N. 01263/2015 REG.RIC.

N. 05327/2015REG.PROV.COLL.

N. 01263/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1263 del 2015, proposto da:
La Gondoletta di Ferretti Ulisse, Ferretti Francesco & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Tonucci e Alberto Fantini, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Tonucci & Partners in Roma, Via Principessa Clotilde, 7;

contro

Comune di Grosseto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Amerini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Nardocci in Roma, Via Oslavia 14;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Siena e Grosseto, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana - Sezione III, n. 1132 del 26 giugno 2014;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Grosseto, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Siena e Grosseto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2015 il Cons. Maddalena Filippi e uditi l’avvocato Fantini per la società ricorrente, l’avvocato Nardocci, per delega di Amerini, per il Comune di Grosseto, nonché l’avvocato dello Stato Marrone per il Ministero e la Soprintendenza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. - Con l’appello in esame la società Gondoletta di Ferretti Ulisse, Ferretti Francesco & C. s.a.s. – proprietaria dell’omonimo stabilimento balneare con annesso ristorante sito in Marina di Grosseto - chiede la riforma della sentenza n. 1132 del 26 giugno 2014 con cui il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha respinto il ricorso proposto avverso il diniego di autorizzazione paesistica adottato dal Comune di Grosseto con riguardo ad un intervento di demolizione e ricostruzione dello stabilimento.

La società ricorrente espone che il progetto – concernente un edificio sito in area soggetta a vincolo paesistico – era stato valutato favorevolmente dalla Commissione comunale del Paesaggio, ma la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Siena e Grosseto aveva poi espresso parere negativo in data 29 ottobre 2010.

A seguito del preavviso di rigetto della domanda di autorizzazione comunicato dal Comune di Grosseto, la società appellante - si espone ancora nel ricorso - ha presentato una istanza di autotutela che è stata respinta con atto dirigenziale comunicato in data 21 marzo 2011.

2. – Il diniego di autorizzazione, insieme agli atti presupposti – il parere della locale Soprintendenza e il diniego di autotutela – sono stati impugnati dalla Gondoletta di Ferretti Ulisse, Ferretti Francesco & C. s.a.s. davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana che, con la richiamata sentenza n. 1132 del 26 giugno 2014, ha respinto il ricorso ritenendo infondate le censure di violazione di legge (in relazione a quanto disposto dall’articolo 146, comma 5, del Codice per i beni culturali e del paesaggio, approvato con decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004) nonché di eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria, dello sviamento e del travisamento dei fatti.

3. – Avverso questa sentenza, impugnata con l’appello in esame, la società ricorrente lamenta la mancata considerazione della natura – apodittica e meramente apparente – della motivazione del parere della Soprintendenza e ripropone le censure già dedotte in primo grado e ritenute infondate.

Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Siena e Grosseto ed il Comune di Grosseto si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso e la conferma della sentenza impugnata.

La domanda cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza è stata respinta con ordinanza n. 1442 del 3 aprile 2015 che ha fissato la data per la trattazione del merito.

4. – All’udienza del 13 ottobre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorso non è fondato.

1.a – Le ragioni che hanno indotto la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Siena e Grosseto a ritenere l’intervento di demolizione e ricostruzione dello stabilimento balneare di proprietà della società ricorrente non paesisticamente compatibile con il contesto di riferimento sono così individuate nella motivazione del parere negativo impugnato con il ricorso in primo grado:

a) la realizzazione dell’edificio previsto in sostituzione di quello esistente comporterebbe un “ulteriore aumento del carico urbanistico” in una zona già fortemente antropizzata per la presenza di numerose strutture turistico ricettive;

b) il nuovo edificio – per effetto della maggiore altezza rispetto al fabbricato preesistente e per la sua collocazione in prossimità del water front–comporterebbe una alterazione dei “rapporti percettivi dalla passeggiata del lungomare verso il mare e dalla spiaggia ed il mare verso l’area urbana”;

c) l’edificio progettato “per tipologia e scelte materico-cromatiche introdurrebbe ulteriori elementi incongrui con il contesto paesaggistico”.

1.b – La sentenza oggetto di appello ha respinto il ricorso sul rilievo che il giudizio relativo alla compatibilità paesaggistica di un’opera “deve essere formulato esclusivamente con riferimento ai valori tutelati dal vincolo esistente sull’area così come, eventualmente, specificati dal piano paesistico regionale; mentre le previsioni degli strumenti urbanistici comunali non possono avere alcun rilievo sugli apprezzamenti di ordine paesaggistico, trattandosi di prescrizioni subordinate e cedevoli di fronte a quelle contenute negli strumenti preordinati alla tutela del paesaggio”.

La sentenza ha poi osservato come “l’intento della Soprintendenza di precludere ogni ulteriore compromissione della visuale marina e costiera nell’area paesaggisticamente protetta non appare eccedere dai limiti del potere discrezionale rimesso a tale organo”.

Con riguardo invece allo stato degradato dei luoghi, la sentenza ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “la compromissione della bellezza naturale ad opera di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede che nuove costruzioni non producano una ulteriore deturpazione dell’ambito protetto”.

2. – Con i motivi di ricorso la società appellante sostiene che la sentenza impugnata muove dall’assunto - erroneo – che la valutazione circa la compatibilità paesistica di un intervento sia non solo del tutto autonoma rispetto alla valutazione in ordine alla conformità urbanistico-edilizia dell’intervento medesimo, ma anche insindacabile, perché espressione di discrezionalità tecnica: di conseguenza, sostiene la società, la sentenza impugnata non avrebbe colto la natura apodittica e meramente apparente della motivazione del parere, fondata su valutazioni del tutto indimostrate, senza “curarsi di argomentare in alcun modo l’esistenza del nesso” tra gli elementi di rischio previsti dal Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana per l’area de qua e le caratteristiche del progetto. La società appellante lamenta poi la mancata considerazione, da parte del giudice di primo grado, della contraddittorietà dell’azione delle amministrazioni intimate in relazione all’autorizzazione in variante - rilasciata dal Comune di Grosseto successivamente al diniego impugnato - che prevede una minore altezza rispetto al progetto originario. La sentenza impugnata, rileva da ultimo la società, si sarebbe limitata ad esaminare uno soltanto dei profili indicati dalla Soprintendenza a motivazione del parere negativo, senza considerare “l’evidenza delle errate valutazioni fatte dalla stessa con riferimento ai restanti citati e presunti ‘elementi’”.

3. – I motivi d’appello, tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente, sono infondati.

3.a - Come rilevato dalla sentenza impugnata, l’apprezzamento della Soprintendenza – proprio perché formulato in relazione alle prescrizioni del piano paesistico – risulta condotto alla stregua del corretto parametro normativo di riferimento.

L'autorizzazione paesaggistica costituisce infatti “atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio” (art. 146, comma 4, del Codice per i beni culturali e paesaggistici): il parametro normativo di riferimento per la valutazione della Soprintendenza non va quindi individuato nella disciplina urbanistico-edilizia, ma nella specifica disciplina del vincolo paesistico, contenuta nel provvedimento impositivo o, come nella specie, nella normativa dettata con il piano paesistico.

3.b - Quanto invece alla sindacabilità - da parte del giudice amministrativo - delle valutazioni espresse con tale parere, la giurisprudenza è consolidata nell’affermare che il potere dell’Autorità competente alla tutela del vincolo paesistico di esprimere il giudizio in ordine alla compatibilità di un intervento rispetto al vincolo medesimo, è connotato da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l’applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari caratterizzati da ampi margini di opinabilità.

Di conseguenza, ritiene la giurisprudenza, l’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione preposta alla tutela – da esercitarsi, come si sottolinea nella sentenza impugnata, in rapporto al principio fondamentale dell’art. 9 Cost.è sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile(Cons. Stato, VI, 14 ottobre 2015, n. 4747; della medesima Sezione, ex plurimis, 2 marzo 2015, n. 1000; 3 luglio 2014, n. 3360; 22 aprile 2014, n. 2019; 1 aprile 2014, n. 1557).

Con riguardo alla specie, il giudizio espresso dalla Soprintendenza in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento non mette in luce profili di incoerenza e di illogicità di tale evidenza da far emergere l’inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta, ma risulta congruo rispetto ai parametri di discrezionalità tecnica cui deve presiedere una valutazione paesaggistica.

3.c - Quanto al mancato esame, da parte del giudice di primo grado, di tutti i motivi su cui si fonda l’impugnato parere negativo, è sufficiente rilevare come sia ius receptum che – quando l’atto impugnato sia legittimamente fondato su una ragione di per sé sufficiente a sorreggerlo - sono irrilevanti, per difetto di interesse, le ulteriori censure dedotte dal ricorrente avverso altre ragioni opposte dall’autorità emanante (Cons. Stato, VI, 12 ottobre 2012, n. 5272; 12 ottobre 2011, n. 5517).

Nella specie, vanno condivise le considerazioni con cui la sentenza impugnata evidenzia come il parere negativo debba ritenersi sufficientemente motivato con riguardo alla rilevata compromissione della visuale marina e costiera nell’area paesisticamente protetta.

Questo profilo – espressamente considerato nelle prescrizioni del piano paesistico che indicano la visuale marina e costiera come valore meritevole di salvaguardia – è sufficiente a dare adeguato conto della incompatibilità paesistica del progetto presentato, a nulla rilevando l’eventuale incongruità degli ulteriori profili indicati a motivo del parere negativo.

3.d – Quanto invece alla natura apodittica ed apparente della motivazione che sorregge il parere negativo, ad escludere la fondatezza della censura è sufficiente osservare che la maggiore altezza del progetto rispetto all’edificio esistente - con un innalzamento del colmo dell’edificio pari a circa il 30% - non è oggetto di contestazione. Inoltre la compromissione della visuale marina e costiera dalla passeggiata del lungomare risulta di tutta evidenza dalle fotografie e dagli elaborati in atti che riportano lo stato di fatto e simulano quello di progetto.

4.e – Da ultimo, con riguardo alla mancata considerazione della circostanza che - successivamente al diniego impugnato con il ricorso in primo grado – sia stato autorizzato un progetto in variante che prevede un minore innalzamento del colmo dell’edificio, basta il rilievo che una tale circostanza dimostra non la contraddittorietà, ma la coerenza dell’azione dell’amministrazione.

5. - Il ricorso in appello va dunque respinto.

Sussistono i presupposti di legge per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

Maddalena Filippi, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/11/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)