Thursday 28 July 2016 16:10:17

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Annullamento in autotutela: il "criterio dei 18 mesi" introdotto dalla legge n. 124/2015 e il principio del "tempus regit actum”

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 28.7.2016 n. 3403

Il “criterio dei 18 mesi”, di cui all’art. 6 della l. n. 124 del 2015, sulla base del principio “tempus regit actum”, non può trovare applicazione nella fattispecie in discussione, che riguarda un provvedimento adottato nel 2012. Semmai, come il Comune non manca di segnalare, può essere utile rammentare che in materia edilizia l'art. 39 del d.P.R. n. 380 del 2001 fissa in dieci anni il termine - ragionevole - entro il quale la |Regione può annullare provvedimenti comunali che autorizzano interventi edilizi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione. Potrebbe dunque trovare tuttora applicazione, se del caso, quale “parametro temporale” di legittimità e congruità dell’azione amministrativa di annullamento in via di autotutela in materia, il “criterio decennale”, riferito all’esercizio del potere comunale di autoannullamento in relazione a un permesso assentito nell’ottobre del 2008 e annullato nel maggio del 2012. In ogni caso, anche a volere tenere conto del “criterio dei 18 mesi” introdotto nel 2015 quale elemento orientativo al fine di valutare, sotto il profilo della ragionevolezza del termine, la legittimità di un atto di annullamento in autotutela adottato sotto la disciplina previgente, resta il fatto che, avuto anche riguardo alla rappresentazione non veritiera dello stato dei luoghi da parte del privato richiedente, la circostanza che tra il rilascio del “permesso commissariale” e l’adozione del provvedimento comunale di annullamento in via di autotutela siano trascorsi tre anni e otto mesi non è in grado di inficiare il provvedimento impugnato in primo grado (cfr., sulla ragionevolezza del tempo, di circa quattro anni –gennaio 2009 / marzo 2005- entro il quale è stato disposto l’annullamento in autotutela di un permesso di costruire assentito in modo illegittimo, la già citata sentenza Cons. Stato, sez. IV, n. 3150 del 2012). Il profilo di censura attinente alla omessa analisi della possibilità di adottare atti diversi dall’annullamento in via di autotutela (ad esempio, la convalida), sembra poi travalicare i limiti del controllo giudiziale di legittimità demandato a questo giudice amministrativo sconfinando nel merito delle opzioni riservate all’autorità amministrativa

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)


Pubblicato il 28/07/2016

N. 03403/2016REG.PROV.COLL.

N. 00669/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 669 del 2014, proposto da *, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Abbamonte e Orazio Abbamonte, con domicilio eletto presso lo Studio Abbamonte Titomanlio in Roma, Via Terenzio n. 7; 

contro

Comune di Caiazzo, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dall'avvocato Pasquale Marotta, con domicilio eletto presso l’avv. Giancarlo Caracuzzo in Roma, Via Villa Pepoli, 4; 
Regione Campania, non costituitasi in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI -SEZIONE VIII, n. 2724 del 2013, resa tra le parti, concernente annullamento d’ufficio di permesso di costruire e ordine di ripristino dello stato dei luoghi; 

 

 

Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Caiazzo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 23 giugno 2016 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Simona Censi per delega di Giuseppe Abbamonte, e Isetta Barsanti Mauceri per delega di Pasquale Marotta;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.Esigenze di sintesi (arg. ex art. 3, comma 2, del cod. proc. amm.) suggeriscono di rinviare alla lettura della sentenza impugnata (v. dal p. 2.1. in poi) per quanto attiene al riepilogo della vicenda per la quale è causa.

Al riguardo, in questa sede di appello pare sufficiente rammentare che con una concessione edilizia accordata nel 1999 e con varianti del 2001 e del 2003 venne assentita al signor De Iulio la realizzazione di un edificio commerciale.

Nel 2005 i titoli abilitativi edilizi furono annullati d’ufficio poiché la realizzazione di un edificio commerciale in zona F, destinata ad “attrezzature di interesse generale e zone di uso pubblico o aperte al pubblico nonché attrezzature commerciali e per lo spettacolo, lo svago e lo sport” non risultava conforme alla disciplina pianificatoria, che non assegnava all’area di intervento una destinazione commerciale specifica, di natura privata e con finalità di profitto.

Il *  impugnò l’atto di autotutela dinanzi al Tar Campania –Napoli il quale respinse il ricorso con la sentenza n. 3051 del 2007, confermata in appello dalla IV Sezione di questo Consiglio di Stato con la decisione n. 1986 del 2012.

Nel frattempo il signor *  aveva realizzato “in loco” uno sbancamento di oltre 3.000 mc. di terreno con opere di fondazione in cemento armato. A quanto consta (cfr. sent. Cons. Stato n. 1986/2012 cit. , p. 2.1.), oltre ai lavori di sbancamento del terreno erano stati realizzati la via di accesso e il piazzale antistante al fabbricato, ed era stato allestito il cantiere di lavoro).

Nel giugno del 2007 il ricorrente e odierno appellante chiedeva al Comune, ai sensi dell’art. 6, comma 2, della l. reg. n. 19 del 2001, un permesso di costruire, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, allo scopo di realizzare, sulla stessa area dove il *  intendeva costruire l’edificio commerciale, un parcheggio in deroga allo strumento urbanistico vigente per nove posti auto. Si trattava di garages pertinenziali rispetto a immobili adiacenti, commerciali e abitativi, da costruire sulla medesima area oggetto del giudizio instaurato avanti al Tar di Napoli nel 2006 e definito da questo giudice di appello nel 2012. 

Dagli atti la struttura risulta fuoriuscire in parte dal piano di campagna per circa 2,30 -4 metri.

Nell’ottobre del 2008 il commissario “ad acta” designato dal Presidente della Provincia di Caserta, al quale il signor  * si era rivolto per richiedere l’intervento sostitutivo di cui all’art. 39 della l. r. n. 16 del 2004, diretto alla conclusione del procedimento avviato, dopo avere acquisito il parere favorevole del responsabile dei servizi tecnici del Comune, rilasciava il permesso di costruire relativo al parcheggio.

Dopo che il Comune aveva acquisito dalla Regione Campania, in data 20.5.2011, una relazione tecnica sulle opere assentite con il permesso anzidetto, relazione nella quale si faceva riferimento a svariate difformità a legge e irregolarità, con particolare riguardo al fatto che l’area interessata dall’intervento non poteva considerarsi “area libera”, alla quale l’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19 del 2001 si riferisce ai fini dell’assentibilità dei parcheggi in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, veniva instaurato dal Comune un procedimento di annullamento d’ufficio del permesso di costruire, nel corso del quale il ricorrente controdeduceva. 

Il procedimento si concludeva con l’annullamento d’ufficio del permesso edilizio, disposto con provvedimento n. 26 del 25.5.2012 a firma del responsabile del Settore Politiche del Territorio. 

Il titolo edilizio veniva annullato essenzialmente a causa della insussistenza del requisito dell’ “area libera”, presupposto imprescindibile, in base all’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19 del 2001, per il rilascio del permesso in deroga allo strumento urbanistico vigente, risultando essere stati eseguiti lavori ingenti di sbancamento e compiute opere di fondazione, e avuto riguardo inoltre alla infedele e comunque alla erronea e inesatta rappresentazione dello stato dei luoghi operata dal privato, con riferimento alla rappresentazione dell’area come libera, errore del privato decisivo e in ogni caso rilevante ai fini del rilascio dell’atto ampliativo richiesto nel 2007 e in un primo momento accordato nel 2008 (nella istanza del giugno 2007 il De Iulio aveva omesso di specificare l’esecuzione dei lavori di sbancamento e la presenza “in loco” di opere di fondazione e quindi di strutture preesistenti). 

Avverso e per l’annullamento dell’atto di autotutela il signor *  ricorreva dinanzi al Tar di Napoli con svariati motivi.

2. Con la sentenza impugnata il giudice di primo grado ha respinto il ricorso, a spese compensate.

In particolare la sentenza:

-ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione Campania;

-ha preso le mosse dall’assunto per cui “il gravato annullamento d’ufficio” s’incentra su cinque nuclei motivazionali autonomi e non soltanto sulla non configurabilità dell’area d’intervento come “area libera” ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19 del 2001, quantunque la non qualificabilità dell’area come libera assuma un carattere preminente nel contesto motivazionale generale del provvedimento impugnato, e ciò anche per le implicazioni in termini di falsa o erronea rappresentazione dello stato dei luoghi. Poiché viene in questione un provvedimento c. d. “plurimotivato”, il Tar ha considerato anzitutto inammissibile, per carenza di interesse, il motivo di ricorso basato sulla qualificabilità dell’area come “libera”, come tale conforme al requisito prescritto dal citato art. 6, comma 2, per assentire la realizzazione di parcheggi anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, atteso che, fondandosi il provvedimento impugnato n. 26/2015 su una motivazione plurima, soltanto l’accertata illegittimità di ciascuna ragione giustificatrice autonoma sulla quale l’annullamento d’ufficio si fonda potrebbe comportare l’illegittimità e il conseguente annullamento giurisdizionale del provvedimento lesivo. Sta di fatto che l’atto di autotutela risulta sorretto da nuclei motivazionali autosufficienti in grado, da soli, di sostenere il disposto annullamento d’ufficio del permesso del 2008, e che l’annullamento d’ufficio è rimasto inoppugnato per gran parte delle ragioni giustificatrici che lo sorreggono, salvo che per la “questione dell’area libera”, ai fini di cui al sopra citato art. 6, comma 2;

-in ogni caso (v. p. 2.2.1. sent.), la sentenza ha giudicato infondato nel merito, respingendolo, il motivo basato sulla qualificazione dell’area come “libera”, posto che anzitutto la disciplina derogatoria trova applicazione soltanto a condizione che i parcheggi siano realizzati nel sottosuolo o in locali situati al piano terreno di fabbricati già esistenti, mentre nella fattispecie la struttura assentita fuoriesce dal piano di campagna, il che di per sé ne esclude la riconducibilità alla disciplina, statale a regionale, di favore, dettata in materia di parcheggi. La costruzione fuori terra non può sottrarsi ai parametri e ai vincoli imposti dallo strumento urbanistico vigente sull’area d’intervento, inclusa la destinazione d‘uso. L’art. 6, comma 2, su citato, non può essere interpretato in modo tale da considerare possibile la costruzione di manufatti da destinare a parcheggi, in deroga agli strumenti urbanistici, in tutte le “aree libere”, anche non di pertinenza, non solo al piano terra o nel sottosuolo, ma anche in elevazione rispetto al piano di campagna. In particolare, la locuzione “ovvero”, introduttiva dell’espressione “nel sottosuolo di fabbricati o al pianterreno di essi”, assolve una funzione non già disgiuntiva, quale sinonimo di “oppure”, ma esplicativa e specificativa, quale sinonimo di “ossia”, della precedente espressione “in aree libere”. In ogni caso, a prescindere dalle considerazioni svolte sopra, la sentenza ha rilevato (v. p. 2.2.2.) che l’area in argomento non poteva considerarsi “libera” ai fini dell’assentibilità su di essa di un parcheggio pertinenziale in deroga ex art. 6, comma 2, cit. , dato che erano stati effettuati uno sbancamento di oltre 3.000 mc. di terreno e opere di fondazione in cemento armato per la costruzione di un fabbricato destinato a uso commerciale, sicché, al momento della presentazione della domanda (giugno 2007) e del suo accoglimento (ottobre 2008), l’area era tutt’altro che libera; e ha soggiunto come il De Iulio, nell’istanza del 2007, avesse omesso di menzionare l’esistenza, sull’area di sedime, di opere tali da determinare una significativa trasformazione del territorio;

-ha respinto (v. p. 4.) la censura imperniata sulla insufficiente ponderazione dell’interesse pubblico, specifico e concreto, tale da giustificare il ricorso all’annullamento del permesso di costruire, considerando “in re ipsa” l’interesse pubblico alla eliminazione dell’atto illegittimo, avuto anche riguardo alla erronea o inesatta rappresentazione della realtà dei luoghi da parte dell’interessato, risultata rilevante se non decisiva ai fini dell’adozione del provvedimento ampliativo annullato in via di autotutela. Né risulta configurabile alcun legittimo affidamento in capo al privato;

-ha infine disatteso profili di censura di carattere procedimentale e attinenti al mancato coinvolgimento, nel procedimento in autotutela, del commissario “ad acta” nominato dal Presidente della Provincia quale organo sostitutivo dell’organo comunale competente a provvedere sulla domanda di permesso di costruire avanzata nel 2007.

3. Il De Iulio ha proposto appello con sei, articolati motivi.

Sub I) l’appellante, nel dedurre erronea interpretazione dell’atto amministrativo, sostiene che, diversamente da quanto rilevato in sentenza, al p. 2.1., nello statuire sulla inammissibilità, per carenza di interesse, venendo in questione un atto c. d. “plurimotivato”, della censura basata sulla qualificabilità dell’area di intervento come “area libera” ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19 del 2001, il provvedimento di annullamento in autotutela impugnato in primo grado non si regge su motivazioni plurime e tra loro autonome, “posto che l’unico suo nucleo motivazionale risiede nella questione della (insussistenza della) area libera”, oltre che sull’assunto dell’erronea rappresentazione della realtà dei luoghi da parte del * . L’Amministrazione comunale, dopo avere addotto, sulla base di quanto segnalato dal Settore Urbanistica della Regione Campania con la relazione tecnica del maggio del 2011, diverse ragioni a sostegno dell’avvio del procedimento diretto all’annullamento del permesso a costruire del 2008; e dopo avere esaminato le osservazioni formulate dal De Iulio in data 27 aprile 2012, ha ritenuto di pronunciarsi in modo negativo annullando il titolo edilizio a suo tempo accordato, esclusivamente per la insussistenza del requisito dell’area libera, “anche in termini di falsa rappresentazione dello stato dei luoghi” . E il ricorso al Tar è stato articolato in piena aderenza alla motivazione portata dal Comune a sostegno dell’annullamento in autotutela. Né potrebbe sostenersi che per considerare superate le questioni sollevate dalla Regione il Comune avrebbe dovuto manifestare in modo esplicito la propria condivisione delle controdeduzioni dell’appellante. La motivazione della sentenza sul punto è erronea laddove il Tar altera la portata motivazionale del provvedimento di annullamento in autotutela. In ogni caso, alle pagine 9 e 10 dell’atto d’appello vengono ribadite le “controdeduzioni procedimentali” svolte dal De Iulio e considerate in maniera favorevole dall’Amministrazione comunale.

