Sunday 15 December 2013 06:44:51
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
Secondo una consolidata giurisprudenza, la nozione civilistica di pertinenza è più ampia di quella applicata nella materia urbanistica, nel senso che beni, che in diritto civile assumono senz'altro natura pertinenziale, non sono da ritenere tali ai fini dell'applicazione delle regole che governano l'attività edilizia. Ai fini urbanistici ed edilizi, invece, tale nozione assume un significato più circoscritto e si fonda sulla mancanza di autonoma destinazione e autonomo valore del manufatto pertinenziale, sulla mancata incidenza sul carico urbanistico, sulle ridotte dimensioni, tali da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 luglio 2009, n. 4636; Id., sez. IV, 16 maggio 2013, n. 2678; Id., sez. V, 11 giugno 2013, n. 3221). A questa giurisprudenza - del tutto condivisibile - dichiara di ispirarsi in Comune nel rigettare la domanda del privato, con un richiamo che, nella specie, appare (anch’esso) apodittico e immotivato. Il Collegio è invece dell’avviso che – come già ritenuto dalla Sezione nel motivare l’ordinanza cautelare favorevole alla parte appellante – i manufatti contestati, alla luce della loro indiscussa configurazione (come ricordata in narrativa), abbiano tutte le caratteristiche necessarie per essere considerati pertinenza. Il Comune, pertanto, illegittimamente ha respinto la domanda di condono. Per approfondire cliccare su "Accedi al Provvedimento".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale ***** del 2006, proposto da:
Macri' Antonio, rappresentato e difeso dagli avv. Guido Francesco Romanelli, Riccardo Ludogoroff, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria, 5;
contro
Comune di Avigliana, non costituito
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE I n. 02182/2006, resa tra le parti, concernente diniego istanza titolo abilitativo edilizio in sanatoria
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2013 il Cons. Giuseppe Castiglia e udito per la parte appellante l’Avv. Romanelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Nel 2004 il signor Antonio Macrì - comproprietario, insieme con la moglie, di un compendio immobiliare nel territorio del Comune di Avigliana - ha chiesto, con separate istanze, il condono edilizio per la:
- realizzazione di tettoia in legno per ricovero di attrezzature di pertinenza dell’abitazione principale;
- realizzazione di recinzione in pali di cds e rete metallica – deposito materiale da costruzione e di cantiere – opere accessorie all’abitazione principale;
- realizzazione di tettoia aperta con strutture in ferro ad uso ricovero autovetture ed attrezzature varie – locale accessorio all’abitazione principale.
Dopo avere preannunziato il rigetto, il Comune – con un unico provvedimento n. 4394/2006 in data 27 febbraio 2006 – ha respinto la richiesta, ritenendo le opere non condonabili a norma dell’art. 32, comma 25, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326), per avere le opere stesse natura non “di fabbricati o opere pertinenziali, ma di nuove costruzioni con destinazione d’uso non residenziale”.
Il signor Macrì ha impugnato il diniego con ricorso, che il T.A.R. per il Piemonte, sez. I, ha respinto con sentenza in forma semplificata 24 maggio 2006, n. 2182.
Contro la sentenza il signor Macrì ha interposto appello, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva.
Il signor Macrì ripropone i motivi contenuti nel ricorso introduttivo, censurando:
1. la violazione e la falsa applicazione della normativa sopra richiamata. Diversamente da quanto avrebbero ritenuto il Comune e il T.A.R., questa, pur non confermando espressamente la condonabilità delle opere non residenziali, avrebbe tuttavia inteso richiamare l’originaria disciplina del condono edilizio (legge n. 47 del 1985), inserendo le sole modifiche che importassero variazioni rispetto alla normativa di base. In questo senso, d’altronde, sarebbe anche la circolare ministeriale n. 2699 del 7 dicembre 2005, che espressamente ammetterebbe la possibilità di sanare anche le nuove costruzioni con destinazione d’uso non residenziale. In concreto, l’alternativa consisterebbe nell’affermare o nel negare la natura residenziale dei manufatti: nel primo caso, il diniego del Comune, come pure la sentenza del T.A.R., sarebbero basati su presupposti di fatto errati; nel secondo, diniego e sentenza sarebbero errati in punto di diritto;
2. l’eccesso di potere (tale censura, peraltro, avrebbe carattere strettamente subordinato e meramente cautelativo). La recinzione avrebbe natura evidentemente pertinenziale e come tale sarebbe senz’altro condonabile. La tettoia, che nel preavviso di rigetto sarebbe stata considerata non condonabile perché non ultimata alla data del 31 marzo 2003 (termine di riferimento della nuova disciplina), sarebbe stata pressoché realizzata al 12 febbraio 2004 (giorno in cui il Comune aveva emesso un’ordinanza di demolizione). Caduto il presupposto, il diniego sarebbe contraddittorio.
Il Comune di Avigliana, come in primo grado, non si è costituito in giudizio per resistere all’appello.
La domanda cautelare è stata accolta dalla Sezione con ordinanza 7 novembre 2006, n. 5912.
In vista della discussione della causa, l’appellante ha depositato una breve memoria, nella quale insiste sulla natura pertinenziale - rispetto all’abitazione principale - dei manufatti da condonare, che il Comune avrebbe invece disconosciuto.
Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2013, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
In punto di diritto, la ricostruzione fatta dall’appello, circa la normativa di condono del 2003, non può essere seguita.
Infatti, è giurisprudenza ormai costante quella secondo cui – ai sensi di tale normativa – nuove costruzioni possono venire sanate solo in quanto abbiano destinazione residenziale. Depongono in questo senso la lettera della legge, i lavori preparatori, l’inammissibilità di un’interpretazione analogica, mentre la circolare ministeriale ricordata in narrativa appare apodittica e non motivata (cfr. Cass. pen., sez. III, ord. 2 dicembre 2010, n. 762; Cons. Stato, sez. VI, 12 dicembre 2012, n. 6381, ove riferimenti ulteriori).
Tuttavia, in termini di fatto, sembra davvero difficile negare il carattere pertinenziale delle opere in questione.
Secondo una consolidata giurisprudenza, la nozione civilistica di pertinenza è più ampia di quella applicata nella materia urbanistica, nel senso che beni, che in diritto civile assumono senz'altro natura pertinenziale, non sono da ritenere tali ai fini dell'applicazione delle regole che governano l'attività edilizia. Ai fini urbanistici ed edilizi, invece, tale nozione assume un significato più circoscritto e si fonda sulla mancanza di autonoma destinazione e autonomo valore del manufatto pertinenziale, sulla mancata incidenza sul carico urbanistico, sulle ridotte dimensioni, tali da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 luglio 2009, n. 4636; Id., sez. IV, 16 maggio 2013, n. 2678; Id., sez. V, 11 giugno 2013, n. 3221).
A questa giurisprudenza - del tutto condivisibile - dichiara di ispirarsi in Comune nel rigettare la domanda del privato, con un richiamo che, nella specie, appare (anch’esso) apodittico e immotivato.
Il Collegio è invece dell’avviso che – come già ritenuto dalla Sezione nel motivare l’ordinanza cautelare favorevole alla parte appellante – i manufatti contestati, alla luce della loro indiscussa configurazione (come ricordata in narrativa), abbiano tutte le caratteristiche necessarie per essere considerati pertinenza. Il Comune, pertanto, illegittimamente ha respinto la domanda di condono presentata dal signor Macrì.
Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello è fondato e va dunque accolto, con riforma della sentenza impugnata e annullamento del provvedimento di diniego oggetto del ricorso di primo grado.
Le spese seguono la soccombenza, conformemente alla legge, e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento oggetto del ricorso di primo grado.
Condanna la parte soccombente alle spese, che liquida nell’importo di euro 1.000,00 (mille/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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