Pubblicato il 17/05/2017

N. 02338/2017REG.PROV.COLL.

N. 04585/2013 REG.RIC.

logo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4585 del 2013, proposto da:
Gianluca Apuzzo, rappresentato e difeso dagli avvocati Ermanno Ferraro C.F. FRRRNN70B03G568A, Domenico Visone C.F. VSNDNC61L23H931D, con domicilio eletto presso Angelo Carbone in Roma, piazza G. Mazzini, 8;

contro

Comune di Anacapri non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VI n. 04929/2012, resa tra le parti, concernente demolizione opere - ripristino stato dei luoghi


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2017 il Cons. Oreste Mario Caputo. Nessuno è presente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il sig. Gianluca Apuzzo ha impugnato il provvedimento emesso (d.11 luglio2007reg.ord.n.10595) dal Responsabile dei Servizi tecnici del Comune di Anacapri con il quale è stata disposta la demolizione delle opere realizzate senza titolo edilizio in Anacapri alla II Traversa Linciano n. 79; nonché il provvedimento di sospensione dei lavori n. 10609 dell’11 luglio 2007.

Nei motivi d’impugnazione ha dedotto la plurima e concorrente violazione degli artt.10 e 31 del d.P.R. 380/2001 ed eccesso di potere.

2. Il Comune non si è costituito in giudizio.

3. Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. VI, ha respinto il ricorso.

La radicale abusività delle opere e la necessità del permesso di costruire per la realizzazione delle opere, “attesa l’inequivoca riconducibilità di esse all’ipotesi di nuova costruzione di cui all’art. 10 del d.P.R. 380/2001, rendeva obbligatoria”, secondo i giudici di prime cure, l’adozione della sanzione ripristinatoria ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001

4. Appella la sentenza il sig. Gianluca Apuzzo.

5. Alla pubblica udienza del 30.03.2017 la causa, su richiesta della parte, è stata trattenuta in decisione.

6. Col primo motivo d’appello, l’appellante ripropone la medesima censura già dedotta in prime cure incentrata sull’argomento che la presentazione d’istanza di accertamento di conformità, in tempo successivo all’emanazione dell’ordinanza di demolizione, condurrebbe all’illegittimità della sanzione adottata.

7. Il motivo è infondato.

7.1 Va data continuità all’indirizzo giurisprudenziale, qui condiviso, a mente del quale la proposizione d’istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380/2001, successivamente all’emissione dell’ordinanza di demolizione, lungi da determinare tout court l’illegittimità della sanzione adottata, incide unicamente sulla potestà del Comune di portare ad immediata esecuzione la sanzione (cfr. Consiglio di Stato, sez, IV, 19 febbraio 2008 n. 849).

8. Col secondo motivo, l’appellante lamenta che i giudici di prime cure non hanno dato alcun rilievo all’affidamento maturato sulla legittimità delle opere stante il lungo lasso di tempo trascorso dall’avvenuta realizzazione di esse fino al momento dell’adozione della sanzione impugnata.

9. Il motivo è infondato e va respinto.

9.1 I manufatti oggetto dei provvedimenti gravati consistono in un fabbricato di circa 88, 00 mq, allo stato grezzo e due manufatti, rispettivamente di 2,5 mq e 9,8 mq, ottenuti dall’assemblaggio precario di elementi in legno e lamiera grecata, realizzati – circostanza di fatto non contestata – in assenza di titolo abilitativo.

9.2 Il lungo periodo di tempo intercorrente tra la realizzazione dell'opera abusiva ed il provvedimento sanzionatorio è circostanza che non rileva ai fini della legittimità di quest'ultimo, sia in rapporto al preteso affidamento circa la legittimità dell'opera che il protrarsi del comportamento inerte del Comune avrebbe ingenerato nel responsabile dell'abuso edilizio, sia in relazione ad un ipotizzato ulteriore obbligo, per l'Amministrazione procedente, di motivare specificamente il provvedimento in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico attuale a far demolire il manufatto, poiché la lunga durata nel tempo dell'opera priva del necessario titolo edilizio ne rafforza il carattere abusivo.

Infatti, è di per sé ordinariamente irrilevante – ad eccezione di casi particolari qui non sussistenti – il tempo intercorrente tra la commissione di un abuso edilizio e l’emanazione del provvedimento di demolizione.

9.3 Quando risulta realizzato un manufatto abusivo, e malgrado il decorso del tempo, l’amministrazione deve senza indugio emanare l’ordine di demolizione per il solo fatto di aver riscontrato opere abusive: il provvedimento deve intendersi sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera, essendo “in re ipsa” l'interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4892; sez. V, 11 luglio 2014, n. 3568; sez. IV, 31 agosto 2010, n. 3955).

Da un lato, quando è realizzato un abuso edilizio non è radicalmente prospettabile un legittimo affidamento.

Dall’altro, il proprietario non si può di certo dolere del ritardo con cui l’amministrazione – a causa del mancato accertamento dell’abuso o per la connivenza degli organi pubblici pro tempore – abbia emanato il provvedimento che la legge impone di emanare immediatamente.

La legge non ha mai attribuito rilievo sanante al ritardo con cui l’Amministrazione emana l’atto conseguente alla commissione dell’abuso edilizio, né si può affermare che l’inerzia o la connivenza degli organi pubblici possano comportare una sostanziale sanatoria, che la legge invece disciplina solo in casi tassativi, o con leggi straordinarie sul condono o con la normativa sull’accertamento di conformità.

Inoltre, il procedimento di accertamento di conformità delle opere promosso dal ricorrente esclude la sussistenza di alcun affidamento, mentre l’interesse pubblico alla rimozione delle opere abusive è in re ipsa.

Costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato, da cui non sussistono giustificati motivi per qui discostarsi, che constatata l’esistenza di un abuso edilizio, l’ordine di demolizione – e, in caso d’inottemperanza, l’acquisizione al patrimonio del Comune – è atto vincolato che non richiede alcuna specifica valutazione di ragioni d’interesse pubblico e attuale alla demolizione, né comparazione con gli interessi privati coinvolti, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione d’illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 2016 n. 1948; Id., sez. VI, 5 maggio 2016 n. 1774).

10. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

11. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese del presente grado di giudizio in ragione della mancata costituzione del Comune resistente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2017 con l'intervento dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Bernhard Lageder, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore

Dario Simeoli, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
Oreste Mario CaputoSergio Santoro
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO