Pubblicato il 01/03/2017

N. 00969/2017REG.PROV.COLL.

N. 08850/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8850 del 2016, proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Buffolo Andrea, rappresentato e difeso in proprio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ronciglione, 3;

per la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio, sede di Roma, sezione I Ter, n. 5681/2016, resa tra le parti, concernente un diniego del rinnovo di porto di pistola per difesa personale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’avvocato Buffolo Andrea;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2017 il Pres. Franco Frattini e udito per la parte appellata l’avvocato Andrea Buffolo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il Ministero dell’Interno ha proposto appello avverso la sentenza n. 5681/2016 del T.A.R. del Lazio, di annullamento del provvedimento prefettizio del 19 dicembre 2014, con cui era stata respinta l’istanza dell’avv. Buffolo – odierno appellato – di rinnovo annuale della licenza di porto di pistola per difesa personale.

Il T.A.R. Lazio, nella sentenza impugnata, ha osservato che nel caso in esame il provvedimento negativo del Prefetto di Roma avrebbe dovuto indicare le circostanze oggettive e soggettive sopravvenute che possono giustificare il rifiuto del rinnovo della licenza di cui l’avv. Buffolo era stato titolare per alcuni anni.

Il Ministero dell’Interno, con unico articolato motivo di appello, ha chiesto l’annullamento della decisione di primo grado osservando che l’autorità prefettizia ha indicato con chiarezza le ragioni ostative al rinnovo della licenza e che la relativa valutazione, immune da vizi di illogicità o carenza di motivazione, sfugge al sindacato di legittimità poiché attiene al merito della scelta di non autorizzare l’interessato al porto della pistola, ancorché si trattasse di rinnovo della licenza già in godimento.

Aggiunge l’appellante che incombeva semmai sul richiedente avv. Buffolo, l’onere di provare l’esistenza dei presupposti per l’adozione della licenza, in deroga al generale principio del divieto, per i privati cittadini, di portare armi.

Ha ampiamente controdedotto l’appellato avv. Buffolo, ribadendo argomenti già prospettati nel ricorso in primo grado e condivisi dalla sentenza oggi impugnata.

In proposito il Collegio osserva quanto segue.

La disciplina del rilascio della licenza di porto d’armi è orientata alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

La regola generale, nel nostro ordinamento, è il divieto, per i cittadini, di portare le armi, sancito dall’art. 699 cod. penale e dall’art. 4, co. 1, della legge n. 110 del 1975.

La giurisprudenza di questo Consiglio, confortata da pronunce della Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. 16 dicembre 1993, n. 440) ormai costantemente afferma che il porto d’armi costituisce eccezione al normale divieto di portare le armi e le valutazioni in ordine al rilascio o al rinnovo sono sindacabili solo per illogicità o carenza della motivazione, ma non per i profili di merito della discrezionalità dell’autorità prefettizia (tra le molte, cfr. CdS, III sez, n. 3604/2016).

Il Ministero dell’Interno, attraverso le sue articolazioni centrali e periferiche, ben può effettuare valutazioni – che attengono al merito della tutela della sicurezza pubblica – in ordine ai criteri per il rilascio ed il rinnovo della licenza di porto d’arma, tenendo conto sia del particolare momento storico, sia della peculiarità delle situazioni locali, sia dell’influenza dei predetti fattori su determinate attività o professioni.

A quest’ultimo proposito va osservato che manca alcuna previsione normativa sul rilascio della licenza “ratione personae” per imprenditori, avvocati, commercianti, ecc., sicché l’appartenenza ad una “categoria” non ha uno specifico rilievo, tale da giustificare il rilascio o il rinnovo della licenza.

Occorre, allora, esclusa la rilevanza del tipo di attività professionale o economica, che il richiedente dimostri con elementi specifici ed attuali il “bisogno” di portare l’arma, richiedendo per se stesso una protezione personale ulteriore rispetto a quella che, per tutti i cittadini, è istituzionalmente assicurata dagli organismi statali di sicurezza pubblica.

Nella vicenda in esame si discute della legittimità del diniego della licenza di porto d’armi relativa ad un periodo temporale ampiamente spirato (rinnovo annuale su domanda presentata il 14 ottobre 2014).

Alla odierna udienza di discussione della causa, l’appellato ha dichiarato – senza alcuna contestazione da parte dell’appellante amministrazione, che non ha partecipato alla discussione – che in epoca successiva alle vicende per le quali è controversia, a lui stesso è stata nuovamente riconosciuta la licenza per il porto di arma, della quale lo stesso avvocato Buffolo è attualmente in possesso.

Non vi è più, quindi, alcun interesse dell’appellante a coltivare un’impugnazione su questione che – per l’ambito temporale naturale della vicenda – è ormai superata, siccè l’odierno appello, in mancanza di alcuna deduzione in udienza della parte appellante, va dichiarato improcedibile.

Le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in s.g. (Sezione Terza), dichiara l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse.

Spese compensate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente, Estensore

Francesco Bellomo, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

Sergio Fina, Consigliere

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Franco Frattini
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO