Pubblicato il 17/05/2017

N. 02345/2017REG.PROV.COLL.

N. 08792/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8792 del 2015, proposto da:
Arcangelo Cerullo, rappresentato e difeso dagli avvocati Biagio Di Meglio, Marco Cardito, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Comune di Marano di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Raffaello Capunzo, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria Nr.2;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale la Campania, sezione II, n. 4781/2015, resa tra le parti, concernente demolizione opere edilizie e ripristino dello stato dei luoghi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Marano di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2017 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati Francesco Mangazzo per delega di Biagio Di Meglio e Raffaello Capunzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con sentenza, resa ai sensi dell’articolo 60 c.p.a., il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) rigettava il ricorso proposto dal signor Arcangelo Cerullo, inteso ad ottenere l’annullamento del provvedimento recante ordine di sgombero dell’area accatastata al Comune di Marano di Napoli al foglio 8, particella 473.

Con il ricorso di primo grado il signor Cerullo esponeva che il Comune di Marano di Napoli non gli aveva mai intimato di liberare la predetta particella di terreno né gli aveva mai comunicato o notificato atti preordinati alla acquisizione del fondo.

Evidenziava che la vicenda traeva origine da un procedimento sanzionatorio di abusi edilizi commessi dai signori Cerullo Alfonso e Pasquale su area di loro esclusiva proprietà (particelle 23a e 23b del foglio 8).

Solo in occasione della acquisita notizia della esistenza di un procedimento relativo alla realizzazione di un intervento di edilizia pubblica in area attigua alla sua proprietà ed a una conseguente istanza di accesso agli atti egli aveva saputo dell’esistenza della predetta procedura sanzionatoria, la quale aveva condotto all’acquisizione al patrimonio comunale anche dell’area di sua proprietà.

Lamentava che l’Amministrazione non aveva dato corso alle sue richieste di revoca dei provvedimenti emanati, tant’è che aveva inoltrato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, censurando l’intero procedimento sanzionatorio.

Il Comune, peraltro, il giorno 9/9/2015 aveva avviato le operazioni finalizzate a liberare il fondo, coadiuvato dalle forze dell’ordine.

Avverso il provvedimento di sgombero, del quale, tra l’altro, ignorava gli estremi, proponeva ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale, il quale, con la sentenza sopra indicata, lo respingeva.

Avverso la prefata sentenza il signor Cerullo Arcangelo ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, lamentandone l’erroneità e chiedendone l’annullamento e/o la riforma.

Con articolata prospettazione, ha dedotto i seguenti motivi di appello: 1) Error in procedendo e violazione dell’art. 60 del codice del processo amministrativo; 2) Error in iudicando- difetto di istruttoria – carenza assoluta di motivazione – travisamento dei fatti – omessa valutazione di elementi decisivi; 3) Error in iudicando- difetto di istruttoria – carenza assoluta di motivazione – travisamento dei fatti – omessa valutazione di elementi decisivi; 4) Error in iudicando- difetto di istruttoria – carenza assoluta di motivazione – travisamento dei fatti – omessa valutazione di elementi decisivi; 5) Error in iudicando – difetto di istruttoria – carenza assoluta di motivazione – travisamento dei fatti – illogicità e difetto di motivazione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Marano di Napoli, deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

In corso di giudizio le parti hanno presentato memorie illustrative e di replica.

La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 20-4-2017.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello il signor Cerullo Arcangelo lamenta: error in procedendo per violazione dell’articolo 60 del codice del processo amministrativo.

Deduce che, fissata la Camera di consiglio per la trattazione della domanda cautelare per l’8-10-2015, il Comune di Marano si era costituito il 5-10-2015 depositando copiosa documentazione e che egli aveva prodotto, all’udienza dell’8-10-2015, memoria e motivi aggiunti riservando la proposizione di ulteriori motivi aggiunti.

Lamenta che il Collegio, incurante della circostanza che il ricorrente si era espressamente riservato di proporre ulteriori motivi aggiunti con riferimento ai documenti presentati dal Comune, aveva definito il giudizio con sentenza ex art. 60 del codice del processo amministrativo.

Evidenzia ancora che la sentenza neppure richiama l’atto di memoria difensiva e di motivi aggiunti depositato il 7-10-2015 e in corso di notifica al momento della discussione della istanza cautelare.

Il motivo è meritevole di favorevole considerazione.

L’articolo 60 del c.p.a. dispone che “In sede di decisione della domanda cautelare, purchè siano trascorsi almeno 20 giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza ovvero regolamento di giurisdizione”.

Dalla lettura della norma emerge che la preclusione alla assunzione della decisione in forma semplificata deriva in primo luogo dalla circostanza che siano decorsi almeno 20 giorni dall’ultima notificazione del ricorso e dal fatto che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza ovvero regolamento di giurisdizione.

La finalità della norma è, dunque, quella di consentire la decisione definitiva della controversia solo quando sia appieno realizzato il principio del contraddittorio e consentito alle parti il pieno esercizio del diritto di difesa.

Orbene, nella vicenda per cui è causa risulta che, a seguito del deposito di documentazione da parte del Comune di Marano in data 5-10-2015, il signor Arcangelo Cerullo ha depositato “note di udienza e motivi aggiunti” in data 6 ottobre 2015.

Tale atto risulta, poi, essere stato notificato solo in data 8-10-2015, cioè lo stesso giorno in cui si è tenuta l’udienza di camera di consiglio, all’esito della quale la causa è stata introitata e definita con sentenza in forma semplificata.

Orbene, il deposito dell’atto di motivi aggiunti in corso di notifica evidenzia certamente di per sé la volontà di rituale proposizione degli stessi, onde la causa non poteva essere introitata per la decisione di merito, senza che fossero stati espletati tutti gli adempimenti per poterli ritualmente trattare.

Nello stesso atto (v. epigrafe e parte finale), inoltre, il Cerullo si è espressamente riservato la proposizione di ulteriori motivi aggiunti.

Da quanto sopra emerge la violazione del richiamato articolo 60 del codice del processo amministrativo.

Invero, va in primo luogo considerato che il deposito di atto di motivi aggiunti in corso di notifica esprime chiaramente la volontà di proporli e, dunque, la causa non può essere trattenuta per la decisione nel merito se non si sono verificate le condizioni processuali per la rituale discussione degli stessi.

Di poi, anche a non voler considerare la predetta circostanza, va comunque rilevato che nel suddetto atto era espressa la riserva di proposizione di ulteriori motivi aggiunti, la quale evidentemente manifestava la volontà della parte di proporli e, pertanto, precludeva, anche sotto tale profilo, la possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata.

Né rileva in proposito la circostanza che in udienza le parti siano state avvisate “circa la possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a.” e che la difesa del Cerullo non abbia al riguardo proposto alcuna formale opposizione.

Va, invero, considerato l’atto di motivi aggiunti (sia pure in corso di notifica) era stato depositato e che la riserva di proposizione di ulteriori motivi aggiunti era stata formulata nello stesso.

Pertanto, in presenza di tale situazione, per consentire la definizione in forma abbreviata sarebbe stata necessaria un’espressa rinunzia della parte e non anche, di fronte all’avviso di una “possibile” definizione, il suo mero silenzio, il quale non risulta utile a far venire meno l’attività e la dichiarazione in precedenza poste in essere.

Va, inoltre, rilevato che il Cerullo aveva depositato atto di motivi aggiunti il 6 ottobre 2015 e questo risulta essere stato notificato alla controparte solo il giorno 8-10-2015, cioè lo stesso giorno fissato per l’udienza in camera di consiglio.

Orbene, giacchè l’articolo 43 c.p.a. prevede che ai motivi aggiunti si applica la disciplina prevista per il ricorso, deve ritenersi che anche in caso di proposizione di motivi aggiunti valga la disposizione del richiamato articolo 60 c.p.a., a mente del quale la possibilità di definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare richiede che siano trascorsi almeno 20 giorni dall’ultima notificazione del ricorso.

La suddetta disposizione risulta, dunque, violata.

In particolare, evidenzia la Sezione che in tal modo vi è stata lesione del diritto di difesa, con la conseguenza che, ai sensi dell’articolo 105 c.p.a., la sentenza di primo grado deve essere annullata, con rinvio al giudice di primo grado, il quale valuterà anche se vi siano ragioni di pregiudizialità, idonee ad una pronuncia di sospensione del giudizio, in ragione della pendenza di ricorso straordinario al Capo dello Stato.

Resta, di conseguenza, assorbito l’esame degli ulteriori motivi di appello.

Sussistono, in considerazione della peculiarità della controversia, giusti motivi per l’integrale compensazione tra le parti costituite delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la gravata sentenza del T.A.R. Campania n. 4781/2015, con rinvio al giudice di primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:

Ermanno de Francisco, Presidente

Bernhard Lageder, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Francesco Mele, Consigliere, Estensore

Dario Simeoli, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
Francesco MeleErmanno de Francisco
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO