “un più articolato e pregnante quadro indiziario”; ed infatti, nel citato verbale del 2004, cui si faceva rinvio recettizio, si attribuiva rilievo anche “alle figure di altri componenti della famiglia I. ”, nonché “alla loro posizione nell’ambito di altre strutture societarie, per desumere (…) una ragionevoleprognosi di verosimile contiguità con la criminalità organizzata”.

Il GIA osservava come sembrassero “surrettizie”le argomentazioni, formulate dalla società ricorrente in sede di audizione (il 7.07.06), “circa un distacco spaziale dell’attività gestionale, teso ad elidere possibili legami con la locale criminalità (sostenendo di aver trasferito la propria attività operativa in Sparanise)”, atteso che dalla visura camerale si evinceva che il trasferimento era avvenuto non di recente, bensì nel lontano 1988 e che, peraltro, aveva avuto ad oggetto l’insediamento di un mero stabilimento nel comune di Sparanise (CE), “mantenendo la sede legale nel territorio di Nola (NA)”.

Il Gruppo Ispettivo Antimafia concludeva l’atto in parola, affermando che, alla stregua di tali premesse fattuali, non sembrava che le “prospettate allegazioni difensive” fossero tali da prevalere “sul pregresso quadro indiziario” e sulle “consequenziali argomentazioni logico – giuridiche sottese al precedente parere di controindicazione antimafia”, il quale, pertanto, riceveva integrale conferma.

Nel verbale della seduta dello stesso GIA del 2004, richiamato “per relationem”, veniva poi evidenziata una serie cospicua di collegamenti ed episodi che mettevano in relazione variamente la famiglia I., ivi compresi i membri della compagine sociale della Eurofitting, in modo diretto ed indiretto, con adepti ed esponenti di clan camorristici locali, in specie facenti capo a tale Fabbrocino Mario.

Sul conto della società Eurofittings s.r.l., risultava :

- che la stessa era riconducibile alle persone dei soci I. D., I. L. (classe 1964) e I. T. P.;

-che dal rapporto della Commissione d’accesso, istituita presso il Comune di San Gennaro Vesuviano, del 13.09.2001, era emerso come alcuni incontri pre-elettorali, cui aveva partecipato F. S., cugino del boss Fabbrocino Mario., si fossero svolti negli uffici della “Campania Resine s.p.a.”, il cui amministratore era I. D.;

-che la Questura aveva riferito che lo stesso I. D., nel 1999, era stato deferito alla Procura di Nola, perché “in via Ferrovia su terreno agricolo (…) sorgeva un fabbricato di lussuosa costruzione (…) realizzato in virtù di atto concessorio emesso in favore di E. S. (…) presidente della Coop. Agricola “Santa Teresa” s.r.l., poi volturata a nome del predetto I. D.”, fratello dell’attuale vice sindaco con delega all’urbanistica ed ai LL. PP., a sua volta padre di I. L., recentemente arrestato, su ordine della locale D.D.A., perché contiguo al clan camorristico capeggiato dal noto F. M.” (I. L. in particolare, avrebbe acquistato un terreno di circa 7.000 mq., attiguo alla sede della Campania Resine, fungendo sostanzialmente da prestanome, “al fine di consentire a F. M. di aggirare i divieti derivanti dall’irrogazione di misure di prevenzione patrimoniali”);

-che, da una nota della D. I. A. di Napoli del 2003, era risultato che I. D., era socio, unitamente ai figli I. V. e I. T. P., della IPA. s.r.l., di proprietà dei fratelli I. “controindicato ai fini antimafia perché ritenuto organicamente inserito nel clan camorristico Fabbrocino”., e di N. E., cognato dello stesso boss Fabbrocino Mario.; dalla stessa informativa s’evinceva, inoltre, che I. T. P., figlio di I. D., titolare di quote della Eurofittings e dell’Immobiliare I., risultava collegato al camorrista I. A.;

-che, da un rapporto della D. I. A. di Napoli del 2003, era emerso che personaggi, organici all’organizzazione criminale capeggiata dal boss F. M., quali G. G., C. G. e C. D., avevano trovato lavoro presso le società dei fratelli I.; analogamente, in un’informativa del Commissariato di Polizia di San Giuseppe Vesuviano, del 1995, era stato riferito che presso alcune ditte, di proprietà della famiglia I., trovavano od avevano trovato occupazione “pregiudicati sospettati di appartenere al clan camorristico della “Nuova Famiglia”, facente capo al noto latitante F. M.”;

-che altri elementi, sul conto della società Eurofittings, erano risultati da ulteriori note della D.I.A. e della Questura di Napoli del 2001, 2002 e 2003 (note, peraltro non allegate al verbale della seduta del G. I. A. in esame, trasmesso, al Tribunale, nell’ambito del presente procedimento).

In conformità a tali elementi, il G IA, nella seduta del 2004, riteneva che sussistessero pericoli di condizionamento da parte della criminalità organizzata, ex art. 10 del d.P.R. 252/98, nei confronti della società ricorrente “in quanto gli elementi di controindicazione che avevano portato al rilascio d’informativa ostativa da parte del Prefetto” erano riferibili “direttamente “anche agli attuali soci della Eurofittings s.r.l. ed in particolare a I.D.”.

Come rilevato dal Tar nella sentenza appellata, le evidenze sopradette non potevano essere poste in dubbio in considerazione del fatto che i soci dell’Eurofittings s.r.l. erano incensurati attesa la diversità delle valutazioni rimesse al giudice penale e quelle rimesse al Prefetto ai fini della prevenzione antimafia, queste ultime integranti misure cautelari di tipo preventivo, che non richiedono ex lege, né la prova dei fatti di reato, né la prova dell’effettivo condizionamento delle scelte dell’impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi, essendo sufficiente il pericolo o tentativo di infiltrazione avente lo scopo di condizionare le scelte societarie.

Peraltro, anche in caso di proscioglimento in sede penale, gli accertamenti delle forze di polizia non perdono la loro idoneità a fungere da elementi da apprezzare ai fini di un’informativa antimafia sfavorevole e ciò proprio in virtù della minore incidenza probatoria degli indizi necessari a confortare l’ipotesi di un mero tentativo di infiltrazione mafiosa, e, quindi, tendenti a garantire la tutela dell’interesse sociale protetto nella sua massima soglia di anticipazione.

Né decisiva, al fine di condurre all’annullamento degli atti gravati, è la doglianza secondo la quale i fatti tenuti presenti dal Prefetto di Napoli e dal GIA, erano riferiti a tre anni prima del ricorso, e, pertanto, sarebbero stati inidonei a fondare un quadro indiziario attuale di condizionamento a carico dell’impresa.

Se pur è vero, infatti, che le circostanze indicate nel verbale del GIA del 2004, risalivano ad alcuni anni prima, è altrettanto vero che le stesse circostanze erano state oggetto di ulteriore approfondimento dal GIA nel 2006, e ritenute, per la loro pregnanza indiziaria, ancora attuali e significative di un pericolo d’infiltrazione della criminalità organizzata nella vita dell’impresa con un ragionamento esente da vizi logici.

Né appaiono conferenti nella vicenda in esame le argomentazioni diffusamente articolate con il primo motivo di appello e riprese nel sesto motivo in ordine alla sottoposizione della sede aziendale al sistema di video sorveglianza della Questura di Caserta ed al collegamento, mediante tele allarme, alla Centrale Operativa dei Carabinieri di Capua, posto che le misure in questione avevano la finalità di tutela e sicurezza dei beni aziendali ma erano del tutto irrilevanti rispetto alle scelte gestionali dell’impresa, sul cui perdurante rischio di condizionamento criminale nulla potevano testimoniare. Giustamente quindi il GIA non ha dato rilievo alle argomentazioni in tal senso svolte dalla società ed il Tar, del pari, ha ritenuto la doglianza non decisiva.

5. - In conclusione l’appello non merita accoglimento, tuttavia per la peculiarità della vicenda spese ed onorari possono essere compensati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere, Estensore

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/09/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:50:24

AREA FUNZIONI LOCALI - Quesito su possibili cause di sospensione delle ferie

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