N. 00800/2014 REG.RIC.

N. 04667/2015REG.PROV.COLL.

N. 00800/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 800 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Domenico Colaci, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Giuseppina Lo Iudice in Roma, Via Ennio Quirino Visconti, n. 55;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore, U.T.G. - Prefettura di Vibo Valentia, in persona del Prefetto pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO, SEZIONE I, n. 01040/2013, resa tra le parti, concernente informazione antimafia interdittiva di cui alla nota prot. 35426 del 9.11.2012 della Prefettura Ufficio Territoriale del Governo di Vibo Valentia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’U.T.G. - Prefettura di Vibo Valentia;

Viste le memorie difensive

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2015 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti l’avvocato Carbone su delega di Colaci e l’avvocato dello Stato Soldani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. - Con ricorso al TAR Calabria, sede di Catanzaro, la -OMISSIS- impugnava la certificazione antimafia rilasciata dal Prefetto al Comune di Vibo Valentia, di cui alla nota prot. 35426 del 9.11.2012, essendo l’impresa fornitrice del calcestruzzo per il completamento dei lavori per la sistemazione idrogeologica dei versanti interessati dagli eventi calamitosi del luglio 2006.

A sostegno del gravame la ricorrente deduceva difetto di motivazione, di presupposti e di istruttoria, nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti e violazione degli artt. 3, 27 e 41 Cost. e dell’art. 10 del DPR n. 252/1998.

Sosteneva che non sarebbero rilevabili dall’istruttoria condotta specifici elementi di fatto obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o collegamenti con associazioni di stampo mafioso idonee a sorreggere il pericolo concreto di infiltrazioni nella compagine dell’istante.

2. - Con la sentenza in epigrafe, il TAR rigettava il ricorso alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale in materia.

3. – Propone appello la ditta -OMISSIS- deducendo l’erroneità della sentenza, il difetto assoluto di motivazione, il difetto di istruttoria ed il travisamento dei fatti.

La motivazione non consente di percepire il ragionamento che ha indotto il TAR al rigetto del gravame. Sono richiamati in modo generico i rapporti di parentela, le asserite frequentazioni con soggetti legati ad ambienti malavitosi e le cointeressenze societarie; ma non è comprensibile come questi elementi abbiano fatto emergere il pericolo di infiltrazione mafiosa.

La ditta ripropone, pertanto, le censure del ricorso introduttivo di primo grado e dei motivi aggiunti e chiede l’annullamento del provvedimento impugnato.

4. - Resiste in giudizio l’Amministrazione intimata.

5. - All’udienza del 21 maggio 2015, l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è infondato.

2.- Va premesso che l’interdittiva antimafia, come ricorda il giudice di primo grado, è volta a garantire un ruolo di massima anticipazione all’azione di prevenzione in ordine ai pericoli di inquinamento mafioso, con la conseguenza che è sufficiente che vi sia un quadro indiziario tale da generare un ragionevole convincimento sulla sussistenza di un “condizionamento mafioso” (Consiglio di Stato, sez. III, 21 dicembre 2012, n. 6618; 2734 del 3.6.2015).

Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, il Prefetto adotta legittimamente l’informativa ostativa sulla base di elementi sintomatici ed indiziari dai quali è deducibile il tentativo di ingerenza - quali una condanna non irrevocabile, l’irrogazione di misure cautelari, il coinvolgimento in un’indagine penale, collegamenti parentali, cointeressenze societarie e/o frequentazioni con soggetti malavitosi - che, nel loro insieme, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata.

Anche i legami di natura parentale, come ricorda il primo giudice, assumono rilievo qualora emerga un intreccio di interessi economici e familiari, dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo che rapporti di collaborazione intercorsi a vario titolo tra soggetti inseriti nello stesso contesto familiare costituiscano strumenti volti a diluire e mascherare l’infiltrazione mafiosa nell’impresa considerata ( C.G.A. Reg. Sicilia Sez. giurisdizionale, n. 227 del 29 febbraio 2012; C.d.S., III Sez., 115 del 19.1.2015).

3. - Tanto premesso, con l’appello in esame si contesta l’erroneità di alcuni presupposti di fatto su cui è basato il provvedimento impugnato e la circostanza che la motivazione è sostanzialmente fondata sui rapporti di parentela dell’amministratore della società appellante, sig. -OMISSIS-, e su asserite frequentazioni di soggetti malavitosi, risalenti però nel tempo e assolutamente sporadiche, nonché su cointeressenze societarie con i fratelli, alcuni dei quali congiunti con personaggi di spicco della criminalità mafiosa locale.

La motivazione è stata confutata mediante produzione documentale di cui il TAR non avrebbe tenuto conto, mostrando di non conferire il giusto peso alle censure formulate.

La Società appellante afferma, in particolare, che:

- a carico dell’amministratore della ditta, sig. -OMISSIS-, non figurerebbero precedenti penali o di polizia, essendo solo pendenti procedimenti penali per reati comuni; la nota interdittiva fa riferimento ad una condanna subita nel lontano 1979 per detenzione illegale di armi e munizioni;

- del tutto priva di precedenti sarebbe la socia sig.ra -OMISSIS-;

- le circostanze poste alla base dell’informazione antimafia, e segnatamente alcune frequentazioni avute in passato dall’amministratore -OMISSIS-, sarebbero irrilevanti, sporadiche e occasionali;

-altre circostanze sarebbero indicate per errore, quali l’attribuzione della qualità di socio al fratello sig. -OMISSIS-e la circostanza per la quale il padre dell’amministratore, sig. -OMISSIS-, sarebbe stato condannato per estorsione;

-gli altri presupposti dell’informazione consistenti in meri rapporti di parentela sarebbero insufficienti e, comunque, sono stati smentiti da sentenza del Tar Calabria (sez. II, 3 marzo 2010 n. 300), confermata in appello ( C.d.S., III Sezione, n. 4754 del 9.8.2011);

-la sorella del legale rappresentante legale della società, -OMISSIS-, è totalmente priva di carichi pendenti e di precedenti penali, né ha alcun rilievo che il marito, Sig. -OMISSIS-, abbia riportato condanne per gravi reati (questi elementi non sono bastati a legittimare una informativa antimafia emessa nei confronti di-OMISSIS-, di cui è socio il -OMISSIS-, in quanto il C.d.S., III Sezione, con ordinanza n. 4999/2012 ha accolto l’appello cautelare);

-il fratello del legale rappresentante della società sig. -OMISSIS-, coniugato con la figlia di presunto boss, avrebbe un proprio nucleo familiare autonomo e non avrebbe alcuna partecipazione nella società;

--OMISSIS-, amministratore della -OMISSIS-è privo di carichi pendenti (salvo qualche pendenza per ipotesi bagatellari) e non ha precedenti penali e di polizia. L’informativa antimafia che ha colpito la predetta società da lui amministrata è stata annullata con sentenza di questa Sezione del C.d.S. n. 4754/2011;

--OMISSIS-, socio della -OMISSIS-, non ha parimenti carichi pendenti, né precedenti penali e di polizia. Il controllo con il sig. -OMISSIS-, risalente al 2008, è insignificante avendo quest’ultimo a proprio carico solo una semplice vicenda di polizia per un reato comune (truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso);

--OMISSIS-sul quale graverebbero varie vicende di polizia, ha un proprio nucleo familiare e non ha da anni alcun rapporto con -OMISSIS-;

-quest’ultimo ha una propria famiglia e svolge una propria separata attività imprenditoriale;

-le interdittive che hanno colpito le società facenti capo ai -OMISSIS-sono risalenti nel tempo e prive di attualità; la composizione societaria della -OMISSIS- è completamente diversa da quella della -OMISSIS- e i suoi attuali soci sono estranei ai fatti posti a base delle informative ostative adottate a danno della -OMISSIS-;

-i fratelli -OMISSIS-hanno da tempo dismesso le quote della -OMISSIS-;

- le frequentazioni dei due figli conviventi dell’altro socio, -OMISSIS-, socio che ha lasciato la quota della -OMISSIS- in data 7.11.2012, ossia due giorni prima dell’adozione dell’informativa impugnata, riguardano controlli episodici per mere vicende di polizia e i controllati sono soggetti incensurati.

3.1- Con memoria di replica del 27.4.2015, la società appellante sottolinea ulteriormente che dalla relazione dei carabinieri emerge che il sig. -OMISSIS- non ha precedenti di polizia e non è mai stato segnalato ai fini dell’applicazione di una misura di prevenzione; che le sue frequentazioni con soggetti asseritamente pregiudicati o pericolosi, del tutto sporadiche e indicate in modo generico, risalgono nel tempo, mentre negli ultimi sette-otto anni non è segnalato nessun incontro neppure casuale; che il genitore -OMISSIS- non ha carichi pendenti, è stato assolto da tutte le imputazioni con sentenza del Tribunale di Lamezia Terme n. 423/05, che i precedenti penali sono antichissimi e non di matrice mafiosa, e non ha mai avuto alcun ruolo nella società ricorrente; i fratelli oltre ad essere privi di precedenti penali specifici e di carichi pendenti, hanno proprio nucleo familiare e separate attività imprenditoriali.