Sub II) l’appellante deduce il vizio di ultrapetizione evidenziando che la sentenza impugnata, laddove rimarca che la struttura fuoriesce parzialmente dal piano di campagna, il che ne comporta la non riconducibilità alla disciplina derogatoria in materia di parcheggi, sarebbe incorsa, appunto, nel vizio di ultrapetizione posto che quest’ultimo aspetto non era stato messo in discussione dal Comune con il provvedimento impugnato (il quale, come si è rilevato, si basa in via esclusiva sull’assenza dell’ “area libera”). In ogni caso, l’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19 del 2001 va interpretato nel senso che la realizzazione di parcheggi in deroga è consentita non solo nel sottosuolo e al piano terreno ma anche fuori terra. Il termine “ovvero”, utilizzato all’art. 6, comma 2, per elencare i siti ove è consentito realizzare parcheggi in deroga, avrebbe una funzione di elencazione alternativa e non, come invece si afferma in sentenza, specificativa di una espressione precedente, riferita al sottosuolo dei fabbricati o al piano terreno di essi, dovendo riconoscersi al Legislatore regionale un’ampia possibilità d’intervento e di regolamentazione della materia dei parcheggi, anche in funzione della specifica realtà economica e sociale del territorio.

Sub III) l’appellante, nel dedurre violazione dell’art. 6 della l. r. n. 19 del 2001 e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, ribadisce che per area libera deve intendersi superficie non edificata, ossia non occupata da altre costruzioni, priva di vincoli espropriativi o urbanistici, libera da fabbricati sovrastanti sicché, nella specie, al momento della richiesta del rilascio del permesso di costruire per la realizzazione del parcheggio pertinenziale (giugno 2007), l’area d’intervento doveva considerarsi libera e disponibile, anche se erano stati eseguiti lavori preliminari di sbancamento del terreno. Dev’essere infatti valorizzato un concetto di “area libera” non in termini assoluti bensì in senso funzionale alle esigenze alle quali si ispira la legislazione urbanistica, con riferimento cioè a una disciplina produttiva dell’uso del territorio. D’altronde sarebbe irragionevole e contrario all’interesse pubblico pretendere, dapprima, il ripristino dello stato dei luoghi per poi rilasciare il permesso di costruire per la ricostruzione di ciò che è stato demolito.

Ancora, sub IV), nel rilevare erroneità dei presupposti, travisamento, illogicità e altre figure sintomatiche del vizio di eccesso di potere, viene censurata la statuizione con la quale il Tar ha considerato legittimo e corretto l’annullamento in autotutela nella parte in cui il Comune aveva preso le mosse dall’assunto secondo il quale il De Iulio avrebbe compiuto una erronea rappresentazione dello stato di fatto –di “area libera”- preesistente al rilascio del titolo edilizio del 2008. Nell’appello si sostiene che lo stesso Comune non può affermare di non essere stato a conoscenza dello sbancamento di oltre 3.000 mc. e della presenza di opere di fondazione, imputando all’appellante false rappresentazioni dei luoghi nella domanda del giugno del 2007. Nel parere favorevole al progetto, reso dal responsabile del Servizio Tecnico del Comune, si dà atto sia dell’esistenza dello sbancamento dell’area e sia della presenza delle fondazioni per l’edificazione, di tal che, poiché il parcheggio sarebbe stato realizzato sugli stessi luoghi del locale commerciale, il cui titolo edilizio era stato annullato, e richiedendo anch’esso uno sbancamento uguale a quello già eseguito, sarebbe stato un “controsenso logico” pretendere dapprima il (difficile) ripristino dello stato dei luoghi per poi rilasciare il permesso per i garages e ri-procedere allo sbancamento e alla creazione delle fondazioni.

Sub V) – eccesso di potere per carenza di motivazione, omessa ponderazione degli interessi in gioco ed esorbitanza del provvedimento di annullamento rispetto alle finalità sue proprie, si contesta che l’interesse pubblico all’annullamento del permesso di costruire che si assume essere illegittimo sia da considerarsi “in re ipsa” . Prima di giungere al contestato annullamento in autotutela l’Amministrazione avrebbe dovuto ponderare con attenzione gli interessi coinvolti tenendo in considerazione quanto già edificato dal De Iulio da quattro anni, e ultimato nella sua struttura definitiva (il permesso di costruire è del 2.10.2008, l’annullamento in autotutela, del 25.5.2012). L’esercizio della funzione repressiva non risponde ai valori di efficienza e di economicità dell’azione amministrativa. Difetta nella specie una congrua motivazione sull’interesse pubblico attuale a concreto a sostegno dell’esercizio del potere di autotutela, comparato con l’interesse del destinatario dell’atto ampliativo al mantenimento delle posizioni soggettive che su di esso si sono ormai consolidate, essendo trascorso un periodo di tempo cospicuo. Il privato ha confidato secondo ragionevolezza sulla stabilità del titolo edilizio rilasciato dal Comune. Il Comune, da parte propria, ha omesso di analizzare la possibilità di adottare atti alternativi (come ad es. la convalida) a quello, effettivamente emanato, di annullamento in autotutela.

Sub VI) –vizio del procedimento, violazione del principio del “contrarius actus”, si sostiene, infine, che il motivo della falsa rappresentazione della realtà indicato nel provvedimento impugnato non era stato segnalato nella nota del Comune di avviso di avvio del procedimento di annullamento, con conseguente violazione degli articoli 7 e 10 bis della l. n. 241 del 1990. Inoltre, non risulta comunicato, al commissario “ad acta” nominato dal Presidente della Provincia per il rilascio del permesso di costruire, né l’avviso di avvio del procedimento, e neppure il provvedimento finale di autotutela, con conseguente violazione del principio del “contrarius actus”, posto che lo “jus poenitendi” non è stato esercitato dallo stesso organo che ebbe a suo tempo a emanare il provvedimento favorevole al *, né è stato consentito al commissario medesimo di partecipare al procedimento di annullamento, formulando proprie osservazioni al riguardo.

4.Il Comune si è costituito per resistere e ha dedotto in modo ampio. 

La difesa dell’Amministrazione ha, tra l’altro, osservato che il permesso a costruire rilasciato nel 2008 doveva ritenersi comunque scaduto a causa del decorso infruttuoso del tempo utile (36 mesi dalla data del rilascio del titolo) previsto dall’art. 6 della l. reg. n. 19 del 2001 per la realizzazione dei lavori assentiti.

A questo riguardo la difesa dell’appellante ha eccepito l’irrilevanza della “ex adverso” dedotta decadenza del permesso a costruire, posto che nessuna contestazione, a questo proposito, era stata sollevata sul punto nel provvedimento di annullamento in autotutela impugnato in primo grado, e neppure nella relazione regionale ivi richiamata, venendo dunque in discorso una nuova argomentazione, “sollevata nei soli scritti difensivi avversari”.

5. In prossimità dell’udienza di discussione del ricorso nel merito le parti hanno depositato memorie conclusive a sostegno delle rispettive posizioni. 

In particolare, l’appellante ha segnalato che con la sentenza n. 4028 del 26.10.2015 la I sezione penale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha assolto il * , perché il fatto non sussiste, dal reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, per avere edificato il fabbricato con destinazione a parcheggio di cui si discute in contrasto con l’art. 6 della l. reg. n. 19 del 2001 “e con il p. di f. del Comune di Caiazzo (e) sulla scorta di permesso di costruire illegittimo”. 

Il Tribunale ha giudicato insussistente il contrasto con l’art. 6 della l. reg. n. 19 del 2001.

La difesa comunale ha rimarcato l’irrilevanza sostanziale delle affermazioni svolte dal giudice penale.

All’udienza del 23.6.2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione. 

6. Il Collegio ritiene che il dispositivo di rigetto del ricorso di primo grado sia corretto e vada quindi confermato.

Tuttavia si ritiene anche che il percorso motivazionale da seguire per giungere alla conferma, sul piano sostanziale, della decisione di primo grado, debba essere in parte diverso rispetto all’iter argomentativo scelto dal Tar.

6.1. In via preliminare, con riferimento ai rilievi difensivi svolti dal Comune alle pagine da 8 a 11 della memoria di costituzione; con riguardo cioè all’affermazione difensiva comunale in base alla quale il permesso a costruire rilasciato nel 2008 doveva ritenersi comunque scaduto a causa del decorso infruttuoso del tempo utile (36 mesi dalla data del rilascio del titolo) previsto per la realizzazione dei lavori assentiti, il Collegio ritiene che venga in discussione una evidente integrazione postuma della motivazione in sede giudiziale, dal momento che la questione della scadenza del permesso di costruire a causa del decorso infruttuoso del tempo utile prescritto per la realizzazione dei parcheggi assentiti non aveva formato oggetto di trattazione nel provvedimento impugnato in primo grado.

Sotto questa angolazione, in modo corretto l’appellante deduce, appunto, nella sostanza, una integrazione postuma della motivazione in sede giudiziale, in maniera coerente del resto con l’esistenza di un solido orientamento, anche di questa Sezione, che propende per la inammissibilità della motivazione postuma del provvedimento lesivo, addotta dall’Amministrazione emanante in sede giudiziale, e questo anche dopo che, con la legge n. 15 del 2005 che ha inserito l’art. 21 –octies nella legge n. 241 del 1990, si è assistito a una “dequotazione” dei vizi formali del provvedimento amministrativo e, segnatamente, del vizio di difetto di motivazione: sul punto v. , “ex plurimis”, Cons. St. , sez. VI, n. 5598 del 2011 e n. 4993 del 2009; conf. , più di recente, sez. III, n. 2247 del 2014, cui si fa rinvio anche ai sensi degli articoli 74 e 88, comma 2, lett. d) del cod. proc. amm. .

Pertanto la questione della “scadenza del permesso a costruire del 2008 per infruttuoso decorso del tempo utile alla realizzazione dei lavori”, introdotta dalla difesa civica con la memoria di costituzione depositata il 21.3.2014, e ripresa nelle memorie illustrative del 2016, non potrà essere esaminata nell’ambito del presente giudizio. 

Resta salva ovviamente la possibilità per il Comune di tenere conto dello scadere del triennio in sede di eventuale ri- esercizio dell’azione amministrativa. 

6.2. In sé e per sé sono fondati e meritano di essere accolti il primo motivo e la prima parte del secondo motivo di appello, riassunti sopra al p. 3. . Si tratta di contestazioni imperniate, rispettivamente, sulla affermata erronea interpretazione dell’atto amministrativo da parte del giudice di primo grado, e sul rilievo per cui la fuoriuscita parziale della struttura dal piano di campagna -il che ad avviso della difesa comunale comporta la non riconducibilità della fattispecie alla disciplina derogatoria in materia di parcheggi- implica ultrapetizione posto che questo aspetto non era stato messo in discussione dal Comune con il provvedimento impugnato, il quale si basa in via esclusiva sull’assenza dell’ “area libera” e sulla erronea rappresentazione dei luoghi da parte del De Iulio. 

Va tuttavia precisato sin da ora che l’accoglimento delle deduzioni dell’appellante non consente di sovvertire l’esito complessivo della controversia e di accogliere il ricorso di primo grado. 

6.2.1. Come si è accennato sopra al p. 2., in primo luogo la sentenza, al p. 2.1., ha preso le mosse dall’assunto (non corretto, come si dirà) in base al quale il provvedimento di annullamento in via di autotutela del 25.5.2012 doveva considerarsi un atto “plurimotivato”. Venendo in questione un provvedimento “plurimotivato”, il Tar ha considerato anzitutto inammissibile, per carenza di interesse, il motivo di ricorso basato sulla qualificabilità dell’area come “libera”, come tale conforme al requisito prescritto dal citato art. 6, comma 2, della l. r. n. 19 del 2001, in maniera tale da assentire la realizzazione di parcheggi anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, posto che, fondandosi il provvedimento impugnato n. 26/2015 su una motivazione plurima, soltanto l’accertata illegittimità di ciascuna ragione giustificatrice autonoma sulla quale l’annullamento d’ufficio si fonda potrebbe comportare l’illegittimità e il conseguente annullamento giurisdizionale del provvedimento lesivo. Sta di fatto –osserva il Tar- che, pur dovendosi riconoscere carattere preminente alla questione dell’area d’intervento come (non) libera, l’atto di autotutela risulta sorretto da nuclei motivazionali autosufficienti in grado, da soli, di sostenere il disposto annullamento d’ufficio del permesso del 2008, e che l’annullamento d’ufficio è rimasto inoppugnato per gran parte delle ragioni giustificatrici che lo sorreggono, salvo che, appunto, per la “questione dell’area libera”, ai fini di cui al sopra citato art. 6, comma 2, sicché il motivo sull’ “area libera” dev’essere ritenuto inammissibile per carenza di interesse.

La statuizione non può essere condivisa.

Costituisce affermazione talmente consolidata in giurisprudenza da non richiedere il sostegno di precedenti specifici quella per la quale in caso di provvedimento plurimotivato il rigetto della doglianza diretta a contestare una delle ragioni giustificatrici dell’atto lesivo –o la mancata contestazione in sede giudiziale, come si afferma in sentenza, della gran parte delle ragioni giustificatrici anzidette- comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all'esame delle censure ulteriori volte a contestare una o più delle altre ragioni giustificatrici dell’atto medesimo, atteso che, ove anche tali censure ulteriori si rivelassero fondate, l’accoglimento delle stesse non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l'interesse del ricorrente a ottenere l'annullamento del provvedimento lesivo, che resterebbe supportato dall'autonomo motivo riconosciuto sussistente e legittimo.

Nel caso in esame, tuttavia, non si ricade nell’ambito di applicazione del principio giurisprudenziale appena ricordato. 

In base alla puntuale ricostruzione operata dall’appellante, il provvedimento finale n. 26/2012 non risulta sorretto (anche) da ulteriori e distinti nuclei motivazionali, rispetto a quelli censurati dal De Iulio dinanzi al Tar, “singolarmente suscettibili di sorreggere di per sé il disposto annullamento d'ufficio del titolo abilitativo edilizio, quali: a) l’inosservanza delle misure - impartite dall'art. 6, comma 7 bis, della l. r. n. 19/2001 - a salvaguardia dell'originario equilibrio arboreo dell'area sovrastante il parcheggio; b) La mancata registrazione dell’atto di vincolo" del parcheggio ad uso pertinenziale di immobili adiacenti; c) la previsione di soli sette posti auto riservati a parcheggio pertinenziale, in luogo dei nove assentiti col permesso di costruire del 2 ottobre 2008; d) la violazione delle distanze legali tra edifici contigui”. 

E infatti, nelle premesse del provvedimento n. 26/2012 il Comune richiama anzitutto le –svariate- illegittimità, difformità e irregolarità del permesso di costruire del 2008, segnalate dalla Regione con la nota del 20.5.2011, ma riproduce anche le controdeduzioni formulate in sede procedimentale dal ricorrente e odierno appellante in data 27.4.2012.

