N. 00664/2010 REG.RIC.

N. 03912/2015REG.PROV.COLL.

N. 00664/2010 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 664 del 2010, proposto da:
Antonino Longo, rappresentato e difeso dall’Avv. Teodoro Katte Klitsche De La Grange, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Teodoro Klitsche De La Grange in Roma, via degli Scialoja, n. 6;

contro

Azienda U.S.L. RM/D (già U.S.L. RM/10), in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Fabio Ferrara e dall’Avv. Gloria Di Gregorio, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della U.S.L. RM/D in Roma, via Casal Bernocchi, n. 73;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 03992/2009, resa tra le parti, concernente il diniego di inquadramento nella posizione funzionale superiore


visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio di Azienda U.S.L. RM/D (già U.S.L. RM/10);

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi, per l’odierno appellante Antonino Longo, l’Avv. Katte Klitsche De La Grange e, per l’Azienda U.S.L. RM/D, l’Avv. Ferrara;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante, dott. Antonino Longo, ha impugnato avanti al T.A.R. Lazio il provvedimento di cui alla nota n. 2198 del 4.10.1996, del Servizio Personale – Settore Trattamento Giuridico ed Economico, a firma del Direttore amministrativo, dott. Giuseppe Testa, con il quale è stata rigettata la sua richiesta di inquadramento nella posizione funzionale di “coadiutore amministrativo”, livello VIII, dalla data di maturazione del triennio di anzianità nella qualifica di “collaboratore amministrativo”.

2. Si è costituita nel primo grado di giudizio l’Amministrazione intimata al fine di resistere all’avversario ricorso, eccependone l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza.

3. Il T.A.R. Lazio, con la sentenza n. 17369 del 20.4.2009, ha dichiarato inammissibile il ricorso.

4. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’interessato, proponendo due distinti motivi, e ne ha chiesto la riforma, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado.

5. Si è costituita, con apposita memoria difensiva, l’Azienda U.S.L. Roma D per resistere al gravame ex adverso proposto.

6. Nella pubblica udienza del 2.7.2015 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

7. L’appello è infondato e va respinto.

7.1. Il T.A.R. ha dichiarato inammissibile il ricorso per il rilievo che non è ammessa, nel nostro ordinamento, una pretesa volta ad un miglior inquadramento senza che sia stato tempestivamente impugnato l’atto di inquadramento in una posizione inferiore, essendo quest’ultimo atto espressione di una potestà organizzatoria che può essere contestata solo mediante la proposizione di tempestivo ricorso avverso di esso.

7.2. La tesi dell’appellante, sostenuta nel I motivo di gravame, riposa sull’affermazione che l’inquadramento, nel caso di specie, si riduca ad una mera attività vincolata, avente ad oggetto la ricognizione della qualifica posseduta e del mero decorso del tempo, sicché non sarebbe configurabile in capo all’Amministrazione alcun potere discrezionale e, quindi, la posizione del dipendente sarebbe di diritto soggettivo, non soggetto al termine di decadenza.

7.3. Una simile tesi, pur suggestiva, non può tuttavia essere accolta perché la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che i provvedimenti di inquadramento dei pubblici dipendenti hanno natura di atti autoritativi e, come tali, sono soggetti al termine decadenziale di impugnazione, con la conseguenza che non è ammissibile un’azione volta ad ottenere un diverso inquadramento, se non tempestivamente proposta contro il provvedimento di attribuzione della qualifica, né è ammesso un autonomo giudizio di accertamento, nel quale si chieda la disapplicazione dei provvedimenti amministrativi, atteso che l’azione di accertamento è esperibile a tutela di un diritto soggettivo, mentre la posizione del pubblico dipendente, a fronte della potestà organizzatoria della pubblica amministrazione, è quella di titolare di un mero interesse legittimo (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 30.6.2014, n. 3277).

7.4. Né a rimettere in termini l’odierno appellante, che non ha tempestivamente impugnato l’inquadramento, può bastare la proposizione del ricorso avverso la citata nota n. 2198 del 4.10.1996, del Servizio Personale – Settore Trattamento Giuridico ed Economico, a firma del Direttore amministrativo, dott. Giuseppe Testa, contestata in primo grado, atteso che si tratta di provvedimento meramente confermativo del precedente inquadramento, che non contiene alcuna nuova determinazione autoritativa in ordine allo stesso, limitandosi a negare l’estensione del giudicato riguardante altri soggetti all’odierno appellante, e non è il frutto di una nuova e approfondita rivalutazione, da parte dell’Amministrazione, in ordine alla sua posizione funzionale.

8. Il T.A.R. capitolino, sulla scorta di tale consolidato indirizzo ermeneutico, ha perciò correttamente dichiarato inammissibile il ricorso proposto in primo grado dall’odierno appellante, a nulla rilevando l’asserito formarsi di un giudicato favorevole ottenuto da altri colleghi del dott. Longo sulla medesima questione qui dibattuta.

9. La reiezione del I motivo, comportando la conferma della inammissibilità del ricorso, esime il Collegio dall’esaminare il II motivo di appello (pp. 7-9 del ricorso), con il quale l’interessato ha riproposto i motivi di primo grado.

10. In conclusione, per tutte le ragioni esposte, l’appello è infondato, con conseguente piena conferma della sentenza impugnata.

11. Le spese del presente grado di giudizio, considerata la particolarità della vicenda qui esaminata, possono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza impugnata.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

Alessandro Palanza, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/08/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)