L’appellante invoca, inoltre, la sentenza di questa Sezione n. 4754 del 9.8.2011 che ha annullato l’informativa a carico della -OMISSIS-, ove tra i motivi veniva indicato il controllo del sig. -OMISSIS-con il Sig. -OMISSIS-.

Ribadisce che nessun automatismo può scaturire da questi rapporti di parentela ai fini della valutazione di legittimità dei provvedimenti impugnati e neppure può avere rilievo che in passato alcune società, da cui il sig. -OMISSIS- è fuoriuscito, possono essere state colpite da informative antimafia, che non hanno carattere permanente e vanno aggiornate al venir meno delle circostanze rilevanti; inoltre, nessuna continuità gestionale sussiste tra le varie società e la società odierna appellante e la composizione della -OMISSIS-, a danno della quale è stata adottata nel 2001 e nel 2004 informativa negativa, è completamente diversa da quella della -OMISSIS-.

4. - A tali motivi di appello, il Ministero e la Prefettura di Vibo Valentia oppongono valide e convincenti considerazioni fondate sulle indagini svolte, alcune delle quali comuni a quelle già apprezzate positivamente da questa Sezione nella decisione sul ricorso n. 799/2014, chiamato all’udienza odierna, concernente la sentenza del TAR Calabria, sede di Catanzaro, n. 996 del 13.11.2013, avente ad oggetto l’informativa adottata dalla Prefettura di Vibo Valentia in data 21 luglio 2011 n. 21777, in relazione alla realizzazione di impianto di depurazione consortile a servizio dei Comuni di Filadelfia, Francavilla Angitola e Pizzo Calabro.

Alle considerazioni svolte in quella sentenza e che di seguito si riportano, il Collegio ritiene di doversi riportare, rivestendo le stesse carattere di attualità ed essendo pertinenti anche alla vicenda in esame:

““4.1. - Innanzitutto, la -OMISSIS-è un nucleo familiare particolarmente unito e coeso che controlla diverse imprese operanti in alcuni settori verso i quali la criminalità organizzata di stampo mafioso ha da sempre mostrato particolare interesse (e l’attività di fornitura del calcestruzzo svolta dall’appellante ne è chiaro esempio).

Costituisce fatto del tutto incontestato che alcuni esponenti di tale nucleo familiare sono coniugati con i figli di esponenti di vertice di sodalizio mafioso radicati nella zona in cui l’appellante è maggiormente attiva.

La società appellante è nata come una delle imprese attraverso le quali era destinato ad operare il predetto nucleo familiare o almeno parte di esso, tanto che oltre a -OMISSIS- annoverava tra i soci il -OMISSIS-, che poco tempo prima dell’informativa impugnata, cedeva la propria quota alla figlia di -OMISSIS- (-OMISSIS-).

La circostanza significativa è che la fuoruscita di -OMISSIS-interveniva poco tempo dopo che era stata assunta informativa nei confronti di altra società del predetto nucleo familiare dallo stesso amministrata ( -OMISSIS-), con una cessione delle quote molto più fittizia che reale, tanto che alcuna prova viene offerta dell’avvenuto versamento da parte di -OMISSIS- del controvalore delle quote.

4.2 - Da qui anche l’irrilevanza del fatto che il sig. -OMISSIS- e i suoi fratelli abbiano un proprio nucleo familiare, essendo evidente che risultano uniti da comuni interessi economici, operando tutti nello stesso settore produttivo e risultando le varie società composte dai fratelli-soci.

4.3 - Quanto alla assoluzione del padre -OMISSIS- dal reato di estorsione (attività cui sono dedite di consueto le consorterie mafiose), il Collegio ritiene che non vale ad escludere la contiguità del predetto da ambienti di tipo mafioso.

Difatti, non necessariamente il pericolo di infiltrazione viene desunto da condanne penali a carico dei soggetti prevenuti, essendo sufficiente il serio coinvolgimento in indagini di polizia riguardanti il fenomeno mafioso.

L'atto di informativa antimafia configura una tipica misura cautelare di polizia d carattere altamente preventivo, che prescinde dall'accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all'associazione di tipo mafioso e non richiede neppure la prova di fatti di reato, dell'effettiva infiltrazione mafiosa nell'impresa e del reale condizionamento delle scelte dell'impresa da parte di associazioni o soggetti mafiosi; ai fini della sua adozione è, pertanto, sufficiente un compiuto quadro fattuale ed indiziario di un tentativo di infiltrazione avente lo scopo di condizionare le scelte dell'impresa, anche se tale scopo non si è in concreto realizzato. Siffatta scelta è coerente con le caratteristiche fattuali e sociologiche del fenomeno mafioso, che non necessariamente si concreta in fatti univocamente illeciti, potendo fermarsi alla soglia dell'intimidazione, dell'influenza e del condizionamento latente di attività economiche formalmente lecite ( C.d.S., III Sez., 115 del 19.1.2015).

4.4 - Tali considerazioni valgono anche per quanto riguarda l’eccepita incensuratezza di -OMISSIS- e di -OMISSIS-, quantomeno con riguardo ai reati di stampo mafioso.

4.5 - A proposito delle frequentazioni (sporadiche e risalenti nel tempo) del sig. -OMISSIS-, l’Amministrazione afferma in modo condivisibile che la circostanza, che di per sè potrebbe non essere decisiva, assume significato se considerata unitamente agli altri elementi e indizi.

4.6 - Quanto agli effetti della sentenza di questa Sezione n. 4754 del 9.8.2011, che ha annullato l’interdittiva risalente al dicembre 2009 nei confronti della -OMISSIS-, di cui -OMISSIS-era amministratore unico e -OMISSIS-direttore tecnico, si tratta del venir meno di un solo elemento indiziario tra i tanti considerati, che non giustifica in sè la caducazione di tutto il quadro sintomatico a carico della società appellante.

Va, in effetti, considerato che con la citata sentenza n. 4754/2011 erano stati considerati generici gli elementi di sospetto risultanti dall'informativa per poter considerare fondatamente che la ditta favorisse anche in via indiretta la criminalità.

La sentenza aveva esaminato la affermata qualità di "pluripregiudicato" del padre dei legali rappresentanti dell'impresa ( -OMISSIS-), a proposito del quale rilevava, tra l’altro, che i fatti di reato erano risalenti a vent'anni prima e per di più del tutto svincolati da qualsiasi matrice mafiosa, e concludeva nel senso che “non viene fornito dall'informativa medesima alcun concreto elemento nel senso ch'egli sia in grado di influire, favorendo l'infiltrazione di gruppi criminali organizzati, sulla conduzione dell'impresa, nella quale è incontestato ch'egli non rivesta alcun ruolo formale ed il cui intervento nelle attività delle imprese condotte dai figli viene solo in giudizio (e per di più in grado di appello) indebitamente prospettato (in aperta violazione del divieto di integrazione postuma dello stesso contenuto del provvedimento impugnato e, sotto diverso angolo prospettico, dell'art. 345 c.p.c.), con riferimento ad elementi (quale quello dell'influenza ritenuta esercitata dallo stesso su diversa società nei cui confronti venne a suo tempo emessa informativa interdittiva c.d. tipica) non puntualmente fatti oggetto di rilievo nell'informativa oggetto del presente giudizio” .

E’ evidente che si tratta di valutazioni del giudice di appello che si attagliano a quella fattispecie processuale e a quel provvedimento impugnato e non possono influire direttamente sulle valutazioni che questo Collegio è chiamato oggi a compiere su diverso provvedimento e diverso contesto societario.

La sentenza n. 4754/2011 afferma inoltre, che nemmeno il rapporto di coniugio del fratello (del tutto estraneo all'impresa) degli stessi legali rappresentanti con la figlia del "capo dell'omonima cosca mafiosa operante in questa Provincia", può costituire di per sé elemento decisivo “atteso che, in mancanza di qualsivoglia emergenza istruttoria (ancora una volta non utilmente integrabile in sede giudiziale) circa i rapporti intrattenuti da detti legali rappresentanti con il citato clan, dagli elementi deduttivi, di natura logica, discendenti esclusivamente dalla sussistenza di un (incancellabile e non altrimenti abiurabile o rimuovibile) legame di sangue, non è certo possibile inferire un giudizio impingente sull'attività di impresa”.

Sul punto, ancora, la sentenza afferma un principio più volte ribadito e condiviso da questo Collegio, ossia che "è illegittima l'informativa prefettizia negativa fondata sul mero rapporto di parentela o affinità, di amministratori o soci di un'impresa con elementi malavitosi, essendo necessari anche altri elementi, sia pure indiziari, tali, nel loro complesso, da fornire obiettivo fondamento al giudizio di possibilità che l'attività d'impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata" (Consiglio di Stato, sez. VI, 02 maggio 2007, n. 1916, nel cui iter motivazionale si è richiamato l'insegnamento della Corte Costituzionale di cui alla sentenza 31 marzo 1994, n. 108).

Tuttavia, se è vero che non basta a dare conto del tentativo di infiltrazione mafiosa il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata, non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell'impresa, è sufficiente che l'informativa indichi, oltre al rapporto di parentela, anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l'Autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l'impresa esercitata da loro congiunti; inoltre, gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente, dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo dal quale possa ritenersi attendibile l'esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata (C.d.S. III Sez.4447 dell’1.9.2014).

Nel caso in esame, l’intreccio dei legami economici e familiari è evidente dalla composizione delle varie società facenti capo ai -OMISSIS-e il rischio di infiltrazione desumibile anche dalle vicende che hanno colpito negli anni le varie società sotto il profilo delle adottate informative antimafia.

La circostanza che -OMISSIS-(coniugato con la figlia di presunto boss, sottoposto a sorveglianza speciale di P.S., ritenuto capo di omonima cosca -OMISSIS-, operante nella provincia – cfr. pag. 2 dell’informativa impugnata) non abbia alcuna quota nella società ricorrente non è sufficiente ad escludere il pericolo di infiltrazione.

-OMISSIS-è, infatti, incluso nel complesso intreccio di interessi economici che lega tra loro i fratelli -OMISSIS-.

Risulta dall’informativa impugnata che nel 2004 -OMISSIS- e -OMISSIS-, unitamente ai fratelli -OMISSIS-erano soci della -OMISSIS- di -OMISSIS-nei confronti della quale è stata rilasciata informativa interdittiva con nota 555/2-6/04/S.d.s. del 15.10.2004, in ragione di sospetti condizionamenti dovuti allo stretto legame di parentela con la famiglia -OMISSIS-(in quella informativa si evidenziava il ruolo di esponente di spicco e capo storico della famiglia criminale del suocero di -OMISSIS-, -OMISSIS-, e la circostanza che il cognato pluripregiudicato, -OMISSIS-, risultava abitare nello stesso stabile di residenza di -OMISSIS-).””

5. -Va aggiunto per quanto specificamente riguarda l’informativa oggetto del presente gravame, prot. 35426 del 9.11.2012, che risultano indicati ulteriori indizi, rispetto ai quali non vi è contestazione nel gravame, ossia:

- che -OMISSIS-, già socio della -OMISSIS- fino al 19.5.2011, quando cedette la quota alla nipote -OMISSIS- - probabilmente in modo fittizio - , è amministratore unico della -OMISSIS-, colpita da interdittiva antimafia il 4.12.2009 e, da ultimo, in data 19.9.2012;

- che -OMISSIS-è coniugata con -OMISSIS- ( socio della-OMISSIS-, nei cui confronti la Prefettura ha emesso informazione interdittiva in data 25.1.2012), legato da vincoli di parentela (cugino di 1° grado) con soggetti sul cui conto figurano condanne per omicidio, usura in concorso, furto tentato in concorso, ricettazione in concorso, trasporti abusivi in concorso, minaccia continuata in concorso, violenza privata, violazioni in materia di armi, ricettazione, nonché vicende di polizia (SDI) per associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, favoreggiamento, rapina, associazione semplice, omicidio doloso, emissione di fatture per operazioni inesistenti, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, violazione in materia di armi, alcuni dei quali ritenuti elementi di spicco della criminalità organizzata operante nelle frazioni marine di Vibo Valentia e uno sposato con la figlia di un soggetto già avvisato orale di PS ed anch’esso ritenuto elemento di spicco della criminalità organizzata operante nelle frazioni marine di Vibo Valentia”.

Ritiene il Collegio, anche alla luce di tali ulteriori elementi indizianti, e tenuto conto dei limiti del sindacato giurisdizionale nella materia, stante l'ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto a tutela delle condizioni di sicurezza ed ordine pubblico, per cui le valutazioni effettuate sono suscettibili di sindacato in sede giurisdizionale nei soli limiti di evidenti vizi di eccesso di potere nei profili della manifesta illogicità e dell'erronea e travisata valutazione dei presupposti ( C.d.S.,III Sez., n. 1576 del 23.4.2015), che nel caso in esame, il complesso degli elementi e fatti rappresentati nell’informativa sorregga in modo ragionevole le conclusioni cui è giunto il Prefetto di Vibo Valentia.

L’appello, va, in conclusione, rigettato.

6.- Le spese di giudizio si compensano tra le parti, attesa la natura e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi dei Sig.ri -OMISSIS- e degli altri soggetti menzionati, manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/10/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)