Immediatamente dopo avere riprodotto i rilievi regionali e le osservazioni procedimentali del privato, il provvedimento lesivo rileva che le argomentazioni del signor De Iulio non appaiono convincenti in ordine al requisito di “area libera” richiesto dalla legislazione regionale vigente, e motiva in ordine all’annullamento in via di autotutela esclusivamente con riferimento all’assenza del requisito dell’area libera richiesto dall’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19/2001, specificando che il De Iulio ha dichiarato libera l’area interessata producendo una erronea rappresentazione dello stato di fatto preesistente al rilascio dell’atto di assenso edilizio.

Dalla ricostruzione che precede risulta evidente che l’unico nucleo motivazionale che sorregge il provvedimento di annullamento in via di autotutela attiene alla “questione dell’area libera” e all’assunto che riguarda l’erronea rappresentazione della realtà da parte del De Iulio.

Viceversa, sia pure solo implicitamente, ma non per questo meno sicuramente, il Comune, nel pronunciarsi in modo negativo (soltanto) in ordine al requisito dell’area (non) libera, dopo avere esaminato le controdeduzioni formulate dal * , non risulta avere recepito, tra le ragioni poste a sostegno dell’atto finale, i nuclei motivazionali “aggiuntivi” indicati sopra da a) a d), segnalati dalla Regione a suo tempo con la nota del 20.5.2011.

In particolare è esatto che non potrebbe, in senso contrario, sostenersi in modo efficace che, allo scopo di superare le questioni sollevate dall’Amministrazione regionale, il Comune avrebbe dovuto manifestare in maniera esplicita la propria condivisione delle controdeduzioni dell’appellante; avrebbe dovuto, cioè, affermare che le controdeduzioni del De Iulio erano state considerate in maniera favorevole. E invero, il responsabile di settore ha ritenuto non convincenti le argomentazioni dei signor *  (esclusivamente) “in ordine al requisito dell’area libera” senza disattendere nessuna delle argomentazioni difensive svolte dal ricorrente in sede procedimentale sulle questioni diverse da quella relativa all’ “area libera”. 

La non qualificabilità dell’area di intervento come “libera” costituisce, pertanto, non ragione “preminente” dell’annullamento d’ufficio, alla quale si aggiungono le ragioni ulteriori elencate sopra, quanto invece ragione esclusiva della decisione adottata dal Comune. 

Ciò esime il Collegio dal prendere posizione sulla fondatezza, o meno, degli aspetti di illegittimità e difformità sollevati dalla Regione con la sua nota “endoprocedimentale” del 20.5.2011 (alle pagine 9 e 10 del gravame l’appellante si sofferma infatti sulla infondatezza delle deduzioni regionali e, di contro, sulla correttezza delle controdeduzioni del privato in merito ai profili da a) a d) ). 

6.2.2. Sotto una diversa angolazione, e si passa così all’esame del secondo motivo di appello, è corretto quanto rileva l’appellante, al p. II/A), in ordine al fatto che la sentenza impugnata, nella parte in cui, al p. 2.2.1., rimarca che la struttura fuoriesce parzialmente dal piano di campagna, il che a giudizio del Tar comporta la non riconducibilità del manufatto nell’ambito di applicazione della disciplina derogatoria in materia di parcheggi di cui al citato art. 6 della l. r. n. 19/2001, è in effetti incorsa nel dedotto vizio di ultrapetizione posto che questo aspetto peculiare, ancorché rimarcato nella nota della Regione del 20.5.2011, non era stato ripreso dal Comune con il provvedimento finale del 25.5.2012 (l’annullamento d’ufficio contestato, come rilevato più volte, si basa sulla insussistenza del requisito dell’area libera e sulla erronea rappresentazione dell’area come libera da parte del signor * ).

Si tratta di questione di fatto, con implicazioni giuridico –interpretative riferite, in particolare, al significato da attribuire al termine “ovvero” di cui all’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19/2001, che esula dall’impianto motivazionale del provvedimento impugnato in primo grado e con la quale è stato introdotto in sentenza un nuovo e distinto tema di indagine estraneo, però, alla materia del contendere come individuata sulla base delle domande e delle censure e argomentazioni sviluppate nel ricorso introduttivo.

La questione se sia legittimo, o meno, alla luce del citato art. 6, costruire parcheggi pertinenziali, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, soltanto nel sottosuolo di fabbricati o al pianterreno di essi; o anche in aree libere situate in elevazione rispetto al piano di campagna; o se la nuova costruzione parzialmente fuori terra da adibire a parcheggio non possa sottrarsi ai parametri e ai vincoli imposti dallo strumento urbanistico vigente sull’area di intervento, è stata affrontata e decisa in sentenza, al p. 2.2.1., nel senso che la realizzazione di parcheggi pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti è possibile nel sottosuolo e al pianterreno dei fabbricati ma non anche in tutto o in parte fuori terra, ossia in elevazione rispetto al piano di campagna, come è avvenuto nel caso di specie. Nel pronunciarsi in questo modo, tuttavia, il Tar sembra essere incorso nel vizio di ultrapetizione, in violazione del disposto di cui all’art. 112 c.p.c. . 

6.3. Tutto ciò, peraltro, come si è anticipato sopra, non consente di sovvertire l’esito della controversia e di accogliere il ricorso di primo grado.

Giunti a questo punto bisogna esaminare i profili cruciali d’impugnazione, riepilogati sopra ai punti III) e IV) dell’atto di appello.

Al riguardo, come rilevato nella sentenza impugnata, al p. 2.2.2., la giustificazione sulla quale il provvedimento di autotutela impugnato dinanzi al Tar si regge si riferisce in via esclusiva, come detto, alla insussistenza dell’area libera e alla erronea rappresentazione dello stato dei luoghi da parte del De Iulio.

L’impossibilità di procedere alla realizzazione dei lavori, e al mantenimento del manufatto costruito, è correlata, cioè, alla impossibilità di considerare libera l’area in questione, il presupposto dell’“area libera” essendo imprescindibile ai fini del rilascio di un permesso a costruire parcheggi pertinenziali in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, sulla base di quanto dispone l’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19 del 2001.

La giustificazione suddetta, considerata nel suo complesso, è da ritenersi legittima e corretta e la sentenza, sul punto, va confermata.

A questo proposito, rilevato in via preliminare che per “area libera”, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19 del 2001, deve intendersi una porzione di terreno libera da manufatti edilizi, questo Collegio evidenzia, con il giudice di primo di grado, che sin dal 2005 -2006 e, in ogni caso, con riferimento alla data della presentazione della domanda di permesso a costruire (giugno del 2007) e del rilascio del permesso commissariale (ottobre del 2008), sull’area “de qua” insistevano uno sbancamento di oltre 3.000 mc. di terreno e opere di fondazione in cemento armato per la costruzione di un fabbricato a uso commerciale; opere tali da determinare una significativa trasformazione del territorio e idonee comunque a privare l’area della qualifica di “libera” (conf. documentazione in atti; cfr. sentenza impugnata, punti 2.2.2. e 3. , in particolare là dove si rimarca che dai riscontri in atti emerge in modo innegabile che nel 2007 -2008 l’area d’intervento, in difformità dalla disposizione di cui all’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19 del 2001, “era tutt’altro che libera, (avendo) le opere realizzate, consistenti in un vasto sbancamento e in una ingente struttura fondazionale … comportato, per loro natura e dimensioni, una significativa trasformazione del territorio”).

La circostanza, che l’appellante non manca di sottolineare, secondo la quale nel giudizio pregresso era stato accertato che le opere non erano ancora state realizzate e che non era stata iniziata l’erezione del manufatto, non significa che l’area d’intervento fosse qualificabile come “area libera”.

Assume rilievo poi il rammentare che l’area interessata era classificata come zona F -impianti generali, con destinazione specifica a “campi da gioco”.

E va ribadito come il * , in relazione allo stato effettivo dei luoghi, avesse fornito all’Amministrazione informazioni insufficienti al fine evidente di indurre il Comune a rilasciargli il titolo abilitativo edilizio richiesto.

A questo proposito, in modo corretto la sentenza di primo grado ha considerato condivisibile il richiamo, operato nella motivazione dell’atto di annullamento “ex officio”, alla erronea rappresentazione, da parte dei signor De *, dello stato di fatto –in termini di “area libera”- preesistente rispetto al momento del rilascio del permesso edilizio, rimarcando come, “a fronte degli ingenti lavori di sbancamento e di fondazione già eseguiti, (la domanda di permesso di costruire del 6.6.2007) rappresenta(sse), in termini reticenti e decettivi, che "il parcheggio ... deve essere realizzato su un'area libera di proprietà del richiedente" e che quest'ultimo "non rinuncia e fa salvi tutti i diritti oggetto dei procedimenti giudiziari davanti al TAR di Napoli e davanti al Consiglio di Stato per la realizzazione di una struttura da destinarsi ad uso commerciale ovvero ad uso alberghiero", senza, però, minimamente chiarire se le attività edilizie fossero o meno già iniziate; mentre la succinta relazione tecnica allegata omette, in termini altrettanto ellittici, qualsiasi cenno alle opere presenti sull'area di sedime. Né dell'esistenza di tale opere l'autorità procedente (poteva) presumersi compiutamente avveduta per la mera circostanza che il responsabile del Servizio tecnico del Comune di Caiazzo, nel proprio parere favorevole del 19 settembre 2008, prot. n. 10601, (aveva) genericamente menzionato lo sbancamento del terreno in proprietà del De *. E invero, l'assenza, nel testo del citato parere, di riferimenti alle consistenti strutture fondazionali pure realizzate, oltre al predetto sbancamento, (stava) proprio a indicare che l'amministrazione (aveva) acquisito - verosimilmente aliunde, in mancanza di adeguati apporti collaborativi da parte dell'interessato - informazioni parziali, insufficienti e fuorvianti sullo stato dei luoghi, così da indursi a rilasciare, sulla base di esse, il richiesto titolo abilitativo edilizio” (così, in modo condivisibile, la sentenza impugnata).

La qualificazione dell’area di intervento come “non libera”, unitamente alla erronea rappresentazione dello stato dei luoghi da parte del richiedente, tale da indurre in errore l’Amministrazione procedente circa la sussistenza delle condizioni richieste dall’art. 6, comma 2, della l. r. n. 19 del 2001, giustificano, perciò, il disposto annullamento, in via di autotutela, del permesso edilizio del 2008 (fermo restando quanto si specificherà più avanti nel confutare gli ulteriori motivi d’appello dedotti in ordine, ad esempio, alle affermate insufficiente motivazione e omessa ponderazione degli interessi in gioco nell’adottare l’annullamento in via di autotutela, posto che, nell’ipotesi di rilascio di un permesso a costruire fondato su una rappresentazione erronea dello stato di fatto da parte del richiedente, risulta evidente la sussistenza di una situazione permanente “contra ius”, nella quale la preminenza dell’interesse pubblico è tale per cui non occorre una specifica ed espressa motivazione sull'interesse pubblico attuale e concreto, da contemperare con l’interesse privato; interesse pubblico che va individuato nell'interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica: conf., su fattispecie analoghe, Cons. Stato, nn. 3150 del 2012, 592 del 2010 e 6554 del 2004).

Il fatto è che l’ente locale risulta avere avuto conoscenza piena dello stato dei luoghi solo in seguito al recepimento della nota del 30.1.2012, del signor De *, rivolta a richiedere la proroga dei termini di validità del permesso a costruire, e della citata nota “tecnica” della Regione Campania del 20.5.2012.

A nulla vale, poi, addurre in senso contrario a quanto deciso dal Comune in sede di autotutela –e dal Tar, ai pp. 2.2.2. e 3. della sentenza- che sarebbe un “controsenso logico” pretendere dal privato ripristinare lo stato dei luoghi, vale a dire porre nel nulla quanto già realizzato, salvo poi procedere al rilascio del permesso a costruire parcheggi pertinenziali assentibili (anche fuori terra, ad avviso dell’appellante) sulla base della disciplina urbanistico –edilizia vigente, costringendo il privato, una volta ricreata l’area libera, a ricostruire di nuovo il medesimo parcheggio così come esso esisteva da anni. 

Diversamente da quanto sostiene l’appellante, per il quale il ripristino dello stato dei luoghi, e il rifacimento successivo del manufatto, si risolverebbero in un dispendio inutile di attività, collidendo con i principi di ragionevolezza, economicità ed efficienza dell’azione amministrativa, con ragione la sentenza appellata osserva che, “così argomentando, si finirebbe per accreditare una sorta di sanatoria funzionale ovvero di condono edilizio “extra ordinem”. “Ciò, innanzitutto, in aperto conflitto col tenore letterale dell'art. 6, comma 2, della l. r. Campania n. 19/2001, che menziona espressamente e inequivocabilmente le sole "aree libere" ove realizzare parcheggi pertinenziali "anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti", e che, per il suo carattere eccezionale, è insuscettibile di applicazioni estensive o analogiche (può aggiungersi che, diversamente opinando, verrebbe a generalizzarsi l’ambito applicativo del citato art. 6, comma 2, il che non può ammettersi, contrastando con la natura eccezionale della disposizione –n. di est.). E ancora, a discapito del principio di legalità, inteso quale regola fondamentale cui è informata l'attività amministrativa e che trova un fondamento positivo in varie disposizioni costituzionali (artt. 23, 24, 97, 101 e 113 Cost.), oltre che nell'art. 1, comma 1, della l. n. 241/1990 (secondo cui "l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge").

Ora, stando alla tesi (del ricorrente), la legittimazione di una costruzione su area non già 'libera', bensì investita da opere (di scavo e di fondazione) originariamente abusive e convertibili in parcheggi pertinenziali eviterebbe uno spreco di attività inutili, sia dell'amministrazione (il successivo procedimento amministrativo preordinato alla riparazione dell'illecito edilizio), sia del privato (la demolizione e la ricostruzione), sia ancora dell'amministrazione (il rilascio del titolo per la nuova edificazione). A ben vedere, invece, la lamentata antinomia tra l'impostazione rigorosa seguita dal Comune di Caiazzo e il principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione, in nome di una presunta logica 'efficientista', si rivela artificiosa. Lungi dall'esservi antinomia fra efficienza e legalità, non può esservi rispetto del buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost. se non vi è, nel contempo, rispetto del principio di legalità. Ciò in quanto sarebbe davvero contrario agli invocati canoni di ragionevolezza, economicità ed efficienza ammettere che l'amministrazione, una volta emanata la disciplina sull'uso del territorio, di fronte manufatti difformi dalla stessa, sia indotta - anziché a provvedere a sanzionarli - a legittimarli sotto forma di parcheggi pertinenziali. Si finirebbe, così, per incentivare o consolidare facili abusi, rendendo possibile, con grave nocumento per le primarie finalità di tutela del territorio, la presentazione di domande di permesso di costruire - quale, appunto, quella rassegnata dal ricorrente il 6 giugno 2007 (prot. n. 6367) - in sostanziale sanatoria di opere in tutto o in parte già realizzate, originariamente non destinate a parcheggio pertinenziale e solo surrettiziamente 'adattate' ex post a tale funzione, onde giovarsi della consentita deroga ai vigenti strumenti urbanistici e, quindi, superare le commesse violazioni delle norme da questi ultimi dettate…E si finirebbe, quindi, per tradire: - il richiamato principio di legalità, in quanto si svuoterebbe la disciplina urbanistico-edilizia vigente della sua portata precettiva, certa e vincolante e, generalizzandosi l'ambito applicativo dell'art. 6, comma 2, della l. r. Campania n. 19/2001, si vanificherebbe la portata eccezionale di tale disposizione; - i principi di buon andamento e di efficacia, in quanto, lasciando impuniti gli autori degli abusi edilizi, risulterebbe attenuata, se non addirittura neutralizzata, la forza deterrente dell'apparato sanzionatorio posto a presidio della disciplina di governo del territorio; - il principio di imparzialità, in quanto si finirebbe per avvantaggiare gli autori di abusi edilizi sostanziali, a discapito di tutti coloro che abbiano correttamente eseguito attività edificatorie, nel doveroso convincimento di rispettare prescrizioni da altri, invece, violate; - i principi di proporzionalità e di ragionevolezza, in quanto si dilaterebbe la consentita derogabilità degli strumenti urbanistici al di là della specifica fenomenologia in rapporto alla quale essa è stata enucleata e commisurata dal legislatore…” (così, in modo persuasivo, la sentenza appellata, al p. 2.2.2. , ultima parte).

L’appellante ha posto poi in risalto la sentenza n. 4028 del 26.10.2015 del Tribunale ordinario di Santa Maria Capua Vetere -sezione I penale, di assoluzione “perché il fatto non sussiste”, pronunciata nei confronti del signor De *, con riferimento al reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, attribuito al ricorrente per avere quest’ultimo edificato il fabbricato con destinazione a parcheggio di cui si discute in contrasto con l’art. 6 della l. reg. n. 19 del 2001 “e con il p. di f. del Comune di Caiazzo (e) sulla scorta di permesso di costruire illegittimo”.

Il Tribunale, in più punti della sentenza, ha giudicato insussistente il contrasto tra la realizzazione dei posti auto e l’art. 6 della l. r. n. 19 del 2001.

La decisione del giudice penale non assume rilievo ai fini per i quali è oggi causa.

A questo riguardo va rammentato in termini generali che nei rapporti tra giudizio penale e giudizio amministrativo la regola, almeno tendenziale, è quella dell’autonomia e della separazione, fermo il disposto di cui all’art. 654 c.p.p. .

In disparte il fatto che dagli atti non risulta che la sentenza penale n. 4028/2015 sia passata in giudicato, va osservato che il giudicato penale non determina un vincolo assoluto all'amministrazione per l'accertamento dei fatti rilevanti nell’attività di vigilanza edilizia e urbanistica.

Né la sentenza penale di assoluzione può condizionare in modo inderogabile il giudizio amministrativo, tanto più quando il Comune non si sia costituito parte civile nel processo penale.

Il carattere vincolante, nei riguardi del giudizio amministrativo, dell’accertamento compiuto dal giudice penale, è in ogni caso subordinato alla ricorrenza di presupposti rigorosi.

Guardando adesso più da vicino il caso in esame, va sottolineato, con il Comune, che la sentenza di assoluzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 4028/2015, sulla quale si sofferma l’appellante, si limita ad affermare, in più punti, che non sussiste contrasto tra la realizzazione dei nove posti auto e l’art. 6 della legge regionale n. 19 del 2001; che la realizzazione del parcheggio non integra alcuna violazione della normativa regionale di riferimento, in adempimento della quale il permesso di costruire era stato rilasciato in favore del De Iulio nell’ottobre del 2008. La normativa regionale del 2001, ad avviso del Tribunale, risulta essere stata osservata. 

La sentenza giunge alla conclusione esposta sopra senza particolari sviluppi argomentativi e in base a una mera comparazione formale tra il contenuto del permesso a costruire del 2008, e l’avvenuta realizzazione del parcheggio, e la disposizione di cui all’art. 6 della l. r. n. 19 del 2001, non ravvisando violazioni o contrasti con la legge regionale.

Senonché, l’accertamento compiuto dal giudice penale, relativo alla responsabilità dell’imputato per il reato attribuito, da un lato non coincide con l’oggetto del presente giudizio amministrativo e dell’altro non limita affatto la funzione di accertamento e valutazione, rimessa al giudice amministrativo, al quale spetta verificare la legittimità dell’atto di annullamento impugnato, con riferimento all’art. 6 della l. r. n. 19 del 2001, con riguardo precipuo alla sussistenza, o meno, del requisito dell’area libera ex art. 6, comma 2, cit., requisito inteso nel senso esplicato sopra, al p. 6.3., quale presupposto indispensabile per procedere ai lavori di costruzione di parcheggi in deroga.

Nella sentenza penale depositata dall’appellante tale condizione di fatto dello stato dei luoghi non risulta minimamente menzionata. 

Il giudice penale non risulta avere appurato la ricorrenza della condizione suddetta nel caso concreto.

Né vi è riferimento alcuno alla difformità delle opere eseguite rispetto alla destinazione urbanistica dell’area interessata (come rilevato, zona F –impianti generali, con destinazione specifica a “campi da gioco”).

L'accertamento del giudice penale, così come è stato effettuato, si riduce a una verifica formale e non sostanziale e non può incidere sull’ambito del sindacato del giudice amministrativo chiamato a giudicare della legittimità dell’atto di annullamento in autotutela emesso dal Comune.

Alla stessa conclusione occorre giungere con riferimento alla sentenza del GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 7885/2014, di non luogo a procedere nei confronti del signor De Iulio in relazione ai reati di cui agli articoli 117 e 323 cod. pen. e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, pure menzionata, e prodotta in giudizio, dall’appellante.

6.4. Anche i motivi di appello sub V) e VI) sono infondati e vanno respinti.

6.4.1. Quanto al motivo dedotto sub V), imperniato essenzialmente su eccesso di potere per carenza di motivazione, omessa ponderazione degli interessi in gioco, esorbitanza del provvedimento di annullamento rispetto alle finalità sue proprie e tardività del disposto annullamento d’ufficio, anzitutto, come si è accennato sopra al p. 6.3. , nel caso di rilascio di un permesso a costruire fondato su una rappresentazione non veritiera dello stato di fatto da parte del richiedente, appare evidente la sussistenza di una situazione permanente “contra ius”, nella quale la preminenza dell’interesse pubblico è tale per cui non occorre una specifica ed esplicita motivazione sull'interesse pubblico attuale e concreto, da contemperare con l’interesse privato, all’esercizio del potere di annullamento d’ufficio del titolo edilizio. L’interesse pubblico alla eliminazione dell’atto illegittimo va individuato nell'interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica: conf., su fattispecie analoghe, riguardanti proprio annullamenti d’ufficio di concessioni edilizie, le sentenze Cons. Stato n. 3150 del 2012 e n. 6554 del 2004, alle quali si rinvia anche ai sensi degli articoli 74 e 88, comma 2, lett. d) del cod. proc. amm. .

Bene quindi la sentenza impugnata: 

-ha richiamato la giurisprudenza per la quale l'interesse pubblico all'eliminazione dell'atto illegittimo è da considerarsi “in re ipsa” “nelle ipotesi di intervento in autotutela a fronte di una falsa, infedele, erronea o comunque inesatta rappresentazione, dolosa o colposa, della realtà da parte dell'interessato, risultata rilevante o decisiva ai fini dell'adozione del provvedimento ampliativo inciso, essendo il vizio infirmante quest'ultimo imputabile non già all'autorità promanante, bensì al privato, il quale non può, quindi, vantare il proprio legittimo affidamento nella persistenza di un beneficio ottenuto attraverso l'induzione in errore dell'amministrazione…” (cfr. sent. appellata, p. 4.2.); e

-ha rilevato che il Comune, “nel disporre l'avversato annullamento d'ufficio, ha espressamente evidenziato che il De Iulio, con la richiesta di realizzazione del parcheggio pertinenziale pervenuta in data 6 giugno 2007, prot. n. 6367, che ha prodotto il rilascio del permesso di costruire commissariale del 2 ottobre 2008, ha, tra l'altro, dichiarato 'libera' l'area interessata, producendo un'erronea rappresentazione dello stato di fatto preesistente al rilascio dell'atto autorizzativo edilizio"; stato dei luoghi contrassegnato, come si è detto, da ingenti opere di sbancamento e di fondazione già eseguite.

A fronte di (dette opere), ha proseguito il Tar, “il ricorrente, nella domanda di permesso di costruire prot. n. 6367 del 6 giugno 2007, ha infedelmente o erroneamente rappresentato l'area di sedime come 'libera', così inducendo in errore l'amministrazione procedente circa la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 6, comma 2, della l. r. Campania n. 19/2001 ai fini dell'applicabilità del regime derogatorio in materia di parcheggi pertinenziali…”.

Inoltre, il contestato annullamento in autotutela, intervenuto circa tre anni e otto mesi dopo l’avvenuto rilascio del permesso a costruire (anche se pare corretto ricordare che l’avviso di avvio del procedimento è stato comunicato al  * alla fine del mese di marzo del 2012), a differenza di quanto ritiene l’appellante non può considerarsi tardivo.

In primo luogo, il “criterio dei 18 mesi”, di cui all’art. 6 della l. n. 124 del 2015, richiamato dal signor De Iulio nella memoria conclusiva, sulla base del principio “tempus regit actum”, non può trovare applicazione nella fattispecie in discussione, che riguarda un provvedimento adottato nel 2012.

Semmai, come il Comune non manca di segnalare, può essere utile rammentare che in materia edilizia l'art. 39 del d.P.R. n. 380 del 2001 fissa in dieci anni il termine - ragionevole - entro il quale la |Regione può annullare provvedimenti comunali che autorizzano interventi edilizi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione. Potrebbe dunque trovare tuttora applicazione, se del caso, quale “parametro temporale” di legittimità e congruità dell’azione amministrativa di annullamento in via di autotutela in materia, il “criterio decennale”, riferito all’esercizio del potere comunale di autoannullamento in relazione a un permesso assentito nell’ottobre del 2008 e annullato nel maggio del 2012.

In ogni caso, anche a volere tenere conto del “criterio dei 18 mesi” introdotto nel 2015 quale elemento orientativo al fine di valutare, sotto il profilo della ragionevolezza del termine, la legittimità di un atto di annullamento in autotutela adottato sotto la disciplina previgente, resta il fatto che, avuto anche riguardo alla rappresentazione non veritiera dello stato dei luoghi da parte del privato richiedente, la circostanza che tra il rilascio del “permesso commissariale” e l’adozione del provvedimento comunale di annullamento in via di autotutela siano trascorsi tre anni e otto mesi non è in grado di inficiare il provvedimento impugnato in primo grado (cfr., sulla ragionevolezza del tempo, di circa quattro anni –gennaio 2009 / marzo 2005- entro il quale è stato disposto l’annullamento in autotutela di un permesso di costruire assentito in modo illegittimo, la già citata sentenza Cons. Stato, sez. IV, n. 3150 del 2012).

Il profilo di censura attinente alla omessa analisi della possibilità di adottare atti diversi dall’annullamento in via di autotutela (ad esempio, la convalida), sembra poi travalicare i limiti del controllo giudiziale di legittimità demandato a questo giudice amministrativo sconfinando nel merito delle opzioni riservate all’autorità amministrativa. 

6.4.2. Con riguardo ai profili di censura sviluppati con il VI motivo di appello:

-sulla omessa segnalazione, nella nota comunale del 28.3.2012 recante avviso di avvio del procedimento di annullamento, del profilo (di motivazione del provvedimento finale) relativo alla rappresentazione non veritiera dello stato dei luoghi, con la conseguente affermata violazione degli articoli 7 e 10 bis della l. n. 241 del 1990, va condiviso il rilievo svolto nella sentenza di primo grado, al p. 5.1., laddove viene rilevato che “in sede di comunicazione di avvio del procedimento di annullamento d'ufficio, l'interessato era stato… reso adeguatamente avveduto della ipotizzata inconfigurabilità dell'area di intervento come 'libera' e delle logiche implicazioni della eventuale comprova di un simile assunto rispetto alla contrastante rappresentazione dello stato dei luoghi fornita con la domanda di permesso di costruire, prot. n. 6367, del 6 giugno 2007…il contenuto ellittico e fuorviante di quest'ultima è emerso, in maniera chiara e oggettiva, nel corso dell'analitica interlocuzione procedimentale col * , la quale, siccome riguardata in funzione non solo delle prerogative difensive dell'interessato, ma anche dell'apporto collaborativo di quest'ultimo a favore dell'amministrazione, e in quanto ancorata ai canoni di celerità ed efficacia dell'azione amministrativa, ostativi ad una sua degenerazione in un interminabile e sterile confronto dialettico tra privato e autorità, è legittimamente approdata al definitivo e irreversibile convincimento di insussistenza del requisito di 'area libera' ex art. 6, comma 2, della l. r. Campania n. 19/2001 e, quindi, di infedeltà, erroneità o insufficienza della difforme prospettazione offerta dal ricorrente”;

 

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Il Consiglio di Stato con la sentenza in trattazione ha affermato che “Le doglianze dell’appellante sono già state valutate posi...

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 16.2.2024, n. 1574

Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio - Monday 25 March 2024 09:10:58

Impianti di telefonia mobile: per l’installazione la situazione di fatto può far superare il vincolo paesaggistico

“l’esistenza di un vincolo paesaggistico non è sufficiente di per sé a determinare l’incompatibilità di qual...

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.3.2024, n. 2747

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 01 March 2024 12:08:35

AREA FUNZIONI LOCALI - Quesito su modalità di fruizione del periodo di congedo matrimoniale

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 01 March 2024 12:07:30

COMPARTO ISTUZIONE E RICERCA - Quesito su diritto alle ferie e modalità di fruizione delle stesse

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:52:49

COMPARTO ISTRUZIONE E RICERCA- Quesito su fruizione ferie e assenze per malattia

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:51:39

COMPARTO SANITA’ 2019-2021 - Quesito su prestazioni di lavoro straordinario in caso di adesione alla “banca delle ore”. Modalità di fruizione del riposo compensativo e/o pagamento delle ore accantonate.

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:50:24

AREA FUNZIONI LOCALI - Quesito su possibili cause di sospensione delle ferie

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:48:53

COMPARTO FUNZIONI LOCALI 2019-2021 - Quesito su possibilità, per il personale adibito a turni, di effettuare la propria prestazione in modalità agile, da remoto.

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza - Friday 26 January 2024 22:15:56

Procedure di affidamento di contratti pubblici: la decorrenza del termine per impugnare degli atti di gara

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza depositata in data 26 gennaio 2024 ha affermato che “Del tema della decorrenza del t...

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 26.1.2024, n. 854

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